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Pasquale Mattej: primo fumettista italiano e precursore del COMICON

Francesca Testa di Francesca Testa
17 Aprile 2025
in Lapis
Tempo di lettura: 5 minuti
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Ogni primavera, Napoli si trasforma in un crocevia di visioni, storie disegnate e immaginari condivisi grazie al COMICON, una delle fiere del fumetto più importanti d’Europa, che quest’anno è alla sua 25° edizione. Il Festival Internazionale della cultura pop attira ogni anno oltre 150mila visitatori con quattro giorni di fumetti, videogiochi, cinema e serie tv, giochi da tavolo e di ruolo, cultura pop asiatica, musica, cosplay e anteprime editoriali. Il COMICON è l’evento che celebra il fumetto come linguaggio artistico totale: capace di unire parola e immagine, narrazione e segno grafico, cultura pop e riflessione sociale.

Oggi il fumetto è riconosciuto, a tutti gli effetti, come forma d’arte. Basti pensare alle graphic novel che affollano le librerie o alle tavole originali che entrano nei musei. L’Italia può rivendicare un “primo fumettista” ante litteram e si tratta di Pasquale Mattej. Artista colto e poliedrico poco conosciuto dal grande pubblico, ma oggi riscoperto proprio grazie al COMICON, nel 1849 Mattej è stato autore di un piccolo capolavoro intitolato Una notte insonne di Ciccillo, che è considerato il primo albo a fumetti italiano.

Grazie alla mostra L’inarrestabile Ciccillo, ospitata dal COMICON nell’edizione del 2024, è stato possibile riscoprire l’opera che è, in realtà, un albo composto da circa 40 tavole disegnate, in cui Mattej racconta — con uno stile ironico e grottesco — le disavventure tragicomiche di Ciccillo, un giovane gentiluomo napoletano alle prese con una notte particolarmente agitata. La narrazione si sviluppa attraverso una sequenza visiva, accompagnata da testi che fungono da didascalie, in una forma embrionale ma incredibilmente dotata di un linguaggio fumettistico moderno. Quel che colpisce non è solo l’uso precoce della narrazione per immagini, ma anche il taglio satirico dell’opera. Infatti Una notte insonne di Ciccillo è una critica feroce e divertita della borghesia urbana, impegnata a mantenere le apparenze in una società che cambia rapidamente. Il tratto di Mattej è sottile, caricaturale, quasi teatrale e si nutre di quell’ironia tipica partenopea capace di trasformare l’ordinario in parodia sociale. A rendere l’opera ancora più interessante è il contesto in cui prende vita: si tratta di un’Italia pre-unitaria, nel pieno fermento culturale del Regno delle Due Sicilie; una vera e propria visione lucida e innovativa della narrazione visiva. Molti sono gli studiosi che oggi riconoscono a Pasquale Mattej il merito di aver anticipato, di molti anni, le convenzioni del fumetto moderno.

Ma Pasquale Mattej, nato a Formia nel 1813, non fu solo un precursore del fumetto. Fu anche pittore, archeologo biografo e poeta; insomma la sua figura si muove con naturalezza tra le arti visive, la letteratura, l’archeologia e la divulgazione culturale, restituendoci il ritratto di un intellettuale dallo spirito enciclopedico, pienamente inserito nella vivace scena culturale napoletana dell’Ottocento. Si formò inizialmente sotto la guida del pittore neoclassico Gennaro Maldarelli, ma approdò ben presto alla Scuola di Posillipo, di cui fece parte sia in veste di pittore che di storiografo. Frequentò artisti come Anton Sminck van Pitloo e fu proprio di Mattej la sua prima biografia. Qui, nella cornice paesaggistica e luminosa di questa scuola, Mattej affinò un linguaggio pittorico sensibile alla realtà quotidiana, alle feste popolari, alle scene storiche e agli scorci urbani, con un’attenzione quasi narrativa al dettaglio e al vissuto. Allo stesso tempo sviluppò un’intensa attività di scrittura e ricerca. Collaborò, infatti, con riviste culturali dell’epoca, tra cui il Poliorama Pittoresco e L’Arlecchino, dove pubblicò articoli, riflessioni artistiche e cronache di viaggio. Le sue esplorazioni nelle isole pontine (Ponza e Ventotene) e sul promontorio di Gianola portarono alla realizzazione di decine di disegni che documentavano usi, costumi e monumenti, oggi conservati nella Biblioteca Vallicelliana di Roma.

Il suo era uno sguardo sempre attento all’aspetto umano e sociali dei luoghi che visitava, era come se volesse catturare l’anima delle cose. Non sorprende quindi che, grazie alla sua sensibilità e attenzione, sia riuscito a dare forma a un racconto illustrato come Una notte insonne di Ciccillo: quest’opera racchiude in sé tutte le passioni dell’artista, l’osservazione del quotidiano, la critica sociale, il disegno e le parole. Mattej è stato un artista assai complesso ma molto moderno, la sua opera oggi parla con straordinaria freschezza a un pubblico abituato a linguaggi ibridi tra parola e immagine; la sua figura dimostra che l’arte, per essere davvero innovativa, deve saper guardare oltre i confini dei generi e delle definizioni.

La città di Napoli, per Mattej, è stata un vero e proprio archivio vivente di personaggi, gesti, contraddizioni. Un luogo in cui spesso accade che la realtà superi l’immaginazione e dove l’arte si nutre della vita stessa che scorre tra i vicoli, nei caffè, nelle processioni. Proprio in questo humus culturale nasce Una notte insonne di Ciccillo, nella quale il protagonista è un giovane borghese napoletano preso tra il decoro delle apparenze e il caos interiore. Ciccillo, con i suoi tic, i suoi incubi, non è altro che il figlio di una città in transizione, che vede l’antico convivere con il moderno e dove l’ironica è ormai l’unica forma di sopravvivenza. La Napoli del XIX secolo è una metropoli viva e contraddittoria, animata da fermenti artistici quali le mode europee, ma anche da una tradizione popolare che non si arresta. Infatti la maschera, la caricatura, il gesto teatrale sono elementi naturali del quotidiano e si ritrovano — trasfigurati — nei disegni di Mattej. In fondo, la sua visione ironica e satirica è erede diretta della tradizione di Pulcinella, ma declinata con un segno nuovo, moderno, già europeo. Allo stesso tempo il COMICON, con la sua presenza radicata sul territorio e il suo sguardo internazionale, sembra oggi raccogliere proprio questa eredità. Celebrare Mattej in questa cornice significa restituire alla città uno dei suoi primi narratori visivi, uno sguardo lucido e profondo che, a distanza di quasi due secoli, continua a dialogare con la Napoli contemporanea — sempre ironica, sempre caotica, sempre affamata di immagini e storie.

Nel turbinio di immagini e colori che ogni anno invade la Mostra d’Oltremare durante il COMICON, la figura di Pasquale Mattej si staglia come una presenza silenziosa ma potentissima. La sua riscoperta non è solo un’operazione di recupero storico, ma anche un invito a ripensare il fumetto come linguaggio con radici profonde, capaci di affondare nel cuore della cultura visiva italiana ben prima dell’industria editoriale del Novecento. Mattej, con la sua Una notte insonne di Ciccillo, ha forse inaugurato, inconsapevolmente, una tradizione che oggi trova nuova linfa nelle graphic novel d’autore, nelle autoproduzioni, nei webcomic e nelle narrazioni visive più sperimentali. La sua opera, sospesa tra pittura, scrittura e satira, anticipa molte delle tensioni che ancora oggi attraversano il fumetto: la capacità di raccontare il quotidiano, di mescolare generi, di far convivere l’alto e il basso, l’arte e l’ironia. In questo senso, il COMICON non è solo una fiera: è un ponte tra epoche, tra linguaggi, tra immaginari. E dedicare spazio a Pasquale Mattej significa riconoscere che il fumetto italiano ha origini antiche, partenopee, profondamente colte. Significa, soprattutto, affermare che la cultura pop non è mai stata davvero separata dalla cultura “alta”: entrambe si nutrono dello stesso desiderio di raccontare il mondo. Anche quando quel mondo ci tiene svegli, come Ciccillo, durante una notte insonne.

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