Come spesso mi capita quando lancio un sondaggio, vengo a scoprire cose di cui ignoravo l’esistenza: in questo caso, quasi a furor di popolo, salta fuori che Alessandro Baricco è l’autore più sopravvalutato del Paese. Quasi la totalità delle persone che hanno risposto al sondaggio mi ha confermato quest’idea. Eppure, io dico, considerate la sua popolarità e la montagna di royalties di cui gode, qualcuno li comprerà pure i suoi libri?
Ma andiamo con ordine: si parla sempre moltissimo di testi classici e/o contemporanei sulla bocca di tutti, di libri bellissimi, capolavori imperdibili e così via e però, meno spesso, si scoprono le carte e si ha la sincerità di dire che, tutto sommato, quel testo non è un granché. Ecco, in questo articolo, frutto delle opinioni lanciate grazie al sondaggio, scopriamo gli altarini e ce ne freghiamo del politically correct.
Ho intercettato una manciata di tendenze comuni: Baricco in prima battuta, come dicevo, Il giovane Holden e Il piccolo principe. Moltissime persone, alla domanda “qual è secondo te il libro più sopravvalutato di sempre?”, mi hanno dato queste tre risposte.
Per quanto riguarda il primo, ho notato che si fa confusione tra autore e persona: Baricco viene dipinto come un uomo insopportabile, vanaglorioso, snob e, dunque, quasi di conseguenza, lo scrittore diventa insopportabile, vanaglorioso e snob. Se dovessimo tenere separate le due cose, il risultato non cambia: comunque non piace nemmeno come autore. Mi sono stati citati Seta, Novecento, Oceano mare, ma soprattutto il primo testo ha suscitato grandi flame: chi lo definisce un capolavoro, chi un pezzo di carta. È probabile che l’opinione sia influenzata dalle dichiarazioni pubbliche dell’autore, come quella famosa in cui ha definito Il maestro e Margherita un testo incomprensibile. Insomma, per farla breve, al 99% dei miei follower Baricco non piace. Quell’1% restante lo difenderebbe a spada tratta anche nelle fiamme dell’inferno. Ad esempio: due delle mie lettrici hanno dichiarato amore eterno, un’altra ha confessato che Seta è stato causa di un blocco del lettore durato quattro anni. Cosa fanno i libri, eh?
Personalmente, come ho detto durante il sondaggio, Baricco mi lascia indifferente, nonostante io abbia letto molti suoi testi: Seta mi è piaciuto, gli altri meno. Ho smesso di leggerlo molti anni fa e va benissimo così.
Capitolo Holden: il romanzo di Salinger ha creato scompiglio. Come nel caso di Seta, qui si sono divisi i fan sfegatati che hanno minacciato rappresaglie e quelli che hanno dichiarato di trovarlo un libro sciapo e passabile solo se viene letto in adolescenza. Su Il piccolo principe invece il verdetto è stato unanime: non piace a nessuno. Incredibile che sia uno dei testi più venduti al mondo. Spoiler: non piace nemmeno a me.
Una quarta tendenza l’ho acchiappata sulla chiacchieratissima Elena Ferrante: Andrea si è dichiarato perplesso quando ha sentito che L’amica geniale era stato eletto miglior libro del XXI secolo, Anna invece si è sperticata in lodi descrivendomi minuziosamente perché crede sia un vero capolavoro. Riporto qui le sue parole a onor di cronaca: La sua storia è scritta molto bene, le cose raccontate in modo “personale”, cioè descrive alcuni dialoghi fra lui e le protagoniste, alcuni suoi pensieri, alcune sue vicende in maniera così vivida e reale che è impossibile che si sia inventata tutto di sana pianta. La percezione che ne ho io è di una signora che sta effettivamente raccontando la sua vita a te che non ne sai nulla, e mentre racconta rivive tutti gli episodi, se ne imbeve e se ne libera.
Francesca arricchisce il discorso: Elena Ferrante per me brava scrittrice, la saga l’ho letta con piacere, anzi l’ho proprio divorata. Il culto derivato non lo comprendo. La difesa a spada tratta della persona così come le discussioni sulla natura dell’essere uomo-donna mi stancano. Ripeto, una brava autrice, ma non ha apportato nulla di nuovo alla letteratura, perché alla fine di storie familiari ne è davvero pieno il mondo editoriale e soprattutto l’amicizia delle protagoniste è quanto di più tossico ci possa essere nei rapporti umani. Davvero eleggiamo a paladine due donne incapaci di essere felici l’una per l’altra, ma sempre pronte a essere invidiose e gelose della propria amica geniale?.
Bene, tolti i sassolini dalla scarpa, procediamo con i libri successivi: molti hanno citato Sulla strada di Jack Kerouac e La strada di McCarthy (a quanto pare, questa strada proprio non piace). Entrambi sono stati definiti piatti, “pesanti” o, peggio, “intollerabili”, con delle belle storie ma scritture non all’altezza. Stesso destino per Bukowski che, purtroppo, soffre di una patologia contemporanea molto grave: essere scelto come autore più citato in didascalie sotto le foto delle ragazze al mare, con la chiappa tesa. Charles, ci devi perdonare, ma le tue frasi a effetto sono irresistibili.
Altri libri nominati più volte: Il grande Gatsby, Che tu sia per me il coltello e i testi di Chiara Valerio. Andiamo con ordine: il romanzo di Fitzgerald ha suscitato più di un’indignazione. Gli viene contestato il fatto di essere un gran libro americano che, se paragonato ai testi dello stesso periodo europeo, scompare.
Cito le testuali parole di Roberto: Non è un libro brutto, ma è un testo che mi hanno sempre venduto come il capolavoro della vita, circondata dall’aura divina di Gesù Cristo, Buddha e un pizzico di Cthulhu. Non so, l’aspettativa mi ha fregato. Ho ritrovato un buon testo, con cose anche molto belle, però forse un po’ trite e ritrite. Mi è sembrato un po’ Dantès che arriva in ritardo, un risveglio tardivo quasi. Ammetto che parto da un astio verso gli americani (salvando la pace di Hemingway e di altri), ma mi sembra ingiusto che la storia consacri “Il grande Gatsby” dimenticando libri molto molto più forti. Ecco, Gatsby per me è come una squadra di calcio americana: magari in quel campionato ti distrugge pure, ma poi viene in Europa (Russia, Francia e Italia in particolare) e prende una bella serie di calci a quel posto. E quando ho sollevato che a me il libro piace, ma non sopporto la figura di Daisy, ha replicato ancora: Condivido pienamente, è un manichino totalmente inutile e infame. Non so, mi sarei aspettato una caratterizzazione migliore (o anche solo una caratterizzazione) da un personaggio tanto importante nel testo. Anche perché siamo negli anni di Margherita, e il secolo prima era uscita Bovary.
Capitolo Grossman: Che tu sia per me il coltello viene ritenuto sopravvalutato da più persone del sondaggio. Una di queste mi racconta perché: Noiosissimo, lento, una nenia. Si scrivono, scrivono, scrivono, parlano non arrivano mai al dunque. Lei sciapita, lui inetto, ma se incontro uno così nella vita due schiaffi per farlo riprendere non glieli leva nessuno. Dominica aggiunge: Questo lo avrei chiamato “Lettere e farneticazioni sentimentali da uno stalker”. Nella realtà Myriam avrebbe chiamato la polizia perché non c’è niente di romantico negli atti persecutori di Yair. E INVECE. Lei non solo è tranquilla sapendo di avere uno stalker nudo affetto da personalità multipla o disturbo bipolare sotto casa, ma gli corrisponde anche. Le lettere sono flussi di coscienza di due prigionieri della propria vita e della società in cui vivono e nessuno dei due arriva mai a toccare l’altro perché nessuno dialoga con l’altro, ma solo con se stesso.
E poi abbiamo Chiara Valerio: come per Baricco, qui autrice e persona si sono intrecciate. Le viene contestato di essere frivola, di far parte di un’élite, di essere una persona che scrive e non una scrittrice. Ad alcuni non piace il suo modo di parlare al pubblico, altri la adorano per lo stesso motivo. Personalmente non ho mai letto alcun testo di Valerio, quindi non posso pronunciarmi. Sottolineo, però, che, più che la qualità dei suoi testi, è stato contestato il personaggio. Destino simile lo hanno beccato Missiroli, Desiati, Moccia, Caminito e Panarello.
Procediamo con altri testi giudicati immeritevoli del successo che hanno raccolto: Follia di McGrath. Beatrice spiega: Noioso, banale, con un finale che cerca a tutti i costi di stupire attraverso un colpo di scena che non è assolutamente plausibile e quindi perde ogni valore di colpo di scena diventando semplicemente una cosa a caso. Curioso ma molto interessante, Leo che mi cita la Bibbia. È il testo più sopravvalutato di sempre? Chi può dirlo. Fatto sta che il dubbio sorge. Su Paolo Coelho invece tutti d’accordo: non piace per niente. Quando mi hanno citato Fight club di Palahniuk ho temuto la rissa, invece, a sorpresa, molti hanno convenuto che si tratta di un buon romanzo, ma non il migliore dell’autore.
Poco severi anche su Infinite Jest di Foster Wallace. Raffaella argomenta così: Non per il libro in sé (non sono mai riuscita ad arrivare a metà) ma perché penso sia sopravvalutato e scontato che si possa finire un libro così INFINITO, senza perdersi e avvilirsi. O semplicemente sono invidiosa di chi ha avuto più costanza di me. Questo è uno di quei casi in cui si fa finta, in pubblico, di aver letto un libro ma in realtà (nel segreto della propria camera) lo si è odiati: parlo proprio a voi, amici che avete detto di aver letto Ulisse di Joyce e Guerra e pace di Tolstoj. Non c’è niente di male ad ammettere di averli mollati o neanche iniziati. Sono testi molto lunghi e non facili, dunque dire la verità non farà di voi degli imbecilli.
Ora, tasto dolente: libri che non mi sarei mai aspettata di trovare in una lista del genere. Le notti bianche di Dostoevskij: non un vero e proprio romanzo, ma un racconto, citato da una persona sola. Siamo in un Paese democratico, dunque riporto anche l’opinione di Diego argomentata con garbo: Ho letto tutto di Dostoevskij, avidamente. “Le notti bianche” come tematiche è un Dostoevskij diverso, giovanile, spensierato, e quindi se qualcuno mi dice che è il miglior libro di Dostoevskij piango; poi però per quanto mi piaccia e a 18 anni mi abbia preso tantissimo (ancora oggi la mia “migliore amica” ha il nome di Nastenka sui suoi social perché l’ho coinvolta in questa mia follia e di fatto abbiamo replicato la storia con lo stesso epilogo) mi rendo anche conto che può tranquillamente sfociare nel “boom, sei stato friendzonato”. Per farla breve, secondo me è sopravvalutato nel momento in cui hai una certa età e una certa esperienza di lettura e metti “Le notti bianche” come libro boh tra i top 5. Non lo so, per me è come se fosse una fase superata della vita. Devo essere altrettanto onesta nel dire che a questa risposta si sono scatenati i cavalieri dell’Apocalisse. A quanto pare, e sono d’accordo, Le notti bianche non si tocca (e comunque l’utente non ha detto che è un brutto libro).
Stessa perplessità dei partecipanti quando Giulia mi ha citato Hemingway. Ora, è chiaro che nessuno sta dicendo che Hemingway sia sopravvalutato, ma la sua argomentazione abbraccia più una questione di stile e non di valore letterario assoluto. Ci dice: Devo premettere che c’è il mio gusto personale di mezzo: a me piace una scrittura vorticosa, pesante, labirintica, erotica, assurda, densa, isterica, impossibile. Hemingway, per me, ha uno stile un po’ troppo asciutto: io voglio annegare.
Ultimo ma non ultimo, Madame Bovary. Io amo moltissimo questo testo, quindi mi ha sorpreso scoprire che più di una persona lo ha trovato insopportabile. Laura racconta: Tre volte ho provato a leggerlo per intero e tre volte ho bestemmiato. Lei completamente fuori dalla grazia divina – una divinità qualsiasi, dal Dio cristiano a Zeus, per dire – lui un cretino. Non trovo un modo migliore per dirlo. In effetti è un po’ beccamorto anche lui. Mentecatto. Toh, guarda quanti sinonimi per un uomo solo. So di essere un’eccezione, vorrei riuscire ad apprezzarlo, ma secondo me è proprio uno di quei casi in cui c’è il libro bello che a te non piace. O magari è una questione di stile: fosse stato più corto, scritto in maniera più fulminea, magari sarebbe diventato il testo della mia vita.
Bene, siamo arrivati alla fine di questo articolo. Non temete, se vi siete avviliti arriverà anche un pezzo sui testi più sottovalutati di sempre. A questo proposito, per chi ha citato Stoner di Williams: un testo così divisivo credo non sia mai esistito. Io l’ho amato, ma moltissime persone, anche cari amici o amiche, lo hanno trovato scialbo.
E ora veniamo, come sempre, ai testi che io trovo sopravvalutati.
– Il nome della rosa, Umberto Eco: l’unico libro che non ho mai portato a termine. Caso unico della mia “carriera” da lettrice. Preso e ripreso più volte, ma mai finito.
– Gelo, Thomas Bernhard: un romanzo piatto, gelido, senza una vera storia. Probabilmente non è molto conosciuto, ma l’ho finito con enorme fatica.
– Melancholia, John Fosse: frastornante, folle (non in senso buono), quasi impossibile da seguire. L’effetto disorientante è sicuramente voluto, ma credo che qui si sia dimenticata una cosa importante: i libri sono fatti per essere letti, non ammirati. Respingente.
– Soffocare, Palahniuk: non lo so, amici, secondo me è un testo mediocre. Non è ovviamente una valutazione sull’autore, ma è un romanzo sciapo, un po’ sciocco, per nulla originale.
– Lady Lazarus, Sylvia Plath: non me ne vogliano i fan di Plath, ma a me non piace nulla di quello che ha scritto. Rispetto il suo dolore e la sua vita travagliata, ma le scritture “piangenti” mi fanno venire il latte alle ginocchia.
– Mentre morivo, William Faulkner: so che qui rischio il linciaggio, ma seppur breve, l’ho trovato un testo angosciante, freddo, sterile. Le voci che si alternano sono confuse. Preferisco altri suoi testi.