Lourdes Grobet Argüelles, fotografa contemporanea, è nota per i suoi scatti di lottatori messicani Lucha Libre. È nata nel 1940 a Città del Messico da una famiglia svizzero-messicana. Dato che il padre era campione nazionale di bicicletta, Grobet ha trascorso la sua infanzia a contatto con la palestra, restando affascinata da questo mondo di uomini e donne sportivi. Inoltre, in quegli anni la televisione aveva iniziato a trasmettere gli incontri di wrestling e, nel corso del tempo, il suo interesse in tal senso è cresciuto sempre di più.
Prima di dedicarsi alla fotografia, Grobet ha sperimentato la pittura, tuttavia soltanto scattare foto le ha permesso di esplorare il mondo dei Lucha Libre e trascorrere del tempo approfondendo la conoscenza dei luchadores, i lottatori. Per l’epoca non è stato facile essere accettata in un ambiente del genere, perlopiù maschile. Del resto, nessuno aveva mai visto una donna scattare fotografie a lottatori di wrestling.
Quella che viene da lei chiamata cultura della maschera, questi luchadores, racconta di un mondo che non si sa se fosse reale oppure no. Celare il proprio volto e nascondere, così, la propria identità è parte del “gioco” ed è per questo motivo che Grobet ha deciso di approfondire il tema in relazione alla cultura messicana, tra cui l’utilizzo dei colori (elemento che l’ha spinta a scattare sia in bianco e nero che a colori) e i rituali.
Lourdes Grobet non si è limitata, però, a scattare immagini soltanto dentro al ring, ma si è avvicinata ai lottatori anche fuori. Il suo scopo era quello di dimostrare che anche queste persone avevano una vita normale. Il suo racconto ha avuto inizio negli anni Ottanta, demistificando gli atleti di punta senza sminuire l’inquietudine che li contraddistingueva. I lottatori, sia maschi che femmine, venivano da lei chiamati la doble lucha, o la lotta a due vie, e sono stati fotografati spesso in ambienti intimi e persino disposti come per un banale ritratto di famiglia o, ancora, mascherati con costumi fantastici. Nel corso degli anni si è avvicinata a tantissimi lottatori tra cui: El Santo, Blue Demon, Mil Mascaras, Sagrada, Octagon, Misioneros de la Muerte, Los Perros del Mal e Los Brazos.
Il suo lavoro è stato particolarmente influenzato da Mathias Goeritz, lo scultore polacco di Danzica, e da Gilberto Aceves Navarro, un maestro messicano dei murales, che furono i suoi insegnanti. Inoltre, Lourdes Grobet ha lavorato alle immagini di El Santo, uno dei più importanti lottatori messicani, nonché un eroe di Lucha Libre che ha recitato in più di cinquanta film. Dal 1975 ha pubblicato più di 11mila fotografie di questo sport in quanto parte importante della cultura popolare messicana, adottando un atteggiamento sociologico.
All’inizio della sua carriera è stata parte di un gruppo chiamato Consejo Mexicano de Fotografía (Consiglio Messicano di Fotografia), formato da Pedro Meyer nel 1977, dedito alla promozione e all’innovazione dell’arte fotografica in Messico. La sua partecipazione a questo gruppo ha dato nuova vita alla fotografia nel Paese e ha portato alla nascita di un movimento chiamato Grupos.
Lourdes Grobet si è purtroppo spenta lo scorso 15 luglio, ma ha lasciato al mondo oltre cento mostre delle sue fotografie, sia collettive che personali. Ha esposto il suo lavoro al festival London Mexfest nel 2012 e ha vinto un premio alla Seconda Biennale di fotografia d’arte. Nel 1975, per la mostra Horay y media, ha trasformato una galleria in un laboratorio fotografico. Nel 1977 ha presentato Travelling, una mostra di fotografia su scala mobile. Tra le altre opere, ha realizzato: Paisajes pintados, Teatro campesino, Strip Tease.
Nel suo libro del 2005 Lourdes Grobet, ha scritto: ha usato questa esperienza fotografica come un processo induttivo per comprendere o “vivere” la realtà (o le realtà) piuttosto che illustrare certe idee preconcette. Non ha paura di utilizzare linguaggi diversi (a volte contraddittori) a sua disposizione per parlare della sua particolare esperienza e punto di vista, sacrificando così il purismo formale. A modo suo, Grobet riesce a usare la fotografia per relazionarsi con se stessa, per relazionarsi con noi e per agire nella realtà problematica che è il Messico.