La salita dello Scudillo, anche detta O’ Scudillo, è una strada strettissima e ripida che si snoda per circa un chilometro tra il verde e i costoni tufacei. La strada, che si pensa esista già da epoche remote, si “arrampica” verso il mausoleo della Conocchia – sepolcro monumentale di età romana – che però è andato distrutto durante gli anni Sessanta a causa della speculazione edilizia. Quello che era chiamato Scutillum è anche un luogo ricco di antiche ville.
Proprio tra l’antica via dello Scudillo, al numero 32, e la strada della Conocchia, si trova Villa Valiante. Come scrivono Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza, nel loro Le ville di Napoli, proprietà della baronessa Turini in Valiante, rappresentava una via di mezzo tra il palazzo suburbano e la villa e si sviluppava secondo un’articolazione dei volumi atta ad assecondare la morfologia del luogo caratterizzata da salti di quota. Dotata di una bellissima terrazza belvedere dalla ringhiera fatta con pilastrini in piperno e con una cappella decorata con motivi dorici. Nell’Ottocento, il giardino, di 3mila metri quadri, è stato poi trasformato secondo il gusto romantico dell’epoca. Oggi, Villa Valiante ospita un istituto scolastico.
Al numero 17, lo Scudillo accoglie la villa che è stata di proprietà dei Fourquet fino al 1931, dichiarata monumento nazionale nel 1927 e nel 1933. Come accade spesso, la guerra ha causato gravi danni all’edificio, che è stato in parte restaurato con fondi statali dall’allora proprietario, l’avvocato Giovanni Picasso. L’esistenza di questa villa è stata più volte “minacciata” dalla costruzione dello svincolo della tangenziale e dal sorgere di altre costruzioni a monte. Soltanto grazie alle battaglie dell’Associazione Italia Nostra, è stato possibile conservarla.
Si tratta di una costruzione settecentesca a T con un corpo centrale a cui è unito un corpo allungato a un solo piano, la copertura del quale funge da terrazza panoramica per il piano nobile, circondato da un giardino di 3800 mq che termina a emiciclo. Vi è accanto una casa colonica e intorno un vasto parco con un boschetto di lecci, scrivono ancora i due autori. Benedetto Croce, nel 1952 alcuni mesi prima della sua morte, vi ha trascorso un periodo di villeggiatura in compagnia della figlia Alda.
Spostandosi in via Serbatoio allo Scudillo, al numero 12, vi è il rudere di Villa Castagneto-Caracciolo di proprietà della Società per il Risanamento. Inizialmente, la costruzione era una masseria, ma successivamente per volontà del principe di Castagneto, Nicola Caracciolo, è stata trasformata in una bellissima villa panoramica posta proprio sulla sommità del poggio dello Scudillo.
Al numero 18, a metà salita, si trova una costruzione che inizialmente era di proprietà della famiglia Bloch e successivamente è passata ad Achille Serra. Grazie alla mappa del duca di Noja è possibile notare che la villa conserva ancora oggi la planimetria originaria, caratterizzata da un edificio a corte aperta verso il panorama a sud, anche se ha subito successivamente alcune aggiunte. Si differenziava dalle altre ville limitrofe per il fatto che il giardino di 2484 mq non era collocato in zona panoramica ma alle spalle dell’edificio. Di grande valore paesaggistico erano invece all’epoca la corte e le terrazze del piano nobile, il cui affaccio viene nell’attualità a trovarsi proprio sulla tangenziale. Da qualche tempo, la villa è stata in parte restaurata e i lavori hanno interessato soprattutto la facciata, le terrazze e il lato mare.
Molti stranieri, in particolare a partire dal Settecento, hanno scelto Napoli come luogo di residenza. Tra questi, anche i banchieri Meuricoffre che dalla Svizzera hanno prediletto la città partenopea. Federico Roberto Meuricoffre possedeva tre ville a Napoli: la villa omonima, Villa La Fiorita e Il Capriccio. Villa Meuricoffre è stata acquistata nel 1805, come residenza estiva, l’immobile era appartenuto a un nobile della corte borbonica. Aveva una loggia con dodici colonne a sostegno di archi e un pozzo. La villa purtroppo è andata perduta con la costruzione della facoltà di Teologia negli anni Sessanta. È però riportata nella mappa del duca di Noja. Inoltre, è stata raffigurata in alcune vedute e gouaches del tempo, come il disegno a penna acquerellato di Antonio Niccolini conservato al Museo di San Martino.