In una fresca sera di fine estate, tra sedie sparse in un grande prato e birre prodotte dal loro collettivo di fabbrica, gli operai della (ex) GKN ci insegnano quanta bellezza può fiorire ai margini. Le commoventi parole del reading di brani tratti da La prima cosa fu l’odore del ferro di Maria Luce Possentini e La terra di ferro di Pasquale Pinto ci mostrano la cura della letteratura, la cura dalla fatica delle lotte. Le parole sono pronunciate con la stessa dignità che quegli operai hanno messo nelle rivendicazioni del loro collettivo, rivendicazioni che dovrebbero riguardare tutti noi, chiunque si è visto togliere ogni cosa perché nella nostra società i profitti continuano a essere più importanti delle persone.
Così si apre la prima serata della terza edizione de La Scuola Giacobina, una due giorni organizzata dalla rivista Jacobin Italia dal 20 al 22 settembre, non solo per approfondire specifici temi con dei relatori, ma soprattutto per costruire uno spazio di condivisione di idee e prospettive future.
Jacobin Italia nasce dall’omonima esperienza statunitense, mantenendo il famoso simbolo del giacobino nero e caratterizzandosi per la sua natura di rivista senza finanziamenti e con un editore indipendente. Il fine è fornire una visione del mondo approfondita dal punto di vista storico, economico e politico, oltre che alternativa e, dunque, anticapitalistica.
L’esperienza de La Scuola Giacobina è ospitata da Casa Caciolle, nel quartiere fiorentino di Novoli-Ponte di Mezzo, struttura che nasce per dare sostegno a famiglie e bambini che vivevano nelle case popolari della zona e che dal 2008 è diventata, grazie alla tenacia di Don Vincenzo, luogo di accoglienza per coloro che scontano pene alternative alla detenzione.
Proprio la detenzione e i diritti negati delle persone recluse sono al centro del monologo Far finta di esserne fuori di Filo sottile, una poetessa che si definisce punkastorie, anarkekka, indecorosa e che sabato sera, con le sue parole decise e il suo senso dell’umorismo, riesce a raccontare in maniera leggera qualcosa che non è per nulla leggero: l’esistenza di chi vive in prigione. L’inutilità del carcere e l’esistenza aliena di chi vi trascorre le proprie giornate mostrano a pieno l’iniquità e tutto il paradosso della società capitalistica in cui viviamo. Lo stesso paradosso che è al centro dei filoni di approfondimento tracciati ne La Scuola Giacobina: dal marxismo alle resistenze, dall’ecologismo alla lotta operaia, dall’università al transfemminismo.
Le lezioni e i dibattiti sono fitti, durante le pause ci si ritrova intorno ai tavoli dei pranzi e delle cene a confrontarsi, a raccontarsi le proprie esperienze, a imparare un nuovo modo di essere comunità. Tutti temi oggi fondamentali. Nelle lezioni ai concetti teorici si mischiano quelli pratici, di attualità, e si aprono prospettive future alternative a quelle capitalistiche e di sfruttamento a cui siamo abituati. La parola d’ordine sembra essere intersezionalità, intesa nel suo significato più ampio. come possibilità di guardare alle lotte e alle rivendicazioni come se fossero – e lo sono – tutte collegate. Tutte figlie delle ingiustizie che oggi vengono perpetrate sulla pelle dei più deboli: le file ai margini si fanno sempre più fitte, affollate da poveri lavoratori sfruttati e sottopagati, migranti, donne, giovani a cui si sta lasciando in eredità una società e un pianeta distrutti.
Un mondo diverso è possibile, e nei giorni di Scuola Giacobina ne parliamo riscoprendo il pensiero marxiano o la storia della resistenza, in tutte le forme che quest’ultima ha assunto, fino alla più recente e dignitosa resistenza del popolo palestinese, che continua a mostrarsi palese ai nostri occhi, nonostante le atrocità di Israele. Probabilmente ripercorrere la storia dei fenomeni, le loro alterne vicende, la loro ciclicità, ci aiuta a capire il passato ma anche a guardare in una nuova, possibile, prospettiva il futuro. Un mondo diverso è possibile, e La Scuola Giacobina è uno dei tanti, magici modi in cui possiamo impararlo e poi, riscoprirlo.