“Abbiamo deciso di piantarla e di metterci a suonare.”
I Botanici sono un gruppo indie alternative post-emo nato a Benevento nel 2015. In questi anni hanno avuto modo di crescere e di far conoscere la propria musica, aprendo i concerti di band come i Fast Animals and Slow Kids e molte altre. Il primo progetto prende il nome di Demo in ciabatte, il racconto di una somma di esperienze vissute, pensieri, relazioni probabilmente sconfitte da forze più grandi, stati d’animo confusi. Sono pezzi tristi, non c’è dubbio. E, forse, proprio per questo motivo l’ascolto necessita di una sensibilità particolare.
A brevissimo sarà in uscita il primo album, Solstizio, frutto della collaborazione con l’etichetta Garrincha Dischi.
Nel frattempo, li abbiamo raggiunti per saperne di più.
Domanda semplice. Il vostro nome: perché I Botanici? Da cosa deriva la scelta?
«Il nome I Botanici nasce durante una prolungata riunione a base di birra sulla mia terrazza (Fons). Lungo listone di nomi, come solitamente si inizia. Nella categorie mestieri – oggi probabilmente molti di noi ne vorrebbero uno – c’era quello del botanico. Ci è sembrato figo, ma non avevamo ancora scelto. Tuttavia, contattati per un contest e, temporaneamente ancora non troppo convinti, abbiamo effettuato l’iscrizione come I Botanici. L’annuncio dello speaker, quando ci ha chiamati sul palco, ci ha convinto che fosse il nostro nome.»
Il gruppo nasce nel 2015 a Benevento. Da cosa ha origine questo progetto?
«Gaspare e Gianmarco si conoscevano. A gennaio del 2015 hanno conosciuto me (Fons), tramite un’amica in comune, e abbiamo iniziato a parlare di musica. Tutti e tre avevamo suonato per anni in altri progetti, ma a quel tempo eravamo fermi. Senza prenderla troppo sul serio, qualche giorno dopo ci siamo organizzati per riprendere gli strumenti e divertirci in una sala prove. Per un paio di mesi abbiamo suonato pezzi indie italiani. Dopo, al progetto si è unito anche Antonio come bassista. Ad aprile abbiamo iniziato a scrivere qualcosa di nostro.»
Essere meridionali a volte, purtroppo, può considerarsi svantaggioso in termini di spostamenti e contatti. Come avete sviluppato la vostra esperienza alla luce delle vostre origini?
«Sicuramente partiamo svantaggiati rispetto a realtà come Bologna, Milano o Roma in quanto molte figure creative si sono spostate proprio in questi grandi centri. A volte, quindi, riesce difficile trovare qualcuno della tua città o regione che faccia al caso tuo per qualsiasi cosa che possa concernere la produzione musicale o la promozione della band. Capita allora di spostarsi altrove per le risorse esterne. Fortunatamente, abbiamo un’etichetta solida di Bologna, Garrincha Dischi, che ci sostiene. Dal punto di vista musicale, fortunatamente da un paio d’anni la Campania sta rinascendo. Ancora non siamo al livello delle grandi “scene”, ma il divario va assottigliandosi e tra un po’ anche qui saremo musicalmente al passo.»
Demo in ciabatte ha segnato l’esordio del gruppo. Si tratta di tre inediti i cui testi raccontano un’esperienza personale, mettono a nudo dei pensieri che prendono forma e che facilmente riescono a catturare l’attenzione, lasciando a chi ascolta la possibilità di riconoscersi in alcuni di questi. Tra i propri pezzi, un artista ha sempre una preferenza. Possiamo chiedervi qual è la vostra e perché?
Fons: «I testi, quelli della Demo e quelli del nuovo album, raccontano quasi tutti le mie storie personali (finite male). Per questo li amo un po’ e li odio allo stesso tempo. C’avremo tanto da fare è sicuramente quello più speranzoso e scritto in un buon momento (forse il solo). Non sbaglio più è la canzone di liberazione, quella che si lascia cantare, che vuole liberarci dagli errori fatti e che, probabilmente, continueremo a fare. Mi chiedevi la preferita? Comunque, per la vostra allegria, i tre pezzi contenuti in Demo in ciabatte li troverete ri-arrangiati anche nel disco.»
Giammi: «La canzone che preferisco ascoltare della Demo è Io non credo. C’è da dire che sul disco è cambiata totalmente e l’ascolterete in una nuova versione, speciale frutto di una bella collaborazione (non vi dico altro). Ricordo che non riuscii a trattenere la lacrimuccia ascoltando il master per la prima volta. I pezzi che preferisco suonare, invece, sono tutti sul nuovo disco quindi non vi resta che aspettare e sentirli.»
Antonio: «Il pezzo che più mi piace ascoltare è Non sbaglio più. Fondamentalmente mi trasmette allegria, speranza e un sacco di sensazioni positive che mi fanno bene. È il primo pezzo che abbiamo costruito insieme, ci sono affezionato. Preciso che è quello che mi piace più ascoltare, mentre quello che preferisco suonare lo trovate sul disco.»
Gas: «Della Demo – che dobbiamo ringraziare per averci fatto arrivare a qualcuno, nonostante suoni molto intima e casalinga per questo in ciabatte – preferisco C’avremo tanto da fare. Dei nuovi pezzi, quello che mi piace di più apre il disco ed è una mina, anche se non so contarlo!»
Prima di arrivare alle novità e quindi all’imminente uscita del disco, vogliamo parlare ancora di scelte, spostandoci stavolta sulla scena esterna. Quali sono gli artisti che vi hanno in qualche modo segnato nel vostro percorso di crescita personale?
Fons: «Non si direbbe ma vengo dalla vecchia scuola del rock e del blues: Rolling Stones, Robert Johnson, Eric Clapton. Da questi ultimi credo di aver appreso un approccio “emotivo” alla musica. Come molti, ho trascorso l’adolescenza a suonare Verdena e Afterhours. Oggi ascolto con molto piacere e interesse tutto l’indie italiano, in particolare Gazebo Penguins, Fine Before You Came su tutti e l’emocore d’oltreoceano.»
Giammi: «In quanto curiosissimo, ho ascoltato davvero un po’ di tutto. Gli album che mi hanno più segnato sono: Atom heart Mother dei Pink Floyd, Rise and Fall of academic drifting dei Giardini di Mirò, Californication dei RHCP, Translating the name dei Saosin. Questi sono gli album che mi hanno più influenzato, ma c’è tanto altro.»
Antonio: «Tanta roba. Sono partito da ragazzino che ascoltavo solo ed esclusivamente i Dream Theater e, nel crescere, sono comunque rimasto legatissimo al progressive in generale. Oggi ascolto praticamente qualsiasi cosa e le mie influenze cambiano quasi settimanalmente. Adesso vi cito The Contortionist, Chon, Invalids e GoGo Penguin.»
Gas: «Ricordo una musicassetta che mi registrarono nel 2011: Red Hot chili Peppers – Californication nel lato A/ System of a Down – Toxicity nel lato B. Riassunto perfetto della mia crescita musicale. Aggiungerei solo Rage Against The Machine e The Smiths.»
Il vostro album, il primo di tanti traguardi, è frutto di una collaborazione con Garrincha Dischi. Il singolo Magari sì ne è stato un bellissimo assaggio. Com’è avvenuto l’incontro con l’etichetta?
«Oggi accade che le band carichino i pezzi su Youtube e vengano notate dalle etichette. Da bravi amanti della tradizione che sposa l’innovazione, oltre a condividere i brani in rete, abbiamo messo la demo anche su un cd e siamo andati letteralmente a “cagare il cazzo” alle band che venivano a suonare dalle nostre parti e non solo. Abbiamo demo sparse in tutta Italia e i musicisti se le ritrovano sul comodino accanto al letto senza nemmeno sapere come ci siano finite. Magari gliele abbiamo date noi la sera prima ma erano troppo sbronzi per ricordarselo. In questo, i locali delle nostre zone – come lo SMAV – sono una grande fortuna, risorsa e opportunità per conoscere nuovi musicisti ed entrare in contatto con loro. È così che la demo è finita nelle mani di Bebo quando era a suonare con il suo progetto Teppa Bros allo SMAV con Matteo Romagnoli, fondatore di Garrincha. Gliel’abbiamo consegnata e dopo due mesi è arrivato un suo messaggio, in cui ci diceva di volerci produrre il disco. Siamo saliti, quindi, a Bologna, al Donkey studio – dove si trova anche la sede dell’etichetta – per registrare. Da qui all’ingresso in Garrincha Dischi ci arrivate da soli!»
Nuovo album, nuovi concerti. Qualche anticipazione sul tour?
«L’album si intitola Solstizio e uscirà il 7 aprile per Garrincha Dischi. Da qui, inizieremo a girare in tour. Abbiamo già alcune date che vi sveleremo più in là. Per ora, vi anticipiamo solo quella di release del disco, l’8 aprile allo SMAV (CE).»
*Foto in copertina di Giuseppe Caturano©
*Illustrazione di Beatrice Schivo©