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Centri detentivi per migranti: l’America che regredisce

Chiara Barbati di Chiara Barbati
9 Giugno 2021
in Attualità
Tempo di lettura: 3 minuti
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La tendenza ad alzare muri sta diventando una caratteristica fondante dei Paesi del nord del mondo. E quando i muri non sono abbastanza alti, chiudere le gabbie diventa l’unica soluzione, per i moderni wasp, per mantenere la propria posizione privilegiata. Addirittura costruirle appositamente, le gabbie, diventa una pratica tanto eccessiva quanto vicina agli estremismi del passato.

Nelle ultime settimane, nonostante sia tema costantemente in voga da anni, la questione migranti è stata in cima alle agende mediatiche, soprattutto statunitensi. In seguito alle denunce di Alexandra Ocasio-Cortez, democratica americana, la detenzione degli immigrati clandestini è tornata a far parlare. La giovane deputata ha visitato un centro di detenzione a Clint, nel Texas, e ne ha denunciato le terribili condizioni, definendolo alla stregua di un lager nazista. Uomini ammassati in celle dalla scarsa capienza, donne abusate verbalmente e costrette a condizioni di vita di gran lunga lontane dal rispetto dei diritti umani. Bambini imprigionati, detenuti come adulti, che non hanno accesso a servizi igienici di prima necessità o a pasti caldi.

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In seguito alla visita della deputata, la NBC News ha rivelato l’esistenza di un report del Dipartimento di Sicurezza Nazionale su un altro centro di detenzione texano, quello di El Paso. Il rapporto conferma la situazione osservata dai democratici in visita a Clint, parlando di condizioni invivibili e del rischio di rivolte contro gli agenti. La situazione, già tanto delicata sia sul piano legale che su quello morale, è stata ulteriormente aggravata dalla scoperta di un gruppo segreto su Facebook in cui 9500 utenti, membri delle forze dell’ordine, scrivono e commentano post di impronta razziale. Un’intolleranza diffusa che spiega le assurde circostanze in cui vivono i migranti sudamericani.

Il tipo di scambi e commenti sulla piattaforma online sono, infatti, fortemente indicativi del clima di insofferenza che si macchia anche di scarso rispetto nei confronti del prossimo, che si tratti di vite in pericolo o di attivisti impegnati nella tutela dei diritti umani. Indubbiamente, un atteggiamento che, se non una diretta conseguenza, è correlato con l’amministrazione Trump. La politica di tolleranza zero annunciata dal Tycoon sin dagli albori della sua presidenza, infatti, sta avendo gli effetti aspettati. È certo che la scelta dei politici alla guida di un Paese dipenda dalle tendenze preesistenti tra l’elettorato, però la presenza di un governo piuttosto che un altro può modificare le sorti della nazione stessa. E al momento gli Stati Uniti – così come l’Italia – stanno dimostrando posizioni decisamente drastiche.

La rivelazione sulle condizioni dei rifugiati ha comunque suscitato lo sdegno di entrambe le fazioni politiche a stelle e strisce: i democratici, che hanno scatenato reazioni aggressive nei confronti dell’attuale amministrazione, e i repubblicani, storicamente anti-tolleranza, che trovano esagerate ed estreme le posizioni della sinistra. Eppure, la questione migranti, in America come in Europa, è sempre attuale ed è difficile trovare un periodo in cui non ci sia – in base ai punti di vista – un’emergenza migranti o un’emergenza discriminatoria. Lo sdegno, allora, dovrebbe risiedere più nel rendersi conto che le cose non cambiano mai, perché notizie del genere sono all’ordine del giorno, tanto che ormai non trovano più la sorpresa di chi le ascolta. Nonostante ciò, basta che un esempio specifico –  in questo caso il centro di Clint –  sia portato all’attenzione dell’opinione pubblica per fare rumore. Servono volti, persone riprese nell’inumanità a cui le si costringe, testimonianze autorevoli. Altrimenti, ciò di cui si parla resta qualcosa di astratto, si fatica a immaginare le persone in carne e ossa vittime del razzismo, della scarsa accoglienza di un Paese più ricco che potrebbe salvare loro la vita.

Probabilmente, il centro detentivo di Clint e la battaglia di Ocasio-Cortez sono solo la punta di un iceberg globalmente diffuso, fatto di porte e porti chiusi, di mura e di lucchetti. Come se la nostra storia non avesse insegnato nulla, si ripetono gli errori del passato alla luce della moderna e avanzata contemporaneità, che non è in grado di sfruttare le sue risorse e ancora respinge i profughi, rinchiude gli immigrati e nega aiuto ai bisognosi.

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