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Il valore mostruoso della “Historia” di Ulisse Aldrovandi

Marina Finaldi di Marina Finaldi
14 Giugno 2022
in Billy
Tempo di lettura: 3 minuti
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La storia dei mostri è la nostra storia. Questo è il pensiero che affiora consultando la Monstrorum Historia di Ulisse Aldrovandi, tradotta dal latino da Lorenzo Peka per i tipi di Moscabianca Edizioni. Nell’accezione di fuori dal comune, prodigioso, che abbraccia ogni esemplare illustrato nella Historia, il volume stesso risponde al nome di mostro. Mostruosa è, anzitutto, la mole di informazioni che contiene. Ibrido fra un bestiario, un’enciclopedia, un trattato scientifico, una collezione di storie, resoconti e leggende, l’ambizioso testo aldrovandiano è frutto dell’incrocio fecondo di intelletti che trascendono i secoli. Mostruosa è, dunque, anche la sua immortalità.

L’opera è, infatti, in costante contatto dialogico con gli scritti che l’hanno preceduta e con i lavori che le hanno fatto seguito. Inedita in vita, la Historia venne proseguita, ampliata e data alle stampe dal curatore Bartolomeo Ambrosini e dall’editore Marco Antonio Bernia nel 1642. La fortuna del trattato non è, però, legata a un unico periodo storico. Aldrovandi intertestualmente intercetta gli scritti di Plinio il Vecchio, di Sant’Agostino, di Aristotele e tanti altri. Il suo curatore prosegue la staffetta dialogando contemporaneamente con l’illustre bolognese e le sue fonti; il traduttore odierno intrattiene un rapporto discorsivo con Ambrosini, Aldrovandi, Plinio e Aristotele. Le numerose note, appendici, aggiunte al testo che di volta in volta contestualizzano la Historia a beneficio del lettore hanno il sapore di un viaggio nel tempo, di un’avventura con-vissuta attraverso le epoche.

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L’edizione nuova non contiene l’enciclopedia mostruosa nella sua totalità, ma opera una cernita tematica. Una prima, estesa, sezione è abitata dall’essere umano, che si pone da un lato come pietra di paragone di ciò che rappresenta la norma, ma dall’altro manifesta in maniera prodigiosa, e dunque mostruosa, la varietà e la maestosità della Creazione. In barba alla separazione degli ambiti che oggi ci sta tanto a cuore, Aldrovandi indaga l’umano a partire dall’etimo, dalle parole antiche che ne indicano qualità e funzioni distintive. Così, si suggeriscono legami esoterico-alchemici tra la dimensione umana carnale e la sua origine fangosa, la sua ascesa divina, la sua corruzione demoniaca.

La ricerca etimologica e metafisica di Aldrovandi designa immediatamente l’umano come figura sospesa a metà fra la natura terrena (homo deriverebbe da humus, terreno) e la grazia divina (poiché dal terreno è stato plasmato per volontà di Dio e, sempre per sua volontà, si pone come unico essere in grado di discernimento superiore). È affascinante come, nello spettro di possibilità morfologiche della lingua, pian piano Aldrovandi insinui il mostruoso per cui, dalla stessa radice greca ànthropos, derivano sia l’uomo che la speculazione deforme del licantropo o la mostruosità morale del misantropo.

Un breve paragrafo viene dedicato anche alla diversità femminile: mostro per eccellenza, perché creata come derivazione della norma maschile, la cifra della diversità della donna è data dalla sua capacità di generare e, dunque, relegata al confino della definizione sessuale. Vicina, pertanto, più dell’uomo alla condizione animale, vengono enumerate nel sottoelenco di donna anche tutte le possibilità speculative di ibridazione uomo/animale e viene suggerito che gli animali, i cui impulsi sessuali rispondono alla chiamata biologica del calore una volta l’anno, siano in realtà superiori alle donne e agli uomini, incapaci di porre freno ai loro istinti più bassi.

L’intento enciclopedico della Historia è privo di esternazioni dispregiative. Richiede, tuttavia, una buona dose di osservazione critica al lettore contemporaneo la collocazione dei prodigi e dei monstrum in luoghi considerati esotici e selvaggi, perché geograficamente e culturalmente lontani dalla realtà europea. In questo senso, la descrizione di meraviglie da mondi inesplorati e vergini apre a un filone di discussione che esplora il concetto coloniale stesso di differenza.

Le illustrazioni di mostri esotici offerte da Aldrovandi ricordano i Bestiari de Indias dell’argentina Adriana Bustos, nei quali l’artista illustra le cronache degli esploratori europei delle Americhe agli albori dell’impresa coloniale. La presentazione mostruosa dell’alterità degli “uomini selvaggi” servì, poi, a legittimare il genocidio e l’espropriazione dei territori indigeni. Restando più vicini a noi, di recente, abbiamo parlato della mostrificazione del nemico nell’attuale conflitto russo-ucraino e di come la presentazione mostruosa dell’altro serva, oggi, dinamiche di odio e potere.

In relazione dialogica con il futuro, la Monstrorum Historia rappresenta, pertanto, una possibilità esplorativa del presente e delle sue meccaniche. Proprio come, secondo il parere di Isidoro riportato dall’autore, il mostro è presagio per l’uomo di un evento futuro, la Historia di Aldovrandi, pubblicata quasi quattrocento anni fa, insegna a fare della possibilità narrativa del mostruoso uno strumento di interrogazione curiosa e mai giudicante della realtà, spesso sorprendente, che ci circonda.

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