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Ore di fuoco per i 5 Stelle. La senatrice Bottici: «Renzi? Una follia»

Farouk Perrone di Farouk Perrone
18 Gennaio 2021
in Attualità
Tempo di lettura: 5 minuti
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Silenzioso, tutto chiuso nelle proprie stanze, riflessivo. È così che viene descritto a Mar Dei Sargassi il Senato da fonti vicine al MoVimento 5 Stelle, il partito di maggioranza che, insieme al Presidente del Consiglio, si sta giocando il tutto per tutto. Può sembrare un revival dell’agosto 2019, quando Salvini fece saltare il Conte 1 e il Premier si presentò in Parlamento per sfidarlo. Le cose, però, sono un po’ diverse: all’epoca, il professore poteva quasi certamente contare sulla fiducia delle Camere – ricordiamo che nel mezzo di quel pomeriggio di fuoco la Lega ritirò la mozione di sfiducia – e, soprattutto, se l’alternativa fosse stata il voto, questo si sarebbe svolto in condizioni normali e non durante una pandemia.

Intanto, in un modo o nell’altro, siamo comunque arrivati all’ultimo giro: con le due ministre di Italia Viva dimessesi, o meglio, dimissionate dal loro capo – non una bella immagine, quella della conferenza stampa, per una Ministra delle Pari Opportunità –, un’opposizione che assiste passivamente allo show e la ricerca dei responsabili o costruttori, insomma, con la ricerca dei numeri, quelli necessari, che Conte verificherà di avere per andare avanti.

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Parliamo di questo e tanto altro con Laura Bottici, senatrice pentastellata e questore a Palazzo Madama, cioè il palazzo che ha e avrà tutti gli occhi puntati da qui a martedì. L’onorevole non ha dubbi nel definire Conte «il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi governi. Ha il pieno appoggio del MoVimento 5 Stelle» e, quando le chiediamo se i responsabili di cui vanno in cerca possono essere equiparati ai Razzi e agli Scilipoti di un tempo, la risposta è che in un certo senso dipende dagli altri perché «se altri in Parlamento vogliono aiutare il Paese a uscire dalla crisi sanitaria ed economica non possono permettere le dimissioni di Conte».

Tra tutte le incertezze di queste ore, tra i voti che mancano e quelli che ci sono, tra i contatti, le telefonate e i discorsi da preparare, però, una certezza ce l’abbiamo: la tendenza a distruggere di Matteo Renzi, proprio lui che ai tempi d’oro accusava gli altri di disfattismo. Questo scombussolamento «lo aspettavamo da quando ha fondato Italia Viva ma che lo facesse in piena crisi pandemica ed economica è una vera follia», dice la senatrice Bottici, che conferma la linea intatta dei 5 Stelle, che da questa crisi potrebbero trarre un doppio vantaggio: il primo liberandosi di IV come alleato di governo, che in questi sedici mesi è stato più una zavorra che altro; il secondo ritrovando compattezza, da Di Maio a Di Battista, attorno al Presidente del Consiglio, visto come il presente e, a questo punto, anche come il futuro del MoVimento. Ma non solo.

Già, perché quando uno come Orlando – che di certo non è un neofita della politica – afferma che Conte è il punto di equilibrio della maggioranza o uno come Bettini, il braccio destro di Zingaretti, dice che l’avvocato foggiano è il punto di riferimento dei progressisti, forse si pensa che l’attuale maggioranza possa proseguire oltre quest’esperienza nata un po’ per caso. «Ci sono già stati esperimenti nelle ultime elezioni», ci ricorda la senatrice, facendo riferimento alle alleanze locali e a quelle regionali in Umbria e in Liguria, a proposito delle quali la questione era già stata affrontata. Questione che, tuttavia, presenta diversi nodi irrisolti e distanti punti di vista. A tal proposito, facciamo presente all’onorevole la riforma della prescrizione – punto sul quale il governo era in procinto di cadere prima della pandemia (indovinate per mano di chi?) – o il TAV, opera sempre contrastata dai 5 Stelle ma appoggiata dal PD. E potremmo aggiungere il tema dell’immigrazione o quello dei diritti civili, temi al centro di una spessa zona grigia. «Personalmente credo che le coalizioni si debbano fondare su un programma chiaro e ben definito», dice, perché «il dovere di una coalizione è discutere e risolvere».

E qui ritorna l’impasse di questi giorni: perché 209 miliardi rappresentano un’occasione unica ed era prevedibile che non tutte le forze di maggioranza fossero d’accordo tra loro su come spenderli. D’altronde, lo stesso Renzi aveva palesato, nel merito, la necessità di aumentare le risorse da destinare alla sanità o anche l’accentramento di molti dossier nelle mani del solo Arcuri. Tuttavia, la senatrice non ci sta a giustificare il comportamento dell’ex Premier, ricordando come «a ottobre abbiamo iniziato a stilare i progetti per la legislatura, per questo risulta ancora più assurdo il comportamento di Renzi». E il problema, appare chiaro, è proprio la sua persona, la sua indole, la sua inattendibilità, a rendere inaffidabile non Italia Viva, ma lui in quanto possibile alleato. «Il problema non sono i componenti di IV, ma Renzi in persona», risponde quando le chiediamo se sia favorevole a un ritorno di IV nella maggioranza. Tradotto: i costruttori possono trovarsi anche nel covo del nemico, fanno ancora in tempo a mollare l’impeto demolitore del loro capo e a votare la fiducia.

Con o senza coloro che vogliono fuggire da Matteo Renzi, tuttavia, le parole d’ordine della senatrice restano tre: no al rimpasto. «Cambiare i ministri e la compagine di governo rallenterebbe le azioni che si stanno portando avanti», dice. E, poi, ci immaginiamo come rischi di essere visto in questo preciso momento dai cittadini un Conte ter che, a quel punto, verrebbe messo in vita solo per una questione di poltrone? M5S, PD e LeU, dunque le forze che sostengono sin dall’inizio il governo – considerando che Italia Viva è una successiva costola del Partito Democratico –, vogliono continuare ad appoggiarlo. Tanto vale, allora, chiedere la fiducia al Parlamento dicendo chiaramente come si vuole proseguire nella lotta al virus, come si intendono spendere le risorse del Recovery e quali sono gli obiettivi sino alla scadenza della legislatura: in caso di esito positivo, questo discorso si dovrà tradurre in un patto di legislatura – e non in un contratto di governo – scritto proprio dai partiti di maggioranza.

Certo, sarebbe stato inimmaginabile per il MoVimento 5 Stelle delle origini pensare di affrontare questi problemi, senza considerare quelli che ha già al proprio interno: le spaccature degli ultimi mesi, il calo dei consensi, il dilemma sul vincolo dei due mandati, Rousseau. Soprattutto, la mancanza di una leadership, sin dalle dimissioni da capo politico di Di Maio – avvenute un anno fa – a cui, come facciamo notare alla senatrice, non è ancora stata trovata una soluzione. «Le dimissioni di Di Maio sono avvenute poco prima dell’inizio della pandemia. Agli stati generali gli iscritti hanno votato per un direttivo allargato, bisogna quindi modificare il nostro statuto e in questo momento il nostro capo reggente è impegnato in ben altre questioni». Intanto, tra un dubbio e l’altro, i 5 Stelle si tengono stretto Giuseppi. E tra qualche ora vedremo come va a finire.

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