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Le ville di Napoli: i Ponti Rossi (3° parte)

Francesca Testa di Francesca Testa
11 Maggio 2021
in Lapis
Tempo di lettura: 4 minuti
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I Ponti Rossi, zona di Napoli famosa per la presenza di resti dell’acquedotto romano in tufo e laterizi rossi, nel Cinquecento vide protagonisti don Pedro de Toledo – che prese la decisione di far ricostruire l’acquedotto distrutto dopo la caduta dell’Impero Romano – e l’architetto Antonio Lettieri. Questi rinvenne le tracce dell’intero percorso dell’acquedotto che si estendeva dalle sorgenti dell’Acquara, presso Serino, fino alla costa del golfo di Napoli. Alcune diramazioni conducevano l’acqua nelle zone di Nola, Pompei, Pomigliano d’Arco e Atella. Il tratto principale serviva la zona di Casoria e San Pietro a Patierno raggiungendo la località chiamata Cantarelli – nome preso dai “cantari” tubi nei quali fluiva l’acqua piovana.

Tra i tantissimi edifici dei Ponti Rossi vi è Villa Bozzi-Dupont-Vanneck al numero civico 105, una delle poche che, ancora oggi, è in perfetto stato di conservazione. La villa è ben conservata non soltanto nella struttura dell’edificio, ma anche per quanto riguarda il giardino di 28800 metri quadri. Come scrivono Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza ne Le ville di Napoli, dal 1984 la villa è proprietà della Curia arcivescovile di Napoli che, dopo averla acquistata dalla famiglia Bozzi, ne ha fatto la sede del Seminario filosofico Paolo VI e ha provveduto a restaurarla. Il restauro ha comportato alcune modifiche. L’edificio è sottoposto al vincolo della legge 1089 del 1939 e ha una storia abbastanza complessa anche per le numerose trasformazioni subite nel corso dell’Ottocento. Esisteva in quel luogo ai primi del secolo solo un casino a due piani di proprietà di Filippo de Angelis. Giuseppe Bonaparte ne fece donazione, insieme ad altre proprietà e terreni, al suo intendente di Casa Reale, Luigi Macedonio, che riuscì a conservarlo anche dopo il ritorno di re Ferdinando e fece costruire al posto del vecchio casino un “Casolajo o gran Pagliaio” di aspetto rustico ispirato agli chalet svizzeri. Numerosi gli interventi migliorativi operati nel grande fondo, dove oltre alle colture a vite a frutteto furono ricavati boschetti, viali, sentieri, pergolati e giardini. È probabilmente dopo che la villa passò a Maurizio Dupont, nel secondo decennio dell’Ottocento, che la costruzione fu trasformata in un edificio neoclassico. Secondo Venditti fu ristrutturata dagli architetti Luigi e Stefano Gasse intorno al 1830.

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Oggi è possibile ammirare questa bellissima villa dei Ponti Rossi come una costruzione elegante, a tre piani, con una loggia grande e panoramica arricchita da colonne ioniche e dotata di grandi finestre, che prima non esistevano. Al piano superiore è presente un’ampia terrazza scoperta che domina il parco sottostante. Anche il parco è stato adeguato ai canoni all’inglese. All’inizio del Novecento, all’interno della villa, ne è stata costruita un’altra, molto più piccola, oggi Villa Anna. Nelle vicinanze di Villa Fleicher – di cui è possibile vedere pochissimo purtroppo – sorge Villa Addeo. Rimasta alla marchesa Francesca Macedonio insieme a un fondo di 19 moggia coltivate in buona parte ad agrumeto per la produzione di agrumi pregiati, pervenne poi per successione al conte di Cerro. La costruzione ottocentesca ha subito varie aggiunte a una sopraelevazione, la cappella gentilizia è oggi inagibile e sull’antica “Aranceria” passa la tangenziale.

Un’altra villa dei Ponti Rossi è Villa Tempestini, si trova in via Cupa Macedonia n. 5 e ha un giardino di circa 632 metri quadri. L’edificio è stato acquistato a metà dell’Ottocento da Giuseppe Tempestini e, nei primi decenni del Novecento, è stato utilizzato quale casa di riposo delle Suore dello Spirito Santo. Proseguendo su via Ponti Rossi, al numero 118, si trova Villa Marulli d’Ascoli poi Walpole. Questa si presenta con un muro di cinta merlato con un torrino e circondata da un giardino di 2680 metri quadri.

Come scrivono ancora la Carbonaro e Cosenza, dopo la Restaurazione la villa, che il cardinale Firrao aveva costruito su una casa colonica con un ampio podere donatogli dal Bonaparte, passò ai Marulli d’Ascoli (da cui la villa prese il nome per parecchi anni), che vi realizzarono, secondo la moda del tempo, il giardino all’inglese. Divenuta in seguito proprietà dei Del Balzo, fu poi Ernesto del Balzo, duca di Caprigliano, chiamata Villa Walpoole o più comunemente Walpole, in memoria della moglie Dorotea Walpoole morta a Napoli nel 1921 e donata all’Ordine di Malta perché fosse destinata a scopi assistenziali. Fu così che dal 1935 fino agli anni Sessanta ospitò l’Istituto Ortofrenico “Michele Sciuti” gestito dai gesuiti. Oggi, la villa è purtroppo inagibile, passata ai domenicani, e ha subito nel corso degli anni tantissimi rifacimenti, soprattutto nel Novecento, per poi essere vincolata dalla legge 1089 del 1939.

Poco più avanti, invece, si trova Villa Raffaelli o De Rafele, poi Mezzanotte. Nel periodo francese era stata collegata alla strada con un sistema di rampe. Anche questa, nel corso degli anni, ha subito diversi rifacimenti e trasformazioni. Vi è infine Villa Heingelin poi de Rosa, definita nelle guide dell’Ottocento come una delle più belle e prestigiose della zona. Di proprietà del console danese del Regno di Napoli, Christian Heingelin, che vi aveva raccolto preziose collezioni di quadri e di antichità. Famoso era anche il giardino, che probabilmente fu riorganizzato dal botanico Dehnardt, consulente presso l’Orto Botanico, che oltre alla sistemazione di particolari varietà di piante, avrebbe provveduto anche a una scenografica collocazione di reperti archeologici. La decadenza della villa iniziò già alla morte del console, fu dagli eredi venduta ed ebbe vari proprietari finché nella seconda metà dell’Ottocento fu acquistata da Tommaso de Rosa.

La villa oggi si presenta “soffocata” da sopraelevazioni, aggiunte e rifacimenti, il giardino invece è scomparso. Ciò che resta non è altro che una veduta di Fergola, in cui la villa è rappresentata sulla destra e sulla sinistra c’è la collina di Capodimonte.

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