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Ho visto che c’era bisogno di un poco di Napoli, anche a Napoli

Mariaconsiglia Flavia Fedele di Mariaconsiglia Flavia Fedele
8 Giugno 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 3 minuti
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Si può viaggiare in molti modi. In macchina, in treno, in nave, in aereo. Con lo zaino o con la valigia, leggeri o pesanti. In movimento o da fermi, con il corpo o con la mente. Essere in un posto e sentirsi in un altro. Si può viaggiare da soli o in compagnia, per lavoro o per vacanza, per curiosità o sete di conoscenza. Per necessità. Si può viaggiare per cercare qualcuno o trovare se stessi. L’importante è non dimenticare di portare le proprie radici con sé lungo il tragitto, ma anche dopo. Dopo, quando la nuova città, il nuovo paese, probabilmente la nuova lingua, entreranno di forza nel quotidiano.

Luciano De Crescenzo scrisse: “Dovunque sono andato nel mondo, ho visto che c’era bisogno di un poco di Napoli”. Dovunque sono andata nel mondo, aggiungo io, ho pensato che avesse piuttosto ragione. Viaggiando, ma soprattutto vivendo all’estero, ho scoperto, infatti, che alcune delle caratteristiche tipicamente nostrane mi mancavano, che avrei voluto appartenessero anche ai luoghi che stavo esplorando. Che il modo tutto nostro di ridere, di prendere la vita e di vivere i sentimenti era per la mia persona necessario, quasi indispensabile, così consolidato dentro di me da fare fatica ad abituarmi a un sentire differente. Parlo del nascere in Italia, in particolare al Sud, nello specifico a Napoli. E non mi riferisco al sole, alla pizza, al mandolino. Perché il sole l’ho trovato anche altrove. Forse, più raramente, ma proprio per questo ancora più godibile. Persino la pizza, a suo modo, non è stato un grande problema. Certo, non era eccellente come quella delle nostre pizzerie storiche, ma buona sì. E il mandolino… beh, quello non c’era, però la chitarra e una nostalgica cornamusa hanno saputo rimpiazzarlo. Mi riferisco alla predisposizione al bello, all’arte, alla cultura, alla storia, al marchio di originalità. Al rifiuto della più violenta e dittatoriale globalizzazione, un po’ per nostra indole, un altro po’ perché il più delle volte le grandi multinazionali da noi non investono.

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Da dovunque sono andata nel mondo, però, sono rientrata, e al rientro ho visto che c’era bisogno di un poco di quel mondo proprio qui in Italia, in particolare al Sud, nello specifico a Napoli. Parlo del senso civico, del rispetto, dell’amore per la propria terra da intendere come appartenenza sana, non da stadio o da rimpianto di una discutibile epoca storica ormai andata, dell’educazione, della sicurezza. Parlo di un’evoluzione concreta, reale, non a chiacchiere. Di diritti perlopiù riconosciuti, di salari degni di essere definiti tali, di ospedali funzionanti, di scuole formative, di spostamenti facili, di mobilità sociale, di dignità. Di un’insaziabile bramosia di crescita. Mi riferisco alla tangibile possibilità di una vita – per quanto nella società contemporanea possa esserlo – più facile.

Ho visto, poi, che ad avere più bisogno di Napoli era proprio la mia città. Partenope, come una qualsiasi donna incappata nella relazione sbagliata, stava perdendo la sua natura per lasciarsi plasmare da un compagno che, ancora oggi, non la ama veramente, ma ne riconosce la proprietà privata. Un compagno geloso, difficile da lasciare andare, che si fa chiamare napoletano solo perché sulla carta di identità c’è scritto così. Ma il napoletano è altro. Di lei gli importa. Non la punisce, non la inibisce, non la bistratta e non la violenta. Non la sporca con un mozzicone o con altro sangue. Non se la prende con chi la denuncia né tantomeno glorifica chi ciecamente la esalta. La sua femmina la rispetta. L’accompagna dinanzi allo specchio, nuda, e l’aiuta ad accarezzarsi, insegnandole come si fa. Quella donna, che da ormai troppi anni si lascia plagiare e tacitamente subisce continue vessazioni, ha qualcosa dentro che sta gridando aiuto, qualcosa che si è indebolita fino quasi ad annientarsi. È la sua storia, è il suo passato, è la sua famiglia, è la gente che, stanca, ha preso a calci i Tedeschi.

Si può viaggiare in molti modi, dicevo, ma si deve fare per scelta, non per costrizione. Si deve fare sentendosi liberi di restare o tornare, per portare un po’ di Napoli nel mondo e un po’ di mondo a Napoli. L’amore, quando c’è, non basta da solo, serve rispetto, serve pazienza, serve la voglia di crescere insieme. Anche Partenope merita quella percepibile opportunità di vita più facile, la meritiamo tutti. O quasi.

*foto in copertina di Ferdinando Kaiser©

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