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Tu non mi ucciderai

Mariaconsiglia Flavia Fedele di Mariaconsiglia Flavia Fedele
25 Novembre 2019
in Il Fatto
Tempo di lettura: 3 minuti
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Non mi ucciderai, che tu voglia farlo stasera, domani, mentre dormo o mentre sono sotto la doccia. Il tuo sguardo non mi trapasserà, la tua voce grossa non mi farà tremare le gambe. Non mi ucciderai di botte, tantomeno con un coltello da cucina o con una pistola che chissà come ti sarai procurato per lasciarmi morire davanti al cancello di scuola della bambina che forse un giorno avremo. Versami pure dell’acido sul viso, non ho paura, tu non mi ucciderai.

Non cadrò mentre starò facendo le pulizie, non batterò distrattamente la testa contro un mobile, non coprirò un livido di cui probabilmente porterò il cognome, se mi toccherai, non resterò in silenzio. Sono una donna e non mi ucciderai. Non mi uccideranno i tuoi passi sempre più vicini, quel rossetto che mi sta bene, quell’abito in vetrina o un sorriso gentile ricambiato. Sono una donna e ho capito come funziona.

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Il mio nome non sarà suoi giornali, l’ultima immagine di me, in primo piano, non finirà in tv. Nemmeno vengo bene in foto e, poi, sono piuttosto riservata. Non ti approprierai del mio ieri, del mio oggi, del mio domani, non lascerò decidere a te quando avrò finito. Hai già deciso fin troppo tu, uomo, maschio, capostipite, capobranco, capofamiglia, patriarca, unico fortunato di essere nato nelle vesti giuste, le tue. Non guardarmi così, in fondo lo sai che sei venuto al mondo già grande, già indipendente, già libero di fare di te e, soprattutto, di me quello che vuoi. Una su quattro delle persone ammazzate in Italia è una donna, potresti persino uccidermi, nessuno se ne sorprenderebbe, non più di tanto, almeno. Sarei solo la vittima del giorno fino a quello successivo, fino al prossimo femminicidio. Persino la morte mi distingue da te.

Non toglierò i vestiti stasera se non avrò voglia di farlo, camminerò serena per strada senza preoccuparmi dei tuoi occhi che punteranno all’orlo della gonna o allo spazio che il movimento dei miei fianchi lascerà alla tua immaginazione, ignorerò ogni commento o pensiero, le tue mani non si apriranno nemmeno in una carezza se non lo vorrò. Indosserò mutandine comode che non ti facciano gola solo perché piacciono a me, mi guarderò allo specchio tranquilla, senza cercare alcuna competizione con l’immagine che hai fissa nella testa. Sono una donna e non mi ucciderai. Non mi uccideranno i tuoi insulti, le tue scarpe nel ventre, quel rossetto che ora macchia l’abito che era in vetrina, il sorriso deturpato. Sono una donna e ho capito che non ti fermerai.

Lo osservo nelle altre, e so che non c’è una donna che non faccia un’enorme, esasperante fatica per arrivare alla fine del giorno. Povera o ricca, ignorante o educata, bella o brutta, famosa o sconosciuta, sposata o single, impiegata o disoccupata, con bambini o senza, ribelle o obbediente, siamo tutte così profondamente segnate da un modo di stare al mondo che, anche quando lo rivendichiamo come nostro, è avvelenato alla radice da millenni di dominazione maschile. Ha ragione Elena Ferrante.

Le donne vivono in perenne contraddizione e insostenibili fatiche. Tutto, proprio tutto, è stato codificato secondo i bisogni maschili, persino la nostra biancheria intima, le pratiche sessuali, la maternità. Dobbiamo essere donne secondo i ruoli e le modalità che rendono gli uomini felici, ma dobbiamo anche confrontarci con loro, competere nei luoghi pubblici, renderli più e migliori di quello che sono e stare attente a non offenderli.

Vedi, forse, non è colpa tua, è colpa di tutta questa società che ti ha costruito intorno un altro uomo, come te, e un’altra donna, come me. Una donna che ha dovuto imparare a non strafare, che ha allenato se stessa a non essere troppo bella, troppo intelligente, troppo considerata, troppo indipendente, troppo generosa, troppo aggressiva, troppo carina. Il “troppo” di una donna produce violente reazioni maschili e, in aggiunta, l’inimicizia di altre donne, che ogni giorno sono costrette a combattere tra di loro per le briciole lasciate dagli uomini. Il “troppo” degli uomini produce generale ammirazione e posizioni di potere. Non solo la morte mi differenzia da te.

Per questo non mi ucciderai. Perché, nonostante le tue tenebre, io ho brillato comunque. Perché, che tu voglia farlo stasera, domani, mentre dormo o mentre sono sotto la doccia, il tuo sguardo non mi trapasserà, la tua voce grossa non mi farà tremare le gambe. Non mi ucciderai di botte, tantomeno gettandomi in un pozzo o strozzandomi. Non mi violenterai, puoi rialzare la zip. Sono una donna e ho imparato a difendermi. Ammazza me, ma poi ammazzale tutte. Sono una donna e non ho paura. Vivrò in ognuno dei loro volti, tu non mi ucciderai.

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