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Cos’è la destra, cos’è la sinistra

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
4 Giugno 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 4 minuti
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Cos’è la destra, cos’è la sinistra? Era il 1994, anno successivo al terremoto giudiziario che furono l’inchiesta Mani Pulite e lo scandalo Tangentopoli, oltre che della discesa in politica di Silvio Berlusconi con relativa prima elezione del Cavaliere, la Tv era ancora ipnotizzata dalle ragazze di “Non è la Rai”. Tempi ormai apparentemente lontani, ma bui, difficili, indelebili, che con i loro fatti di cronaca nera segnarono per sempre il destino del Paese.

La politica di quegli anni cambiò volto in maniera drastica, apparentemente irreversibile. Sparì, di fatto, il dualismo che aveva contraddistinto il decennio precedente, tra la DC e il Partito Comunista, a favore di una nuova moderata coalizione di centrodestra che si opponeva alle forze progressiste di sinistra.

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In quella confusione, figlia di un atteggiamento di sfiducia che la gente aveva assunto nei confronti dei suoi vecchi rappresentanti in Parlamento, un ancora dinamico e irriverente Giorgio Gaber interrogava il suo pubblico di E pensare che c’era il pensiero con la domanda Cos’è la destra, cos’è la sinistra?.

Il poliedrico cantautore, attore e commediografo originario di Milano non riusciva, nonostante un lungo elenco di cose e situazioni che catalogavano, a suo immaginare, le persone di uno o dell’altro schieramento, a sbrogliare l’intricata matassa che era la risposta a quel suo interrogativo senza tempo. Tuttavia, Gaber, come tutti i grandi artisti, riuscì a concentrare nelle proprie opere la storia, il presente e un lungo sguardo sul futuro.

La sua ballata, infatti, ancora oggi suona attuale nelle feste popolari, ancora interroga uno scenario politico incerto e in costante mutamento.

Cos’è, quindi, la destra, cos’è la sinistra? Siamo spiacenti, ma neanche al termine di questa lettura sarà chiara all’elettore la reale natura degli schieramenti odierni. 

Per provare ad analizzare ciò che accade alla politica di casa nostra, però, non si può evitare di partire da una triste considerazione: le ideologie sono quasi del tutto scomparse a favore di uno scopo che è spesso rintracciabile nel tornaconto dei proponenti, nel capitalismo garante dei potenti.

 

La suddetta crisi di valori ha certamente colpito in maniera più violenta le forze politiche ormai lontane parenti di quel PCI ancora rimpianto dai suoi tanti elettori. A dar retta a Tg e giornali, infatti, nell’area di centrosinistra si collocherebbe, innanzitutto, il Partito Democratico. Eppure, la sua incertezza identitaria è apparsa ben chiara nelle parole dell’ex Premier Matteo Renzi in merito ai voucher previsti dalla riforma del Jobs Act, a suo dire, un’operazione dell’ala di sinistra del PD. Risulta esserci, quindi, una sinistra nella sinistra. Che confusione, non è vero?

Nulla di più chiaro, in realtà. La crisi della sinistra è, infatti, imputabile solo e soltanto ai partiti che ancora si fregiano di questa nobile denominazione, seppur senza alcun titolo. Perché far sparire dai propri loghi progressivamente tutti i simboli in cui operai, lavoratori, classe media e centri sociali si sono sempre riconosciuti, come la falce e il martello, fino al colore rosso, rimpiazzati da ipocrite bandiere della pace e un arancione che sa tanto di presa per i fondelli? La risposta è da cercarsi, anche, nel preoccupante ritorno in auge della vecchia destra fascista, nel violento riaffermarsi delle campagne di odio gli uni contro gli altri che sempre vanno soltanto a scapito dei poveri, dei disperati, di chi, insomma, quella vecchia sinistra che fu di Gramsci, Pertini e Berlinguer, si faceva garante dei suoi diritti e portavoce delle sue speranze.

Perché per una sinistra che sbiadisce, che perde di vista i propri principi fondanti, c’è invece una destra che si riaffaccia, in barba alla Costituzione, alle formazioni che sconvolsero il Paese durante il ventennio a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Lega Nord, Fratelli d’Italia, Forza Nuova, Casapound e tanti altri ancora, sono gli odierni aizzatori di folle stanche e senza entusiasmo verso il futuro, nuovi banditori di odio e intolleranza, attraverso campagne elettorali in cui riaffiorano parole come razza, e che quasi incoraggiano atteggiamenti violenti.

Il Governo attuale, dal suo canto, non solo non sembra accorgersi del preoccupante consenso che le camicie verdi-nere acquistano anche in una fetta di elettorato che soltanto fino a pochi anni fa guardava ad altri lidi, ma addirittura sembra sostenere i sistemi antidemocratici che i suddetti partiti auspicano anche in maniera più netta e violenta. Basti pensare all’utilizzo delle forze dell’ordine nelle manifestazioni libere di studenti e lavoratori, persone qualunque in dissenso con la politica delle lobby e degli interessi di pochi, oppure alla miopia con cui i nostri parlamentari guardano alle delicate vicende internazionali a pochi passi dai nostri confini.

“Cos’è la destra, cos’è la sinistra”. È nostalgia. Perché, come Gaber sosteneva, la sfiga è di sinistra e le battaglie è toccato, quindi, sempre farle dal basso, da sfavoriti. Ma si poteva farle, un tempo c’era una voce che accompagnava dentro e fuori dai palazzi le speranze di chi oggi è solo schiacciato dall’essere stronzi, dal demonio, che il cantante collocava… in fondo a destra.

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