Posillipo, con le sue ville, è un luogo principe di innumerevoli descrizioni a opera dei tanti protagonisti del Grand Tour, ma anche di svariate guide per forestieri. Nel secondo Settecento i “bagni di mare” diventarono lo sport più apprezzato dagli stranieri, soprattutto inglesi.
Patrick Brydone, nel 1780, descrive così questo passatempo: Abbiamo verificato essere i bagni di mare l’antidoto migliore contro gli effetti dello scirocco; e qui certamente ne godiamo al massimo. Il signore Fortrose, che è l’anima della nostra colonia qui, ha fornito una grande barca a questo fine. Ogni mattina alle otto in punto usciamo a circa mezzo miglio fuori al largo, ci spogliamo e immergiamo nell’acqua […]. È possibile affermare che il noto quartiere napoletano fosse diventato una vera e propria scelta di vita per molti.
Al numero 45 di via Posillipo, ad esempio, incontriamo Villa Elisa, posta sulla roccia della “cala Selvina” e, proprio accanto, al civico 46, Villa d’Abro – dove un tempo vi era Palazzo Ranaldo – commissionata ad Alfonso Guerra nel 1870 dal principe Aslan d’Abro Pagratide, discendente della nobile famiglia che aveva regnato sull’Armenia e la Georgia. La dimora a due piani, costruita in stile neoromanico con archetti e merlature, si eleva su un basamento di tufo; un’abitazione elegante ma, allo stesso tempo, una fortezza.
Vi sono, poi, altre ville di Posillipo di cui si conosce poco, tra cui Villa Luisa, creata da Felice Carunchio, diventata successivamente Istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re. E ancora Villa Karnap (o Carnap) che si trova tra la Baia del Cenito e Villa Peirce, caratterizzata da una zona verde con querce e macchia mediterranea, nonché un boschetto di bambù e un viale decorato con statue. Vi è Villa Riario Sforza che, acquistata nel 1871 dalla viscontessa di Strangford, ebbe diversi proprietari e altrettanti nomi tra cui Rocca Bella, Campione, Beatrice, fino a quando non venne acquistata, nel 1936, dalla duchessa Riario Sforza.
Al numero 47 di via Posillipo, invece, si trova Villa d’Avalos, acquistata dal principe Carlo d’Avalos nel 1936 e fatta costruire da Francesco Stella nel 1871 su una preesistente torre seicentesca. La villa conserva ancora oggi il nome “Cala di Tramontana” in quanto, nel Seicento, il Baratta indica questo luogo quale il palazzo di Giovanni Tramontana. È una costruzione a due piani, il primo al di sotto della strada e il secondo a picco sul mare, di gusto neomedievale. La villa ha cambiato spesso nome: Villa Maria, dei Pavoni, Ravà e infine d’Avalos.
Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza ne Le ville di Napoli raccontano: Lo scienziato Etienne-Jules Marey, famoso per le sue ricerche sul moto e sulla fisiologia della locomozione, nel periodo che l’abitò creò nella torre il proprio laboratorio fotografico. Costruì un apparecchio derivato dal revolver fotografico di Janssen, il fucile fotografico e, grazie a quello, riprese scene sul volo dei gabbiani alla velocità di dodici fotogrammi al secondo. I contadini del luogo, vedendolo spesso. mirare agli uccelli con quello strano fucile e poi posarlo soddisfatto senza che mai si sentisse un colpo né si vedesse cadere un uccello, lo avevano soprannominato “il matto di Posillipo”. Con l’amico Antonio Dohrn, il fondatore della Stazione Zoologica, era solito trattenersi nel Salon-serre, un ambiente caratterizzato da piante esotiche, arredi in bambù, vetrate e paraventi di gusto orientale, che egli aveva creato.
In via Posillipo 222, adagiata sul mare, si trova Villa Rocca Matilde, poi Villa Peirce e infine Rendel, una delle più belle e caratteristiche costruzioni della costa, con le sue torrette, le terrazze, i loggiati e un piccolo porto artificiale. La villa comprende un parco di 37900 metri quadrati con una galleria di stile egizio.
I due autori ancora raccontano: La ricca inglese marchesa di Salza, vedova dell’ammiraglio Strachan, inglese di nascita e napoletana di adozione, ebbe il merito di procedere a trasformazioni decisamente migliorative di una vasta zona del litorale entrata in suo possesso e si prodigò, per abbellirla, nella creazione di ampi parchi, fontane e viali ombrosi. Con l’intento di ampliare, attraverso numerosi acquisti, la sua proprietà a Posillipo, aveva comperato anche i terreni a monte della strada che diventeranno Rocca Belvedere e quelli a mare dove sorgeva il seicentesco “Casino del Cancelliero” e dove si ubicherà la villa che verrà chiamata Rocca Matilde dal nome della maggiore delle due figlie della marchesa, la seconda, Sarah Luisa, diventerà la principessa di Sant’Antimo raffigurata nel celebre dipinto di Francesco Hayez conservato nel Museo di San Martino.
Diversi furono i proprietari, per poi essere acquistata, nel 1883, da George Wightwick Rendel che affidò ad Alfonso Guerra i lavori di ristrutturazione. Si andò così a modificare l’aspetto del complesso aggiungendo un porticato bicolore con archi acuti e colonnine binarie, nonché un porticciolo e le scuderie dorate di un ascensore. La villa ha preso il nome di Villa Lauro e, negli anni Ottanta del Novecento, è diventata la sede di una stazione televisiva locale, ma anche luogo di riprese per lo sceneggiato Un posto al sole.
Un’altra proprietà della marchesa di Salza, che nel 1863 la vendette al marchese de Gibot, è Villa della Grotta di San Giovanni. L’abitazione, che domina il promontorio della grotta, fu ristrutturata rendendo il vecchio fabbricato una confortevole residenza. Il marchese aveva scelto Napoli come luogo dal clima ideale per vivere la sua vita con la giovane da lui amata, Margareth Mac Allister, malata purtroppo di tisi. Dopo la morte di Margareth, nel 1867, il marchese sposò la sorella di lei, Mary-Jane, che, alla scomparsa di lui, rimase l’unica erede. La residenza fu messa in vendita e per cinquant’anni rimase invenduta per via del prezzo troppo alto. Allo stesso tempo la famiglia del custode, per scoraggiarne l’acquisto, fece circolare la voce che la villa fosse abitata da spiriti e, infatti, per un periodo di tempo, l’abitazione prese il nome di “Villa degli Spiriti”. Fu poi ristrutturata dai successivi proprietari e tuttora si presenta ben tenuta.
Al numero 52 di via Posillipo si trova Villa Craven o Rae edificata da Elizabeth Margravia di Anspach. Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza ne raccontano le avventurose vicende: Ultima figlia del quarto marchese di Berkeley, a sedici anni aveva sposato William futuro sesto barone di Craven, da cui in quattordici anni di matrimonio ebbe sette figli. Allontanata dall’Inghilterra per uno scandalo con l’ambasciatore di Francia, dotata di un ricco appannaggio e portando con sé l’ultimo dei suoi figli, Richard Keppel, vagò per l’Europa finché conobbe Cristiano Federico Carlo Alessandro, ricco margravio regnante del Brandeburgo, di Anspach e di Bayreuth. Ne divenne l’amante e poi la moglie quando questi rimase vedovo. Alla morte del margravio decise di stabilirsi a Napoli dove anni addietro, insieme al margravio, era stata ospitata festosamente da re Ferdinando e da Maria Carolina. Vi si recò dopo il Congresso di Vienna, nel 1815. Ferdinando era rimasto vedovo e lei covava forse il desiderio di diventare regina di Napoli. Nelle sue memorie racconta che il re le fece dono di un suolo a Posillipo perché vi costruisse una villa che fu realizzata in stile neoclassico con intorno un giardino all’inglese.
Pietro Colletta nel suo Storia del Reame di Napoli descrive così la vicenda: Alla Margravia di Anspak (per prodigalità, nuova insino allora, nella storia de’ re) (Ferdinando) fece dono di una vasta piazza del’amenissima strada di Posillipo; e colei, per più farla privata, la cinse di muri, l’adornò di giardini e vi alzò casa. Questa autorizzazione da parte del re permise alla nobildonna di acquistare tutto il suolo, compreso, due anni dopo a nome del figlio Richard Keppel Craven, il terreno che oggi comprende Villa Rae e Villa Gallotti.
Nel 1823 il “Casino della Margravia” divenne un luogo di incontri mondani, dove l’alta aristocrazia inglese poté ammirare lo splendido panorama dall’ampia terrazza con colonne doriche che affacciava sul mare e con un giardino di 16900 metri quadrati. La residenza, una volta ereditata dal figlio, prese il nome di Villa Craven, ma questi, trasferitosi al Chiatamone, vendette la villa alle sorelle Capece Minutolo di Canosa che la rinominarono Villa Minutoli, diventando un centro di assistenza. La villa ha avuto diversi proprietari nel corso del tempo, ma poi fu acquistata nel 1924, da Charles James Rae e, ancora oggi, la costruzione appartiene alla sua famiglia.