«Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali.» miagolò Zorba. «Ora volerai, il cielo sarà tutto tuo». – È una pioggia che non avrà fine la scomparsa di Luis Sepúlveda, poeta, scrittore e attivista cileno. Ieri mattina, la sua battaglia con il coronavirus si è tragicamente interrotta.
Nato in Cile nel 1949, Luis Sepúlveda è stato il protagonista di un romanzo meraviglioso, una storia fatta di favole, teatro, viaggi e battaglie politiche: la propria esistenza. L’incipit della sua vita prese forma nella camera di un albergo nel quale i suoi genitori, anch’essi dissidenti politici, si rifugiavano. La sua avventura – un romantico mescolarsi di grazia e coraggio – lo vide arruolarsi tra le fila della guardia personale del Presidente Salvator Allende, motivo per cui fu catturato e torturato da Pinochet fino al suo esilio, ottenuto per le forti pressioni internazionali condotte da Amnesty International.
In Ecuador, dove si stabilì mentre tentava di raggiungere l’Uruguay, riprese a fare teatro, un amore sbocciato già in patria, quando si era diplomato regista. Raggiunse la Germania e l’Europa, per poi solcare i mari a bordo delle imbarcazioni di Greenpeace dal 1982 all’87, dunque, si stabilì in Spagna nel 1996, nelle Asturie. Tutto quanto è accaduto a cavallo di questi anni, e successivamente, è una produzione di poesie, racconti, favole e romanzi che hanno ispirato e commosso intere generazioni, donne, uomini, ragazzi, amici, compagni, che oggi ne piangono la mancanza.
Luis Sepúlveda fece breccia nei cuori dei lettori internazionali e italiani con il suo libro Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, pubblicato nel nostro Paese nel 1993. L’apice del successo come scrittore, però, lo raggiunse pochi anni più tardi, quando il testamento di ciò che era il suo spirito gentile e rivoluzionario si rivelò nelle pagine di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, pubblicato prima dalla casa editrice Salani, poi da Guanda, che ne ha curato tutte le opere successive, favolistiche e non.
Come soltanto i poeti, Sepúlveda sapeva parlare a chiunque, ispirare e travolgere. Non si negava mai a un sorriso, una stretta di mano, a un’occasione per rispondere alla responsabilità che sentiva di lasciare in dono la propria esperienza al suo pubblico. Giovani lettori, attivisti politici ed ecologisti – quella per l’ambiente era stata l’ultima grande battaglia a cui si era dedicato – romantici e viaggiatori, nessuno che si fosse mai imbattuto in una sua opera, intervista o manifestazione pubblica, ha potuto fare a meno di seguirne la luce.
Il mondo, così com’è, non aveva mai soddisfatto il suo istinto di uguaglianza e giustizia, mai appagato la propria natura da militante. «Sogno un futuro in pace, un futuro di amicizia, un futuro senza la minaccia costante del più forte. Questo futuro utopico, ma io credo che questa utopia è possibile». Un’utopia possibile che – non a caso – Sepúlveda affidava al mondo animale, laddove i messaggi di speranza, solidarietà, crescita e comunità che non riusciva a riscontrare negli uomini avevano modo di trovare ricchezza.
«Sepúlveda è stato un grande scrittore popolare, nel senso più nobile del termine. Uno scrittore anche molto versatile, dalla narrativa tradizionale è passato alle favole. Alla sua attività di scrittore si univa la forza dell’intellettuale. La sua parte di combattente che era forte ancora oggi. E non vedeva un miglioramento nel mondo, sia per quello che stava succedendo in America Latina, sia in Europa, viveva in Spagna. Non gli sembrava che a livello di giustizia sociale e civile ci fossero passi avanti, anzi passi da gambero. È importante che un autore così popolare si schierasse in maniera così decisiva». Le parole del direttore del Salone del Libro di Torino, lo scrittore Nicola Lagioia, ben fotografano il vuoto che il mondo della letteratura ha avvertito alla diramazione della triste notizia.
L’agio della poltrona dell’intellettuale, ormai, di successo, gli è stato scomodo fino all’ultimo giorno, quando in Portogallo per una fiera letteraria, ha avvertito i primi sintomi della malattia che l’ha strappato alla vita. Anche nella sofferenza, Sepúlveda ha lasciato, così, un nuovo messaggio, un altro abbraccio a quella cultura che esplorava e amava in ogni sua forma.
Buon volo, coraggioso pensatore. A noi, oggi, in compagnia di Zorba e di Fortunata, tocca la pioggia.
