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Manfredi richiama gli uomini di de Magistris: ma non era tutto un disastro?

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
7 Gennaio 2022
in Il Fatto
Tempo di lettura: 3 minuti
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Sono trascorsi appena cento giorni dalla nomina di Gaetano Manfredi a sindaco della città di Napoli, circa tre mesi di una gestione comunale in chiaroscuro, tutt’altro che rivoluzionaria rispetto alla precedente amministrazione. L’ex Ministro dell’Università, dopo aver trascorso l’estate a criticare aspramente qualunque aspetto dell’operato del suo predecessore, sta adoperando strategie e manovre che non solo non segnano il passo rispetto a quanto da lui contestato, anzi, per certi versi, restituiscono (involontariamente) alla sindacatura di Luigi de Magistris contezza dell’azione governativa e la credibilità a cui si intendeva minare.

L’enorme disastro finanziario attribuito all’ex magistrato non ha frenato, innanzitutto, Manfredi dal ringraziare il governo per il provvedimento che ne triplicava gli emolumenti, tantomeno ha scoraggiato il Rettore ad assumere un city-manager e a gratificarlo con uno stipendio di circa 300mila euro (con tanto di modifica ad hoc del regolamento comunale per procedere alla nomina). Provvedimenti quantomeno discutibili per un Comune in pre-dissesto e un Sindaco che sulla situazione delle casse comunali ha basato gran parte della propria propaganda.

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Se, però, si vuol far finta di giustificare l’enorme esborso richiesto da Manfredi con il finanziamento di oltre un miliardo di euro ricavato dal dialogo ritrovato con le forze parlamentari (non contando nemmeno che il suddetto prestito verrà restituito con la vendita di parte del patrimonio e, inevitabilmente, con tasse comunali più alte), risulta ben più difficile sorvolare sulle nomine che il Sindaco sta deliberando per i ruoli chiave dell’amministrazione della città e che fanno capo, quasi per intero, agli uomini dell’ex Primo Cittadino, de Magistris.

Dopo aver riconfermato il comandante Ciro Esposito a capo della polizia municipale, Gaetano Manfredi ha pensato all’ex capo di gabinetto della giunta arancione, Attilio Auricchio, per dirigere la cabina di regia che provvederà alla bonifica e al rilancio dell’area ex Italsider, in quel di Bagnoli, una delle battaglie (vittorie!) manifesto della sindacatura di de Magistris. Una mossa a sorpresa per alcuni, ma non per chi ricorda le recenti dichiarazioni dello stratega, braccio destro dell’ex magistrato, che durante la scorsa campagna elettorale rilasciava le seguenti dichiarazioni: «Mi fregio di una amicizia personale con Manfredi. Ho piacere che lui vinca, lo dico da uomo di sinistra. Credo sia il miglior sindaco in questo momento. Abbiamo avuto qualche scambio di vedute con Gaetano quando era titubante sulla sua candidatura. Non dico di averlo convinto […]».

A chi gli chiedeva di un suo eventuale incarico in una amministrazione targata Manfredi, Auricchio replicava: «Non sono il tipo che si propone o si candida a fare cose. Ho le mie capacità: se servono e sono utili, si fa una valutazione». Il caso vuole che quelle capacità che lo misero in rotta di collisione con de Magistris oggi tornano utili alla causa dell’ex Rettore della Federico II. A questo punto, però, poco importa se la rottura di ormai due anni fa tra il tenente colonnello dei carabinieri e Luigi de Magistris sia da rileggersi come il prologo di questo nuovo capitolo della carriera di Auricchio, ben venga che il neo Sindaco abbia cambiato idea rispetto ai dieci anni che hanno preceduto la sua elezione (come le recenti mosse danno ad intendere). Ciò che importa, a Napoli e i napoletani, è la capacità dell’ex capo di gabinetto, e se tale e bizzarro sodalizio porterà a dei risultati concreti.

Il retrogusto – sempre un po’ amaro – che questa vicenda si porta dietro sta nell’atteggiamento di quanti erano a servizio della precedente amministrazione e ne minavano alle fondamenta perché già al lavoro per questa nuova esperienza, consci della prossima disfatta dell’esperienza demA. Auricchio, infatti, non è il solo segno di continuità della giunta Manfredi con la vecchia sindacatura. L’ex Ministro, nei giorni scorsi, ha provveduto a nominare i manager che lavoreranno al rilancio di Napoli, come da lui sbandierato a destra e a manca, con la complicità del Presidente De Luca. Chi si aspettava la rivoluzione resta oggi quantomeno perplesso, per non dire deluso. Su ben trentuno nuovi incarichi, le riconferme sono state addirittura venticinque, solo sei le new entry, non abbastanza per chi, a settembre, ha voltato le spalle all’esperienza arancione aspettandosi un deciso cambio di passo.

Troppo poco, certo, per stilare un primo bilancio negativo dell’esperienza a Palazzo San Giacomo dell’ex Ministro dell’Università, tuttavia un tempo sufficiente ad analizzare le mosse con cui Manfredi sta gestendo una macchina amministrativa dagli equilibri precari e dalla natura multiforme, un tempo sufficiente a restituire l’onore delle armi a chi ha combattuto fino alla fine contro nemici e serpi in seno, un tempo sufficiente a non riscontrare il cambio di passo di cui la città ha bisogno, un tempo sufficiente a riconoscere logiche di palazzo che con difficoltà erano state allontanate dagli ingranaggi della politica cittadina e oggi sembrano tornare a oliarne le ruote.

Prec.

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