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Un governo (schizofrenico) di stagisti: intervista a Domenico De Masi

Antonio Salzano di Antonio Salzano
21 Gennaio 2024
in AZETA di Antonio Salzano, Interviste
Tempo di lettura: 4 minuti
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Il sociologo Domenico De Masi è oggi a Napoli dove alle 18, presso la Feltrinelli di Piazza dei Martiri, presenterà con Mauro Calise, Diego De Silva e Raffaele Savonardo il suo ultimo libro, Il mondo è giovane ancora. Abbiamo colto l’occasione per rivolgergli qualche domanda dopo aver letto alcuni suoi giudizi sul governo nel corso di un’intervista rilasciata all’HuffPost Italia. Per i nostri lettori romani, invece, segnaliamo la presentazione del libro di De Masi alla Feltrinelli presso la Galleria Alberto Sordi domani alle 18.

In una recente intervista Lei ha avuto parole molto dure nei confronti dell’attuale esecutivo: Di Maio e Salvini vanno avanti per prove ed errori. Stanno facendo stage. Ma con l’Italia. Da docente di lunga e grande esperienza che voto darebbe ai due stagisti da 0 a 10?

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«I fatti sono inequivocabili: quasi nessuno degli attuali ministri e sottosegretari aveva già ricoperto cariche del genere nelle precedenti legislature. Tra i deputati e i senatori molti sono giovanissimi, al loro primo lavoro, e molti sono privi di laurea. Il Premier non aveva mai svolto attività politiche e assunto incarichi di questo tipo, eppure, appena quindici giorni dopo la sua nomina, ha rappresentato l’Italia al G8 in Canada, sedendo al tavolo delle trattative con personaggi navigati come la Merkel, Putin, Trump e Macron. Questo significa, appunto, procedere per prove ed errori. La democrazia, che è l’organizzazione statale meno imperfetta, consente che ciò accada. Ma, quando accade, occorre esserne consapevoli e prendere le opportune precauzioni: ogni policy maker deve essere assistito nei suoi processi decisionali da specialisti di sicura esperienza e onestà.»

Non ritiene che questa coalizione, questo patto o contratto, come tengono a definirlo, penalizzerà sensibilmente il M5S e favorirà una forza come la Lega che al governo per quasi vent’anni con Berlusconi non è andata mai oltre modeste percentuali e ora sembra proiettata a diventare primo partito del Paese?

«In tempi non sospetti – 11 maggio scorso – in un’intervista a Il Manifesto, dissi che con il contratto 5 Stelle-Lega si sarebbe creato il governo più di destra della storia dell’Italia repubblicana e quello più a destra dell’Unione Europea. In due anni Salvini si mangerà i 5 Stelle. Quando dicevo queste cose, i pentastellati erano al 32% e la Lega al 17. Sono passati otto mesi e i grillini sono al 25 mentre Salvini al 35. Mi ero sbagliato prevedendo che questo governo sarebbe stato il più a destra della nostra storia repubblicana: in realtà sarà quello più a destra (decreto sicurezza) e quello più a sinistra (reddito di cittadinanza). Cioè, il più schizofrenico.»

Lei è stato molto critico sul reddito di cittadinanza così come strutturato. Ritiene possa favorire l’inserimento nel mondo del lavoro? Ma in che modo se non si creano i presupposti per favorire la crescita e, quindi, l’occupazione?

«In termini tecnici il reddito di cittadinanza è un sussidio dato a tutti i poveri e i disoccupati, a prescindere da ogni altra condizione. Dunque, è un reddito che viene erogato senza l’intralcio dell’apparato burocratico mastodontico necessario per appurare le varie eventuali condizioni. Può sembrare assurdo perché ne fruirebbero anche i disoccupati non poveri, ma la cifra a essi destinata sarebbe comunque inferiore a quella necessaria per mantenere l’apparato burocratico. Inoltre, si risparmierebbe molto tempo  e, come si sa, i poveri hanno bisogno di aiuti rapidi perché debbono sfamare se stessi e i loro figli giorno per giorno. Questo appena varato, invece, è un reddito di inclusione. Nel 2014 i 5 Stelle presentarono un progetto di legge in proposito, chiamandolo impropriamente reddito di cittadinanza, che destinava alcune centinaia di euro ad alcuni milioni di poveri. Ma non fece passi avanti in Commissione. In vista delle elezioni, il governo Gentiloni approvò un REI ricalcato su tale proposta di legge, ma limitato a 1.2 milioni di persone cui destinava 220 euro ciascuna. Ora i pentastellati hanno allargato il REI a 5 milioni di persone, lo hanno elevato a 780 euro ciascuna e lo hanno chiamato impropriamente reddito di cittadinanza. E questo reddito non ha come obiettivo l’occupazione ma la povertà. Ci sono poveri che lavorano ma guadagnano poco e perciò hanno bisogno di un sussidio aggiuntivo, e ci sono poveri – bambini, vecchi, invalidi – che non possono lavorare. Per la precisione, dei 4 milioni 917mila poveri cui è destinato l’attuale RdC, 2 milioni 919mila non hanno bisogno di lavoro perché 1 milione 260mila è già occupato; 990mila sono minori di 15 anni e 669mila sono inabili o hanno più di 65 anni. Dunque, solo 1 milione 998mila poveri è potenzialmente occupabile. Comunque occorre un’organizzazione capace di analizzare circa 5 milioni di domande, vagliare le varie condizioni necessarie per accedere al RdC, organizzare i corsi di formazione, offrire posti di lavoro, ecc. Tutto questo richiede una rete di centri per l’impiego pari a quella, efficientissima, della Germania dove gli addetti sono 111mila e la spesa annua per mantenere questo apparato è di 12 miliardi. Attualmente i centri italiani per l’impiego si servono di 9mila persone e costano 850 milioni.»

Durerà tutta la legislatura o le sorti di questo governo saranno legate ai risultati delle prossime Europee?

«Salvini ha tutto l’interesse a spolpare il MoVimento 5 Stelle tenendolo suo prigioniero politico il più a lungo possibile. Ma, se alle Europee avesse un successo travolgente, sarebbe tentato di far saltare il tavolo e arrivare – con o senza elezioni – a un governo diretto da lui stesso in prima persona. A quel punto l’Italia verrebbe consegnata a un esecutivo autoritario come quello di Orban o di Bolsonaro.»

Un’ultima domanda: Salvini e Buonafede hanno mostrato il trofeo Battisti, andando anche oltre ogni protocollo istituzionale, come vittoria di questo governo. È proprio così?

«L’aereo che portava Battisti dalla Bolivia in Italia, prima di atterrare a Ciampino, per forza di cose è passato sulla Sardegna, dove c’è il carcere di Oristano cui Battisti era destinato. Perché il prigioniero non è stato sbarcato direttamente sull’isola ma è stato portato fino a Roma per poi essere riportato indietro? Chi ha organizzato questo viavai apparentemente insensato? Perché? Chi ha pagato il carburante e le altre spese che questa farsa ha comportato? Per ricevere un detenuto, sono andati a Ciampino due ministri, dunque, se arrivasse la salma di un soldato morto eroicamente in Afghanistan, andrebbe ad accoglierla l’intero Parlamento?»

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