Nadar, pseudonimo di Gaspard-Félix Turnachon, è stato un grande pioniere della fotografia. Nato a Lione nel 1820, studia lettere, disegno e teatro e dal 1942 si occupa di giornalismo, poi si dedica anche agli studi di medicina. Dopo essersi trasferito a Parigi, intraprende la carriera di caricaturista e lavora come giornalista per alcuni giornali di satira quali La Silhouette, Charivari e Journal pour rire. Pubblica un romanzo ma, allo stesso tempo, si dedica al teatro. La vita di Nadar è costantemente afflitta dai problemi economici e proprio per questo motivo, su consiglio di alcuni amici stretti, tra cui Degas, Baudelaire e Manet, Gaspard-Félix Turnachon inizia a occuparsi di fotografia.
In questi anni, la fotografia è una professione che si sta espandendo sempre più, soprattutto dopo che la tecnica del collodio ha reso più semplice, efficace e a buon mercato il procedimento fotografico. Nadar inizia così a prendere lezioni da Camille d’Arnaud e nel 1852 apre il suo primo studio, in Rue Saint-Lazare 113, assieme al fratello Adrien, anche se quest’ultimo poi ne aprirà uno tutto suo.
A partire dal 1853 fino al 1860, Nadar si occupa anche di aeronautica e con una mongolfiera – negli anni ne fa costruire diversi modelli – vola sopra Parigi per trascorrere il suo tempo libero. Seppur non per merito delle sue fotografie, ottiene una grossa fama nel 1854 grazie a una grande e complessa litografia, il Panthéon Nadar, dove sono raffigurati 280 personaggi famosi in modo caricaturale; tra questi ci sono Balzac, Lamartine e George Sand.
Due anni dopo Nadar ottiene il brevetto di aeronauta e, proprio durante uno dei suoi voli in mongolfiera, riesce a realizzare alcune immagini nitide e soddisfacenti. Questo risultato non è facile da ottenere; la causa del ricorrente difetto di annebbiamento dell’immagine era un fenomeno chimico, che si determinava sulle lastre al collodio, quando Nadar, sul fondo del canestro della mongolfiera trasformata in camera oscura, procedeva alla loro preparazione, mentre l’idrogeno del pallone usciva dalla valvola durante le varie manovre, scrive Italo Zannier nel suo Occhio della fotografia.
Al cerchio dell’aerostato è appesa la tenda impermeabile al più piccolo raggio diurno col suo doppio involucro arancione e nero. Il piccolissimo lucernario di vetro giallo afotogeno mi dà la luce necessaria […]. L’obiettivo fissato verticalmente è un Dallmeyer, è detto tutto, e lo scatto della ghigliottina orizzontale che ho ideato (ancora un brevetto!) per aprirlo e chiuderlo di scatto, funziona impeccabilmente, racconta Nadar nel suo Quando ero fotografo. La prima fotografia aerea riesce, quindi, per un caso fortuito. Dopo un atterraggio forzato a Bicētre vicino Parigi, Nadar è costretto, per risalire, a chiudere la valvola dell’idrogeno; dato che il freddo ha ridotto il volume del gas del pallone, le lastre non subiscono l’alterazione.
Sempre più spesso Nadar viene chiamato, con grande ironia, ma anche entusiasmo, il “Tiziano della fotografia” per i vivaci, morbidi ritratti eseguiti sotto il lucernario del suo atelier, opportunamente rivolto a Nord, e che sembra offrirgli una luce molto favorevole e reale, quasi come se ci si trovasse a passeggiare per la strada, racconta ancora Zannier. La sua passione per l’ascensione in pallone non si ferma mai e, infatti, nel 1862 realizza, dalla sua mongolfiera, alcune stereofotografie di Parigi che sono anche le prime della storia.
Nel 1863 fonda la rivista L’Aéronaute, volando da Parigi a Lione, Bruxelles, Amsterdam, sempre con l’apparecchio fotografico con sé. Costruisce poi un pallone che gli permetterà di portarsi dietro non soltanto l’attrezzatura fotografica, allora pesantissima, ma anche quindici persone. Saranno centomila le persone che assisteranno a questo primo volo anche se il pallone, dopo essersi alzato in volo, va purtroppo fuori rotta e deve atterrare. È comunque un’impresa memorabile, tanto che Verne, amico di Nadar da qualche anno, nel 1865 assegna il nome Ardan – anagramma di Nadar – al protagonista del suo libro Dalla Terra alla Luna.