Poco meno di un anno fa, avvertivamo su quanto la narrazione sui vaccini sostenuta dalle autorità fosse pericolosa. Mentre la pandemia incalzava e le misure diventavano insopportabilmente restrittive, le dosi non ancora arrivate sembravano incarnare una speranza di salvezza estremamente irrealistica, come se la loro venuta potesse far sparire magicamente il virus. Dodici mesi dopo, abbiamo visto come la scienza abbia realizzato opere inimmaginabili, producendo numerosi medicinali abbastanza efficaci in pochissimo tempo. Eppure, sebbene i risultati abbiano superato anche le più rosee aspettative, in Italia non è andata proprio così.
In alcuni fortunati e certamente più efficienti Paesi, l’efficacia delle vaccinazioni ha dato i suoi frutti e la vita inizia lentamente a riprendere le sembianze che aveva prima. L’Inghilterra, per esempio, ha dimostrato quanto la diffusione dei vaccini funzioni, tanto che i casi di mortalità sono diminuiti del 98%, abbastanza da pensare di riaprire pub e attività all’aperto. Anche gli Stati Uniti riprendono a vivere, avendo completato le vaccinazioni di tutte le fasce d’età delle persone che le hanno richieste. Resta ora da capire come gestiranno tutti coloro – parecchi, purtroppo – che non vogliono immunizzarsi.
Il successo della gestione delle vaccinazioni oltreoceano è stata inversamente proporzionale alla gestione della pandemia. Se i primi mesi hanno rappresentato un vero e proprio disastro, tra disinformazione, assenza di cure e mancato contenimento, la somministrazione dei vaccini è stata invece veloce ed efficiente, giungendo presto a un’immunizzazione che stentavamo ad aspettarci. Sicuramente, a rendere maggiormente efficace la strategia è stata la nazionalità di alcuni dei principali vaccini che, essendo statunitensi, hanno permesso maggiore disponibilità per il territorio. E proprio alla luce dei risultati raggiunti, il Presidente Biden ha annunciato di voler sospendere i brevetti, almeno temporaneamente, in modo da permettere ai paesi in difficoltà di accedere alla produzione abbattendo i costi.
La proposta, nata in primis per aiutare luoghi in estrema crisi come l’India, è stata felicemente accolta dall’Europa, che è lieta di considerare i vaccini e la salute pubblica un bene comune, a eccezion fatta della Germania, la cui Cancelliera si è dimostrata preoccupata sulle conseguenze che la produzione dei vaccini patirebbe. Si è accesso anche il dibattito con le case farmaceutiche, ovviamente in disaccordo per interessi economici, che però sollevano il lecito dubbio della capacità dei paesi poveri o in estrema difficoltà, di accedere alla materie prime e di rispettare i necessari processi di produzione.
Ma mentre India e Sudafrica sprofondano sotto il peso del virus, sebbene la situazione italiana non sia altrettanto disperata, purtroppo lo Stivale non se la cava benissimo. Ancora 11mila contagi giornalieri, un numero di vittime quotidiane compreso tra 200 e 300, ancora vaccinazioni che procedono a rilento. Solo nell’ultima settimana si è raggiunto l’obiettivo di mezzo milione di dosi somministrate al giorno, ma soltanto a partire dallo scorso lunedì sono iniziate le vaccinazioni per gli over 50. Mentre in altre nazioni si iniettano le ultime dosi, da noi le somministrazioni procedono estremamente piano, rendendo difficile credere che tutte le fasce d’età saranno coperte prima della fine dell’anno. E sebbene i problemi di distribuzione dei vaccini ordinati e mai arrivati abbiano fatto la propria parte, è improbabile che siano stati solo quelli la causa dei rallentamenti. La disorganizzazione, la mancanza di risorse materiali, la mancata voglia di investire su quelle umane e la facilità con cui la gestione regionale ha ceduto agli interessi personali hanno generato ritardi su ritardi.
Negli altri paesi occidentali, i governi stanno studiando modi per incentivare le vaccinazioni per le persone contrarie alle immunizzazioni. Si offrono buoni sconto e biglietti omaggio perché tutti coloro che volevano essere vaccinati sono stati immunizzati e ora mancano all’appello solo i più titubanti. In Italia, invece, neanche la metà di quanti desiderano il vaccino l’ha ottenuto, dimostrando la nostra totale inerzia. Tale rallentamento non è grave solo perché si rimanda l’immunizzazione della popolazione a quando avranno ottenuto tutti il vaccino, ma perché si rischia di comprometterla. È bene ricordare che il vaccino non blocca la trasmissione del virus, ma la riduce solo del 50%: in teoria, un vaccinato può non ammalarsi o presentare solo sintomi lievi, ma essere comunque veicolo di contagio per chi non è vaccinato. Se la popolazione non è tutta immunizzata contemporaneamente, la corsa del virus non subirà mai un deciso arresto. Per ora, il vaccino è considerato valido solo per sei mesi, dunque i primi vaccinati di gennaio stanno per perdere la loro immunizzazione. Di conseguenza, se si procederà così a rilento, è probabile che per quando le ultime fasce d’età avranno ottenuto il vaccino, le prime saranno di nuovo scoperte. In questo modo, il rischio è che l’Italia non sarà mai realmente al sicuro.
Intanto, continuano le polemiche anche riguardo la destinazione delle dosi ai paesi in via di sviluppo e più in difficoltà. Se anche tutti gli Stati occidentali si rendessero completamente immuni, infatti, la libera circolazione del virus nelle altre nazioni continuerebbe a favorire lo sviluppo delle varianti che potrebbero rivelarsi pericolose anche per chi è vaccinato. Ma mentre l’OMS non riesce a garantire le dosi stabilite a chi ne ha bisogno, i paesi ricchi non si dimostrano particolarmente generosi. Lo Stato di New York, per esempio, avendo completato le proprie vaccinazioni, ha deciso di investire quel che gli è avanzato per il proprio tornaconto economico: invece di destinare le dosi ai paesi poveri, tenta di incentivare il turismo promettendo il vaccino a qualunque turista decida di visitare il posto.
La situazione mondiale, insomma, lascia parecchio a desiderare. L’Italia è rimasta indietro e rischia di compromettere la salute dei propri cittadini nonché la necessaria e urgente ripresa economica che non avrà luogo se la popolazione non sarà sufficientemente immunizzata. I paesi maggiormente colpiti non riescono a contenere i contagi né a ottenere il giusto sostegno da una comunità internazionale che non riconosce neanche i rischi che essa stessa corre a lasciar circolare il virus altrove. E anche i paesi più efficienti si sono rivelati imperfetti. Il vaccino probabilmente rappresenta una soluzione reale alla pandemia, molto più di quanto ci aspettavamo. Eppure sarà inutile se la gestione delle sue somministrazioni procederà ancora in questo modo a livello globale. Alla fine dei conti è chiaro che la gestione della crisi sanitaria è stata disastrosa più o meno ovunque, la somministrazione dei vaccini non è stata all’altezza delle aspettative, e quella umanità che si credeva sarebbe aumentata ha lasciato molto a desiderare.