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Una schifosa (e preoccupante) tifoseria di guerra

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
4 Giugno 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 3 minuti
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Il mondo intero è in guerra, altro che periodo di pace. Il fatto che aerei carichi di esplosivo non svolazzino sopra le nostre teste occidentali, impegnate costantemente a controllare lo smartphone, ci induce erroneamente a credere il contrario. Eppure, ad allargare appena i propri orizzonti, ci si rende facilmente conto di quanto il pianeta sia sconvolto quotidianamente da bombe e atti di violenza straordinaria che, nella maggior parte dei casi, decimano popolazioni di civili in ogni continente conosciuto.

Il Vicino e Medio Oriente sono forse le zone che più avvertono queste forti tensioni internazionali, oltre che crude battaglie interne ai singoli Stati. Dall’Afghanistan depredato da Bush, all’Iraq delle armi chimiche fantasma, dalla Libia, fino alla Siria, ultimo terreno di guerra a riempire le cronache quotidiane, le popolazioni delle ricche terre di petrolio e cultura non sono più in grado di affermare di conoscere le condizioni di quella vita che noi ancora possiamo definire “normale”.

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Non è da meno il territorio africano con le sue sanguinose guerre civili e  con le diverse zone del continente quotidianamente vittime di attacchi terroristici ben più atroci – in termini di morti – di quelli che siamo abituati a commentare nei nostri confini.

A tenere banco, però, sono soprattutto le mai risolte questioni che vedono coinvolti gli Stati Uniti da un lato e la Russia dall’altro. Dopo il termine della Guerra Fredda, infatti, le due nazioni più potenti del globo non hanno di fatto smesso di appoggiare territori strategici nei luoghi sopracitati, al fine di controllare zone chiave del mercato petrolifero, minerale e aureo della Terra. È il caso proprio della Siria, o della Turchia di Erdogan – anch’essa ben presente tra le news in prima pagina – della Cina o della Corea del Nord.

E proprio quest’ultima, la dittatura di Kim Jong-un, monopolizza, da diverse settimane, gli spazi principali di giornali e tg, con la tensione creatasi con Donald Trump salita fino a livelli di preoccupante allerta. È notizia di questi giorni, infatti, che l’autocrate asiatico non abbia ben visto l’avvicinamento delle navi americane al suo territorio, e abbia, di fatto, annunciato una guerra nucleare che potrebbe svilupparsi in tempi brevi. La situazione politica, fuori dai confini europei, appare pertanto instabile e fortemente a rischio. Il nuovo Presidente a stelle e strisce, con l’escalation di operazioni militari cominciate con il bombardamento in Siria alle basi di Assad, poi proseguite con il lancio della MOAB in Afghanistan, fino, appunto, alla marcatura a uomo della Corea del Nord, ha lanciato il suo forte messaggio agli elettori e al mondo intero: “Gli USA ci sono, hanno muscoli forti e non hanno paura di come metterli in mostra.”

Tutto lascerebbe pensare a un terzo conflitto mondiale pronto a iscriversi alle pagine della storia, eppure, dando un’occhiata ai social network o alle pagine dell’ANSA che continuamente propone aggiornamenti in merito alle differenti questioni, il rischio non sembra preoccupare l’utente medio, anzi, lo esalta.

L’idiota da tastiera indossa la sciarpa come la domenica allo stadio per poi scendere in campo con slogan degni della peggiore delle tifoserie di provincia, capeggiato a distanza dallo sciacallo di turno in campagna elettorale. Basta scorrere appena i commenti che ci si imbatterà in assurdità del genere: È il momento che Trump faccia capire al cicciobombo chi comanda; due missili sul bambolotto e ce lo siamo tolto dalle palle. E così via, il tono è sempre lo stesso. Non manca, ovviamente, la curva opposta, che a provocazione risponde: Trump vuole la guerra? E guerra sia!; Trump pensa di poter fare il c***o che gli pare in tutto il mondo. Chi è per decidere degli Stati altrui? 

Sono passati appena settant’anni dal cessate il fuoco successivo all’orrore dei lager, a Pearl Harbor, alle bombe su Hiroshima e Nagasaki. I sopravvissuti a quelle atrocità sono ormai anziani, molti, troppi, non ci sono più. Con loro sta sparendo la memoria, la voglia e la necessità di queste nuove generazioni di tenerla ancora viva, affinché essa non possa ripetersi. I reduci sembrano scomparire, le loro testimonianze passare altrove, non lasciano traccia, e il potere, con quei suoi subdoli giochi di terrore torna a espandersi, a occupare gli spazi sotto pelle della gente che più non ascolta, che tanto velocemente, quanto un like su Facebook, cambia idea e parteggia per uno dei galli gettati nell’arena, senza dar  peso alle possibili conseguenze.

La guerra, però, non ha mai presentato il conto a chi l’ha proposta allo scacchiere del mondo, ma sempre e soltanto ai civili, alle pedine di questo gioco che un gioco non è mai stato. Anche se a qualcuno, che simpatizzi per il parrucchino arancione, per il cicciobombo, o per il sempreverde, durissimo Putin, sembra non interessare.

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