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Dura lex, sed lex: alla fine si vaccina anche il Veneto

Pasquale Manella di Pasquale Manella
9 Novembre 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 5 minuti
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Il Veneto sarà responsabile in caso di epidemie, dice Lorenzin. Non ci saranno deroghe per chi non è in regola, precisa Fedeli: queste le dure dichiarazioni riportate da parte di alcune tra le maggiori testate giornalistiche nazionali fino a qualche settimana fa, in relazione alla questione vaccini, poi andate progressivamente ammorbidendosi tramite la concessione del rilascio di auto-certificazioni in accordo con le ASL di riferimento e termini di consegna della documentazione definitiva presso le scuole dilazionati nel tempo. Ma facciamo un ulteriore passo indietro e andiamo con la memoria a cinquantaquattro anni fa: era la mattina del 9 ottobre 1963 quando il Veneto si ritrovò sepolto vivo sotto un inferno di fango, frutto del dilavamento – pari a circa cinquanta milioni di metri cubi tracimati oltre il ciglio della diga del Vajont – dovuto alla bomba d’acqua deflagrata sull’abitato di Longarone (BL), facendo duemila vittime completamente ignare, fino al giorno prima, della fine che avrebbero fatto la sera dopo, uccise da un’idea di progresso nutrita dalle ambizioni di profitto della SADE (Società Adriatica di Elettricità), definita dai giornali dell’epoca uno Stato nello Stato. Un po’ come abbiamo imparato a definire noi la mafia grazie all’opera di disvelamento che riuscirono a compiere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino prima di essere ammazzati da delle forze che, ancora oggi, governano il nostro Stato al di fuori dello Stato, sulla base di precisi interessi geopolitici ed economici più grandi dello Stato stesso.

Nel frattempo, però, una nuova bomba è stata sganciata, ancora una volta in nome e per conto di un discutibile interesse generale che ha visto nuovamente in prima linea innanzitutto la Regione Veneto, impegnata nel tentativo di difendere le vite inconsapevoli di un intero popolo fatto di famiglie costrette, in loco come nel resto della Penisola, a vaccinare per legge i propri figli, pena l’impossibilità di garantire loro il sacrosanto diritto all’istruzione. Ma l’energia è strategica – si potrebbe facilmente obiettare – non possiamo mica permetterci di castrare il futuro, così come i vaccini sono un evidente presidio sanitario che da sempre punta a garantire e a elevare il livello di qualità della nostra vita, difendendoci da malattie una volta persino endemiche e oggi fortunatamente del tutto debellate. Certo che sì, nessuno è così stupido da non riconoscere e riconoscersi in una tale posizione. Ma allora, se nessuno è stupido o fesso che dir si voglia, perché ricorrere all’obbligatorietà perentoriamente istituita per legge, senza più concedere alcun margine di discrezionalità a beneficio delle famiglie? Risposta: o siamo ripiombati senza accorgercene in un novello Medioevo afflitto da nuove epidemie improvvisamente esplose in maniera pericolosamente silente, oppure è tutta colpa dei migranti i quali, godendo ormai anche dello status di untori del nuovo millennio, tornano decisamente molto utili, in questo caso come in altri, quando ci sono da assumere provvedimenti poco digeribili in situazioni di ordinaria amministrazione, a patto di detenerli saldamente chiusi all’interno dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), sparsi un po’ su tutto il territorio nazionale, per liberarne di tanto in tanto qualcuno così da mantenere sempre vivo un certo livello di xenofobia che all’occorrenza, presa a medie o piccole dosi, non fa mai male al vero potere.

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Quello stesso vero potere che, per una settimana dall’inizio delle lezioni del nuovo anno scolastico, il Veneto, con il suo Presidente Luca Zaia, è riuscito comunque a tenere a bada, nonostante le pressioni direttamente sopraggiunte da Roma ladrona allo scopo preciso di andare a dettare indiscutibilmente legge tra gli hiberna padani, dove la resistenza al provvedimento legislativo in questione si è tramutata in un atto concreto nel momento in cui ha assunto la forma di decreto regionale, contenente una proroga all’applicazione della legge, corrispondente a uno slittamento in avanti pari a circa due anni. Tuttavia, a seguito della minaccia di ricorso al TAR del Veneto, mossa contro la Regione da parte del Governo, ecco che il 7 settembre 2017 arriva repentino il dietrofront da parte dello stesso Zaia e la notizia viene molto apprezzata dalle parti del Ministero della Salute, che subito fa sapere: Apprendiamo con soddisfazione la decisione del Veneto di allinearsi alla normativa nazionale. L’autrice di tale dichiarazione è il ministro Beatrice Lorenzin, la quale nei giorni immediatamente precedenti era addirittura arrivata a minacciare il commissariamento della Regione.

Dunque, quali sono le ragioni che hanno spinto il Presidente di una Regione come il Veneto, pur all’avanguardia in fatto di vaccinazioni, a tornare sui suoi passi? Siamo nuovamente di fronte all’attacco portato contro lo Stato da parte di un nuovo Stato nello Stato o, ancora peggio, da parte di uno Stato posto al di fuori dello Stato? Non è dato saperlo (benché sia piuttosto noto, ma non divulgato, come ai tempi dell’emanazione del decreto “incriminato” il direttore generale del Ministero della Sanità, Ranieri Guerra, fosse contemporaneamente anche membro del CdA della Fondazione Glaxo, casa farmaceutica produttrice del vaccino esavalente venduto in Italia). Quel che però non possiamo in ogni caso non sapere è che l’Art. 3 della nostra Carta Costituzionale letteralmente recita: […] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. E inoltre: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti (Art. 30).

In altre parole, attraverso questa legge viene subordinato a un obbligo prescrittivo un obbligo costituzionale (giuridicamente di rango superiore). Il risultato di una tale operazione, preoccupante e deprimente al tempo stesso, è che anziché rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana è proprio lo Stato a crearne uno, ipso facto, in evidente contrasto con quegli obblighi cui la famiglia è chiamata, per Costituzione, ad assolvere nei confronti della prole. Inutile insomma sottolineare che la contraddizione se non è palese è quanto meno evidente. E la Corte Costituzionale? In attesa della sua ardua sentenza e sicuri che anche il Presidente Mattarella abbia firmato una tale legge in nome e per conto di un interesse generalmente volto alla salvaguardia della salute pubblica e della vita dell’intero popolo italiano, ci sia almeno concesso il beneficio e l’esercizio di quel dubbio che da sempre costituisce il sale di ogni democrazia, inclusa la nostra che, per quanto acciaccata, zoppa e debole, tutto sommato ancora esiste, resiste e riesce a stare, bene o male, in piedi.

Il mio nemico non ha divisa, ama le armi, ma non le usa, nella fondina tiene le carte Visa e quando uccide non chiede scusa, cantava Daniele Silvestri. Ebbene, non sono scuse quelle che dobbiamo chiedere o pretendere, né di cui dobbiamo accontentarci nel caso in cui arrivassero, come dopo il disastro del Vajont, poiché quando la vita prende delle brutte pieghe, per quanto il tempo possa esser galantuomo, non sempre è reversibile. Dunque, prima che sia troppo tardi, quel che serve è solo una vera e dura presa di coscienza per provare a rendersi conto che laddove le leggi di mercato diventano leggi dello Stato, finisce lo Stato e comincia la barbarie, quindi: Up patriots to arms, engagez-vous! Il popolo, quando è unito, è sempre più forte della miseria.

Prec.

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