Salvador Puig Antich fu un anarchico spagnolo o meglio, catalano, divenuto celebre per essere stato, unitamente al criminale comune Georg Michael Welzel, l’ultima persona giustiziata mediante il metodo della garrota, terribile arma dissuasiva ed esecutiva in dotazione a un regime ormai avviato verso il tramonto, ma comunque duro a morire.
Il regime in questione era quello fondato dal Caudillo, Francisco Franco, il quale riportò in Spagna la dinastia dei Borbone, da cui i napoletani, insieme al resto del Regno Due Sicilie, furono “liberati” nel 1861 per mano dei fratelli d’Italia piovuti giù dal Piemonte, allo scopo non dichiarato di ricollocarli tutti in quell’indistinta espressione geografica che ancora oggi siamo sprezzantemente soliti definire con l’appellativo di Meridione e, dunque, non lucani, non calabresi, non pugliesi, non campani, non siciliani, né molisani o abruzzesi i suoi abitanti ma, ben più genericamente, intesi come meridionali, una volta sudditi degli stessi monarchi riportati in auge dal regime franchista, contro cui Puig Antich lottò strenuamente per tutta la vita, allo scopo di provare a liberare se stesso e i suoi connazionali.
Salvador per gli spagnoli, e i catalani in particolare, infatti è stato ed è ancora oggi un eroe. Agli abitanti del Mezzogiorno d’Italia che tentarono di ribellarsi e liberarsi, rifacendosi agli ideali anarco-repubblicani d’impronta mazziniana, toccò invece dover subire l’infamia di passare alla storia con l’appellativo svilente di briganti, perché non fecero altro che reagire militarmente all’oppressione di una dinastia capace di esprimere una monarchia persino peggiore di quella borbonica, ovvero quella sabauda, che gettò i popoli del Sud Italia in una condizione di subalternità culturale ed economica da cui ancora oggi sembra impossibile potersi emancipare. Ma si sa, a torto o ragione, la storia la fanno e la scrivono i vincitori.
Gli spagnoli, in cambio, pare siano stati chiamati a fare i conti con il tentativo di emancipazione non tanto da forme di oppressione, quanto di pressione, come quella recentemente esercitata, via referendum, da parte di soggetti politici come JxSí (Junts pel Sí), piuttosto che CUP-CC (Candidatura d’Unitat Popular-Crida Constituent), i quali imperversano e lottano per l’indipendenza della Catalogna, dimenticando che: La Constitución se fundamenta en la indisoluble unidad de la Nación española, patria común y indivisible de todos los españoles. (art. 2)
A dimostrazione del fatto che la Spagna i suoi anticorpi li ha già dentro la propria Costituzione, la quale non ammette alcuna forma di indipendentismo né vie formali o informali per raggiungerlo (art. 155) e, da Paese sovrano qual è, a differenza dell’Italia, la applica per reagire e guarire da quello che si presenta come un autentico paradosso istituzionale in base al quale, esattamente come nello Stivale, gli oppressori, prendendo a pretesto una diversità culturale presunta o fondata che sia, avanzano la pretesa di passare per vilipesi nella rivendicazione del loro diritto all’autodeterminazione, dopo aver sfruttato il lavoro degli oppressi, traendo da questi tutti quei vantaggi economici e di benessere diffuso di cui godono, senza voler condividere nulla di tutto ciò che hanno finora sottratto con il benestare proprio di quel governo di cui oggi vorrebbero deliberatamente disfarsi. Certo, la Catalogna è una regione autonoma, ma pur sempre parte integrante dello Stato spagnolo, dunque a tutti gli effetti territorio appartenente al popolo iberico (art. 2 della Constitución), bisogna farsene una ragione. Quindi, se davvero volesse separarsi dal resto del Paese bisognerebbe indire un (contro)referendum su scala nazionale e non regionale. È stato proposto per anni, ma gli indipendentisti hanno sempre rifiutato una tale ipotesi. La motivazione è facilmente intuibile.
A ogni modo, sfidando i manganelli e i proiettili di gomma di una Guardia Civil quanto mai violenta e degna di un franchismo di ritorno agli ordini del neo-Caudillo Mariano Rajoy, seppur con un’affluenza limitata al solo 38% degli aventi diritto, il 1 ottobre 2017 i catalani si sono espressi con il 90% dei voti a favore del Sì all’indipendenza dalla Spagna. Ancora una volta, risuonano piuttosto allarmanti le parole dell’economista americano Paul Krugman quando, teorizzando quelle che potrebbero essere le conseguenze dell’attuale disegno europeo, fondato sulle logiche di un’ottusa e oppressiva austerità contabile, prefigura la progressiva mezzogiornificazione del Sud Europa, a totale vantaggio degli Stati del Nord.
Gli effetti sarebbero quelli di una vera e propria annessione monetaria, perseguita innescando auto-poietiche forme di destabilizzazione interna degli Stati sovrani, prima su base economica, introducendo l’utilizzo di una moneta comune, ma non di comune valore per tutti, e poi istituzionale, con ad esempio obblighi costituzionali sulla parità dei bilanci, affinché siano i Paesi stessi a doversi ripiegare sulle loro strutture interne, fino a implodere o al più tradursi in Stati satellite.
A questo punto, infatti, con la Francia sempre pronta a collaborare salendo sul carro del vincitore facendo la parte del cavallo, il Portogallo tramutato in una sorta di Florida per pensionati benestanti provenienti dal resto del Vecchio Continente, la Spagna tenuta al guinzaglio di correnti indipendentiste e animaliste che ne minano le base identitaria e culturale, l’Italia sostanzialmente assuefatta a ormai quasi centocinquantasette anni di vassallaggio al servizio degli interessi inglesi prima e anglo-americani poi nel Mediterraneo, e la Grecia letteralmente acquistata da parte di tutti i “fratelli d’Europa” precedentemente elencati, inclusi ovviamente i tedeschi, ecco che il gioco è inequivocabilmente fatto.
E l’Ue? Per ora tace, però difende la scelta spagnola pur condannandone i metodi, incassando i ringraziamenti del neo-Caudillo Rajoy per non essersi intromessa e il silenzio finalmente rotto da parte di Re Felipe in difesa della unidad, ma cosa succederebbe al resto degli spagnoli e a noi tutti se un domani dovesse essere l’Europa stessa a dotarsi di una propria Guardia Civil? Che ne sarebbe della volontà di autodeterminazione di tutti quei popoli che non dovessero più riconoscersi nei valori dell’Europa Unita a colpi di spread post Brexit? Non lo so ma, in linea di massima e nel nome del mantenimento della piena Unità del (mio) Paese, senza saper leggere né scrivere, io un (contro)referendum lo proporrei comunque e l’ultima cosa che farei sarebbe andare a negoziare l’indipendenza (nuovamente) ottenuta, con chi vorrebbe tenersela tutta per sé.