Tra le opere del giovane Friedrich Nietzsche (Röcken, Sassonia, 1844-Weimar, 1900) furono La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872), uscito con la Prefazione del grande musicista Richard Wagner, e le Considerazioni inattuali (1873 – 1876) a segnare il passaggio dagli studi filologici a quelli della filosofia e, al tempo stesso, a lasciare un contributo decisivo sulla genealogia della cultura occidentale nell’ambito del pensiero contemporaneo.
Alle origini della cultura filosofica, Aristotele affermò che la filosofia nasce dalla meraviglia che gli esseri umani provano di fronte agli accadimenti del mondo. La parola greca tháuma, tuttavia, non significa soltanto meraviglia, ma esprime anche il terrore che proviamo di fronte all’imprevedibilità degli eventi e del loro divenire perché non conosciamo le cause che li generano. La genealogia della cultura occidentale, insomma, è caratterizzata dalla riflessione intorno alle cause di tutto ciò che accade nell’esistenza umana alla ricerca di un rimedio per liberare gli uomini e le donne dal terrore del divenire.
Nella sua riflessione, Nietzsche sostenne che il rimedio è stato peggiore del male, nel senso che la storia umana, nell’intento di trovare le verità fondamentali dell’esistenza e di razionalizzare la vita individuale e collettiva, ha realizzato molte costruzioni economiche, politiche e sociali che hanno costituito i fondamenti rigidi dell’ambiente e della cornice culturale della tradizione dell’Occidente.
Qualsiasi elaborazione metafisica, comunque, è il tentativo fallimentare di rimediare alla paura del caos con la costruzione di realtà eterne e immutabili chiamate verità. Il risultato è che quelle realtà metafisiche che dovevano liberare gli esseri umani dall’imprevedibilità esistenziale hanno inserito ogni impulso vitale in una dimensione spazio-temporale ristretta, soffocante e distruttiva di una reale libertà di pensiero e d’azione.
La nascita della tragedia, in effetti, riflette sulle analogie presenti nella storia della tragedia e della società greca. Il filosofo tedesco evoca la contrapposizione tra lo spirito dionisiaco, presente nella Grecia dell’età più antica, soprattutto durante le orgiastiche feste in onore di Dioniso, e l’atteggiamento apollineo, simbolo delle arti plastiche e della razionalità olimpica della Grecia classica. L’equilibrio tra l’apollineo e il dionisiaco, tuttavia, produsse la tragedia attica che raggiunse il suo splendore nell’opera del drammaturgo Sofocle, ma il successivo indebolimento dell’elemento dionisiaco e il prevalere del razionalismo socratico condussero, in seguito, alla decadenza.
La razionalità spiegava e ancor di più giustificava l’essere del mondo e, in breve, la coraggiosa accettazione dell’incomprensibilità dell’esistenza fu sostituita dalla presunta capacità della conoscenza razionale di comprendere l’umanità e l’intero ordine dell’universo. Nella drammaturgia tragica questa trasformazione si manifestò nel passaggio dalla tragedia in cui dominava la compresenza tra il dionisiaco e l’apollineo a quella rappresentata dal drammaturgo Euripide, essenza stessa della decadenza. La nascita e il rafforzamento dello spirito razionalistico cancellò la saggezza tragica: l’equilibrio tra le forze apollinee e quelle dionisiache nella vita umana.
Nietzsche argomentava in tal modo sul pessimismo greco che non considerava decadente perché la visione dionisiaca induceva gli esseri umani dell’antichità a gettare lo sguardo nell’abisso per guardare in faccia l’orrore del mondo e l’irrazionalità dell’esistenza, senza apportarvi razionalistiche spiegazioni e argomentazioni consolatorie. La saggezza greca diceva sì alla vita, mentre l’eccessiva razionalizzazione ha portato storicamente a una reale decadenza dello zeitgeist, lo spirito del tempo contemporaneo, per esempio, che soffoca la creatività umana e restringe gli spazi della libertà societaria.
La descrizione della progressiva decadenza dello spirito europeo si sofferma sulla necessità di una rinascita dello spirito dionisiaco che si poteva affermare nelle arti e soprattutto nella musica tedesca, in particolar modo in quella wagneriana. La nascita della tragedia fu in parte ripudiata dal filosofo di Röcken, soprattutto negli scritti che formarono l’opera Ecce Homo, uscita dopo la sua morte, nel 1908.
Il vero fine dell’umanità e il superamento delle menzogne consolatorie si raggiungeranno, secondo Nietzsche, con la comparsa dello übermensch, una parola della lingua tedesca che per tanti decenni è stata tradotta con il termine superuomo – usato anche dall’ideologia nazista, soprattutto nel periodo tra le due guerre mondiali – ma che si preferisce tradurre, nella riflessione contemporanea, con la parola oltreuomo.
In altre parole, la storia avrà bisogno di una nuova figura umana che diventerà consapevole di se stessa e del proprio essere al mondo. L’oltreuomo accetterà l’esistenza così come è e non come dovrebbe essere, nell’epoca del nichilismo attivo che da tempo promuove il processo di dissoluzione degli ideali e della morale tradizionale per favorire la nascita di nuovi valori che emergeranno dalle forze caotiche ma autentiche del suo mondo materiale e vitale.