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Josef Koudelka, “viaggio per non diventare cieco”

Francesca Testa di Francesca Testa
21 Febbraio 2024
in Camera Chiara
Tempo di lettura: 3 minuti
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Josef Koudelka, fotografo ceco nato nel 1938 e naturalizzato francese nel 1987, è uno dei grandi rappresentanti della tradizione umanistica e poetica che ha dominato la fotografia europea della seconda metà del XX secolo.

Koudelka ha iniziato la sua carriera come ingegnere aeronautico, fotografando gitani nel tempo libero dal 1962, prima di dedicarsi totalmente alla sua grande passione alla fine degli anni Sessanta.

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Nelle immagini da lui realizzate, dove regna sovrano il bianco e nero, vengono catturate le fragilità dell’animo umano e paesaggi desolati, abbandonati, intrisi di malinconia, partenza, disperazione, alienazione. Questi temi sono una costante nel suo lavoro di fotografo, seppur tutta la sua vita sia stata dedicata esclusivamente a questa arte per soddisfare il suo costante bisogno di immortalare attimi.

Josef Koudelka non ha mai voluto lavorare su commissione per giornali o riviste, ha sempre coltivato e rivendicato la libertà nelle sue scelte di vita e professionali. Del resto, il suo legame viscerale con le fotografie che realizza ne è una dimostrazione, dato che non le vende, ma vive grazie alle mostre che realizza e ai libri da lui curati.

Nel 1968, l’artista ha documentato l’invasione sovietica di Praga, pubblicando le sue fotografie con la sigla P.P. (Fotografo di Praga). Sono stati proprio questi scatti a far svoltare, a livello internazionale, la sua carriera. Nelle immagini della primavera di Praga, infatti, Koudelka ha ritratto le forze militari del Patto di Varsavia al momento della loro entrata nella capitale dell’ex Cecoslovacchia. I negativi sono arrivati, clandestinamente, all’agenzia Magnum e le immagini poi pubblicate sul Sunday Times in forma anonima, proprio per paura di ripercussioni contro il fotografo e la sua famiglia. L’anno successivo è stato insignito della medaglia d’oro Robert Capa dell’Overseas Press Club per le fotografie. Mentre nel 1970 ha lasciato la Cecoslovacchia in cerca di asilo politico e, poco dopo, si è unito a Magnum Photos.

Nel 1975 il suo primo libro, Gypsies, è stato pubblicato da Aperture e ha vinto il prestigioso Premio Nadar. Si tratta di un’importante documentazione sulla vita della società nomade, attraverso gli scatti delle comunità gitane di Beomima, Moravia, Slovacchia, Romania, Ungheria, Francia e Spagna. Ha poi pubblicato Exiles (1988), Chaos (1999), Invasion 68: Prague (2008) e Wall (2013).

A partire dal 1986 Josef Koudelka ha iniziato a scattare con una fotocamera panoramica. Protagonisti dei suoi scatti sono diventati non più gli uomini, bensì luoghi senza vita, scorci disturbati dalle architetture abbandonate, posti decadenti.

Per queste opere, Koudelka ha vinto importanti premi, come il Prix Nadar (1978), il Grand Prix National de la Photographie (1989), il Grand Prix Cartier-Bresson (1991) e l’Hasselblad Foundation International Award in Photography (1992). Mostre del suo lavoro si sono tenute al Museum of Modern Art e all’International Center of Photography, New York; Hayward Gallery, Londra; Stedelijk Museum of Modern Art, Amsterdam; Palazzo di Tokyo, Parigi; Istituto d’Arte di Chicago; e Museo delle Arti Decorative e Galleria Nazionale, Praga. Nel 2012 è stato nominato Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres dal Ministero della Cultura e della Comunicazione francese. Attualmente vive a Parigi e Praga.

Non so cosa sia importante per le persone che guardano le mie foto. Quello che è importante per me, è il fatto di farle. Io non lavoro per provare il mio talento. Io fotografo quasi tutti i giorni, tranne quando fa troppo freddo per viaggiare a modo mio.… Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco.

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