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Pregiudizi legati al genere nell’ADHD

Martina Benedetti di Martina Benedetti
4 Aprile 2024
in Bisturi
Tempo di lettura: 3 minuti
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Nella nostra società emerge, sempre di più, il concetto di medicina di genere e in questa ottica è necessario migliorare la possibilità di riconoscimento precoce dell’ADHD nelle bambine. Ciò può avvenire puntando i riflettori sulla diversità dei sintomi per la diagnosi rispetto alle manifestazioni nel sesso maschile.

Ma che cosa è l’ADHD? L’acronimo sta per Attention Deficit Hiperactivity Disorder e indica una durata scarsa o breve dell’attenzione e/o una vivacità e impulsività eccessive non appropriate all’età del bambino, che interferiscono con le funzionalità o lo sviluppo. Si tratta di un disturbo neuro-evolutivo, non di un disturbo comportamentale, sebbene gli infanti con ADHD, spesso, si comportino in modo iperattivo e impulsivo.

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Perché l’ADHD è diagnosticata più frequentemente nei maschi rispetto alle femmine? La spiegazione è che si manifesta diversamente nella popolazione femminile. Una popolazione, anche in ambito medico, evidentemente meno osservata e attenzionata rispetto a quella maschile.

Mentre nei maschi la tendenza è quella di essere impulsivi e iperattivi, le femmine presentano il tipico sintomo da deficit di attenzione. Diversamente dai bambini, cercano di non rendere manifesto questo loro disturbo. Ecco perché nelle bambine spesso i sintomi passano del tutto inosservati. Inciderebbero sulla sotto-diagnosi anche fattori culturali e sociali legati alla credenza che ADHD sia la malattia del bambino maschio. Questi si chiamano pregiudizi di genere, dall’inglese gender health gap, e sottostimano la diagnosi di ADHD nelle bambine.

Nelle femmine l’ADHD si manifesta soprattutto con uno stato di agitazione interiore e gravi deficit di attenzione. L’iperattività presenta incidenza minore rispetto ai maschi. Le bambine tendono a essere più introverse e possono sviluppare sintomi depressivi, fobie, disturbi del comportamento alimentare. Il riconoscimento precoce è quindi fondamentale e con una migliore conoscenza dei sintomi che presentano le bambine è possibile eseguire screening e test più mirati.

Oggi stiamo facendo dei grandi passi anche sulla cultura dei “ruoli di genere”. La società, per sua natura, tende a intrappolare la donna in ruoli che potrebbero incidere sui sintomi dell’ADHD. Segni e sintomi comuni sono, infatti, il sentirsi disorganizzate, caotiche, fuori controllo nella vita quotidiana insieme a scarse capacità di pianificazione e strutturazione, indecisione, disregolazione dell’attenzione, delle emozioni e del comportamento. Ciò può significare difficoltà nel gestire lavoro, famiglia e figli. Conseguentemente avviene la stigmatizzazione sociale al ruolo di “cattiva moglie”, “cattiva madre” e così via.

Tra i sintomi dell’ADHD nella donna troviamo, molte volte, proprio la bassa autostima. Ci si aspetta che una donna controlli le proprie emozioni e il caos o l’essere “fuori controllo” non sono associati all’immagine femminile stereotipata nella società. Gestione e ordine sono sia parole attribuite alle donne che parole profondamente in contraddizione con le caratteristiche ADHD.

Nelle donne l’ADHD viene spesso diagnosticato come disturbo dell’umore e della personalità o addirittura non viene diagnosticato sino a che uno dei figli non riceve una diagnosi oppure i problemi legati ad attenzione, organizzazione, iniziazione e ritorno a un compito dopo l’interruzione aumentano dopo la nascita di un figlio.

Anche le scale di valutazione standard dell’ADHD, test diagnostici e quiz che misurano i sintomi sono spesso sbilanciati verso i tratti più visibili e, spesso, associati alle presentazioni maschili del disturbo. Una donna con ADHD potrebbe essere respinta nella sua diagnosi poiché non rientrante nello schema “iperattivo”. Abbiamo già detto che le donne, spesso, mascherano i loro sintomi per paura di essere etichettate. Questo può ostacolare la diagnosi e molte volte il soggetto in questione nemmeno se ne accorge.

Fondamentale è concentrarci e improntare il futuro sulla medicina di genere. Questo per poter studiare quanto e come differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) incidano sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.

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