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L’eterno ritorno dell’uguale: il trionfo del fascismo

Mariaconsiglia Flavia Fedele di Mariaconsiglia Flavia Fedele
6 Febbraio 2018
in Il Fatto
Tempo di lettura: 4 minuti
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In fondo, Nietzsche ce lo aveva preannunciato: il tempo, dunque la storia, è circolare e, incessante, tende a ripetersi. Per alcuni in forma identica, per altri in maniera differente, secondo una ciclicità dell’universo che vede l’attimo destinato a replicarsi all’infinito e l’uomo costretto a potenziarsi, facendosi superuomo, con il fine di prendere piena coscienza del momento ogni volta che in esso si trova coinvolto.

Stando a quanto accade negli ultimi anni, con decisa e decisiva accelerata nei mesi più recenti, quindi, risulta difficile non credere alla teoria del filosofo tedesco. Il tempo, dunque la storia, si sta ripetendo e l’ombra di un nuvolone nero che ci aveva minacciato a lungo è tornata a oscurare un presente che avrebbe potuto essere non bello, ma probabilmente più sereno, quantomeno non così spaventoso.

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Sono trascorsi appena un paio di giorni da quando è stato diffuso sul web un video con protagonisti alcuni esponenti del noto gruppo neonazi Veneto Fronte Skinheads che hanno fatto irruzione nel mezzo di una riunione di Como Senza Frontiere, una rete di associazioni che si occupano di migranti. L’obiettivo dichiarato è stato ricordare che il proprio popolo si ama e non si distrugge, al motto salviniano di Fermiamo l’invasione. Quella in atto, secondo il portavoce dei naziskin, è, infatti, una vera e propria sostituzione della popolazione europea con dei non-popoli figli di una modernità incontrollata, favorita da chi non ama più la propria patria. Il tutto nel nome del “progresso”.

Un episodio da brividi che ha riportato alla mente vecchi racconti in bianco e, soprattutto, nero, legati alle memorie dei nostri nonni, quando proclami come quello a cui abbiamo assistito – di certo non la lettura di un comunicato stampa, come sostengono i testa rasata – erano la normalità.

Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.

Anche Primo Levi, al pari di Nietzsche, lo aveva a suo modo profetizzato: ogni tempo ha il suo fascismo. Quello che stiamo vivendo oggi, dunque, non è altro che il nostro. A spiazzare, però, è la naturalezza con cui il processo sta avvenendo e la rapidità indisturbata che sta permettendo alla destra di avanzare senza timore alcuno, ma con la convinzione di essere in diritto di farlo, di poter agire alla luce del sole, di avere la libertà di esprimersi con il linguaggio tipico di chi, in passato, non si è accontentato di parole forti e toni pacati ma decisi. Un linguaggio che ha dato un nome nuovo alla storia moderna e l’ha deturpata, rivelando il male insito nella natura umana.

È difficile, guardando i fotogrammi resi noti dai colleghi de la Repubblica, non sentirsi stanchi e sconfitti. Quando dei militanti naziskin circondano attivisti pro-migranti in casa loro, minacciandoli con la normalità di chi sta compilando la lista della spesa, e quando questi ultimi restano inermi, privi di una reazione, allora, la società civile ha perso. Noi tutti abbiamo perso, a differenza di una politica che, ancora una volta, esce vincitrice dal confronto con un passato scomodo, dopo anni di preparazione di un terreno sempre fertile che, nelle finte bandiere arcobaleno, nelle opportuniste giornate della memoria, nell’indignazione a comando, hanno continuato a irrigare e coltivare. Silenziosamente, subdolamente, poi in modo sempre più plateale, ottenendo piazze, ospitate tv e radiofoniche, ampi spazi sui social. Tutti luoghi fisici e virtuali che alla sinistra, da sempre, non vengono concessi, se non di rado e con molta parsimonia.

Il volto di Di Stefano – tanto per citarne uno – ormai lo conosciamo tutti. Il vicepresidente di CasaPound, infatti, sulle orme del solo apparentemente più innocuo Matteo Salvini, è diventato uno dei più desiderati dai giornalisti o pseudo tali, fintamente in cerca di share. Da pochi giorni, poi, persino Giordano Caracino, leader di VFS, sta assaporando una notorietà importante. Di certo, non soltanto per l’episodio ai danni di Como Senza Frontiere. La stessa RAI lo aveva intervistato in occasione di un discutibile servizio per Uno mattina in cui l’esponente di estrema destra si era dichiarato apertamente razzista e pronto alla violenza. Ieri, invece, accolto dai microfoni de La Zanzara su Radio 24 ha così commentato: Hitler? Ha fatto cose positive per la Germania. Sei milioni di ebrei morti? Ho dei dubbi, la storia andrebbe riscritta. A fargli eco stanno diventando in tanti.

È difficile, quindi, non sentirsi stanchi e sconfitti, ma ancor di più non avere paura. Soprattutto adesso che sappiamo che in qualsiasi momento chiunque può aprire le porte di casa e interrompere la nostra quotidianità per imporne una nuova ma vecchia nelle modalità – che non possono che essere violente – impressa, forse solo oggi, su un volantino che appare come un necrologio, un annuncio funebre di libertà.

Non si fermeranno se non li fermiamo. In fondo, Nietzsche ce lo aveva preannunciato: il tempo, dunque la storia, è circolare e, incessante, tende a ripetersi. Se l’ombra del nuvolone nero sta tornando a oscurare il nostro presente, non possiamo ignorarla. Non ora che sappiamo come va a finire. Non ora che dobbiamo soltanto splendere.

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