Negli ultimi anni, numerosi sono stati gli studi fatti sul ruolo delle donne durante le due guerre mondiali. Gli storici hanno sottolineato che se gli uomini sono stati impegnati a difendere le loro nazioni e i loro connazionali combattendo in prima linea con pistole e fucili, le donne, invece, hanno avuto il compito di mandare avanti l’economia e la vita dei loro Paesi, sostituendo i mariti, i fratelli, i padri anche nelle fabbriche.
I membri del gentil sesso, quindi, non vengono più visti come spettatori passivi della tragedia della guerra, intenti solo a piangere le partenze e le morti dei loro cari, ma come parti attive del corpo sociale che hanno permesso con la loro forza d’animo e la loro operosità la sopravvivenza della patria. Se la funzione delle donne durante i conflitti bellici è stata rivalutata, però, ciò non toglie che raramente sui libri di storia si parli di ragazze che hanno vestito i panni di combattenti scese in battaglia. Eppure, durante la Seconda Guerra Mondiale numerose furono le sovietiche che indossarono la divisa e lottarono per difendere la loro casa dall’invasione tedesca. Tra queste, le pilote del 558° Reggimento bombardamento notturno.
Tale unità militare nacque a seguito del lancio da parte della Germania nazista dell’Operazione Barbarossa, un intervento attraverso cui i tedeschi volevano invadere l’Unione Sovietica. La famosa pilota Marina Roskova, ben consapevole della volontà delle sue connazionali di difendere il Paese attivamente, quindi, si presentò di persona davanti a Stalin, chiedendogli la possibilità per le ragazze russe di arruolarsi nell’aviazione. La donna sottolineò che lei e le sue compagne erano così decise a difendere la causa che, se lui non avesse acconsentito a dare loro degli aerei, allora se li sarebbero presi con la forza. Così, il Segretario Generale del Partito Comunista approvò la richiesta di Roskova, acconsentendo alla formazione di tre reggimenti d’aviazione tutti al femminile. Il 586° Reggimento era dedito alla caccia, il 587° ai bombardamenti e il 558° ai bombardamenti notturni. Proprio quest’ultimo fu uno dei più famosi dell’Unione Sovietica.
Divenuto poi 46° Reggimento guardie di Toman per il bombardamento notturno, il corpo era formato da 60 equipaggi ognuno composto da due membri, una pilota e una navigatrice, che guidavano biplani molto antiquati fatti di tela e legno, generalmente usati nell’agricoltura. Tali aeroplani potevano trasportare non più di due bombe da 10 chili per volta. Mentre i loro colleghi guidavano marchingegni tecnologicamente avanzati, dunque, queste ragazze pilotavano aerei privi di radar e radio, servendosi, per orientarsi, solo di una bussola e di un orologio. Nonostante l’arretratezza dei loro veicoli, però, le soldatesse furono una vera e propria minaccia per i tedeschi che temevano le loro incursioni notturne più di qualsiasi cosa.
I combattenti crucchi erano talmente spaventati dalle azioni delle sovietiche che diedero loro il nomignolo di Natchthexen, cioè Streghe della notte. Ai loro occhi non abituati a vedere le donne combattere, queste eroine erano come esseri demoniaci che agivano velocemente nel buio della tenebre, pronti a distruggere il potere del Terzo Reich. Silenziosamente, le streghe arrivavano nell’oscurità, spegnevano i motori dei veicoli e planavano in picchiata sui bersagli, riuscendo sempre a centrali.
Il reggimento femminile notturno realizzò circa 23mila missioni e lanciò sugli invasori 3mila tonnellate di esplosivi. Per la sua abilità ricevette numerosi riconoscimenti, diventando uno dei reggimenti più insigniti dell’esercito russo. Dei suoi membri, quasi tutti morti in missione, ben 23 furono premiati con il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica. Le Streghe della notte, quindi, hanno dimostrato che se la forza degli uomini può essere una risorsa fondamentale nel difendere la patria, ancora di più lo possono essere la tenacia e a furbizia delle donne.