Sì, l’Italia è un Paese (anti)fascista e a quanto pare lo ha riscoperto solo di recente a Macerata, qualche settimana fa, quando alla ferocia alloctona di due “bestie” d’origine nigeriana si è contrapposta quella autoctona nonché subumana di un lucidissimo “imbecille”, a cui si è successivamente aggiunta, come se non bastasse, la brutale follia di Stato esercitata con gli idranti, in una notte d’inverno, sulla folla dei contestatori a Torino, in occasione dei recentissimi scontri di piazza, risalenti allo scorso giovedì 22 febbraio, dovuti alla presenza del leader di CasaPound Simone Di Stefano, giunto in città per la campagna elettorale.
Si è scritto e detto già molto, forse anche troppo, rispetto a tali questioni. Qualche parola, però, andrebbe forse ancora spesa rispetto a quelle che potrebbero essere le conseguenze sul piano internazionale di suddette vicende che le riflessioni espresse in entrambi i casi non hanno finora mai affrontato: come escono le ossa dell’intera Italia da terremoti civili di questa portata?
Per ciò che concerne i fatti di Torino, il “saggio” Salvini suggerisce di far pagare i danni ai genitori dei ragazzi responsabili della sassaiola. Bene, ma chi pagherà il danno morale che la presenza di formazioni neofasciste come CasaPound continuano a infliggere a un Paese come il nostro, che già fa fatica a essere unito?
Il fascismo è sempre e comunque una gigantesca montagna di merda. Almeno questo dovremmo serenamente assodarlo e condividerlo. Quando riusciremo, quindi, a digerire il maledetto passato, macchia dell’intero Occidente, allo scopo di riconoscerci tutti serenamente italiani, uniti da un unico interesse di carattere legittimamente nazionale? Diciamolo, l’Italia è una nazione erede di quell’inganno sabaudo chiamato fascismo, portatore di indelebili infamie come le leggi razziali, che ha perso la guerra contro altri fascismi, che tutt’oggi impongono democrazia al resto del mondo a suon di bombe intelligenti. Con quale autorevolezza morale, quindi, potremo mai contrastare i demoni del presente se non laviamo la nostra coscienza dalla presenza dei demoni del passato?
La vera ferita riaperta per l’ennesima volta nel tessuto della società civile nostrana dai recenti fatti di cronaca, dunque, è che in uno Stato in cui la sinistra non combatte più contro il capitale, ma per il capitale, non può che indurre il popolo a difendersi da essa, ripiegando a destra. Le dittature, infatti, al contrario di ciò che si pensa, non sono una forma di perdita della sovranità, ma un’esaltazione della stessa in chiave populista a causa dell’assenza di una rappresentanza popolare capace di esprimersi in via democratica. Questo è il quadro in cui un Paese senza Stato non potrà mai aver ragione né, tantomeno, ragion di Stato.
Si dice che gli inglesi siano in pace con il loro passato e ciò risulta piuttosto evidente se si visita, ad esempio, il British Museum, meritoria istituzione autocelebrativa del potere coloniale britannico, apologia di un impero thatcherianamente conservato mutandone la forma e sostituendo il concetto di conquista con quello di acquisto di qualunque cosa, merce o essere umano che sia. Si dice, inoltre, che anche i francesi possano dirsi in pace con il proprio ieri, poiché hanno fatto una rivoluzione borghese con cui per primi sono stati capaci di mettere nero su bianco valori universali come quelli di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Infine, pare che persino i tedeschi abbiano fatto pace con la loro storia, passata e soprattutto recente, in quanto sembra siano stati in grado, o forse è stato semplicemente concesso loro, di cospargersi il capo di cenere facendo opera di entnazifizierung (denazificazione).
L’Italia, invece, posta al centro di quel mare una volta nostrum, è ancora perfettamente in guerra con se stessa, senza un popolo a cui dare un avvenire e tra un po’ senza neanche più una lingua con cui chiedere scusa per poter riprendere a guardare finalmente avanti in nome di quell’interesse nazionale già più volte ucciso sull’altare dei rapporti internazionali, con almeno due di queste decisamente degne di nota: nel 1962 con la morte di Enrico Mattei e, trent’anni dopo, nel 1992, con quella di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Quando smetteremo, dunque, di essere un Paese pacificato in nome di interessi altrui, per iniziare a essere finalmente in pace noi stessi, con l’obiettivo di iniziare a condividere un’idea di futuro uguale per tutti, senza che ogni volta, a fronte di una qualunque tornata elettorale, si debba tragicamente assistere alla beota divisione tra fascisti e antifascisti, Nord e Sud, Est e Ovest, e così via?
Qui da noi tutto è un campionato e qualunque cosa fa classifica, eppure restiamo sempre in fondo: siamo quelli che guidano peggio in Europa, siamo i più corrotti d’Europa, siamo i più trasgressivi d’Europa, siamo quelli che non sanno stare alle regole, ma di chi?
Immigrati non lasciateci soli con i fascisti è stata la frase più urlata in rete come in piazza, scritta, e viralmente riproposta via social, su uno dei cartelli sorretti dai partecipanti alla manifestazione anti-Traini, e per questo antifascista, di Macerata. Insomma, continuiamo ad aver sempre bisogno di qualcuno che venga a salvarci per questo, francamente, io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono. Per provare a proseguire quel cammino iniziato, a torto o ragione, nel 1861 dobbiamo smetterla di continuare strumentalmente, beceramente, provincialmente e auto-lesivamente a fare di ogni erba un “fascio”.
La democrazia è qualcosa di troppo importante per consentire alle leggi di mercato di diventare leggi di uno Stato in cui ai cittadini vanno sempre più sostituendosi masse di consumatori a cui dare in pasto “offerte” culturali senza radici, se non quelle di una “malapianta” a cui di tanto in tanto vengono concessi acqua e concime, una “malapianta” che si poteva estirpare, prima che uccidessimo chi stava per farlo. La storia insegna che chi uccide i propri servitori finisce con il diventar servo, ovvero (s)venditore della propria forza lavoro, e non solo, al migliore offerente. Italia, γνῶθι σαυτόν (gnōthi seautón = conosci te stessa) se non vuoi che continuino a essere sempre gli altri a dirti chi sei.
Dimostrazione ne sia l’ultima dichiarazione rilasciata da parte di Jean-Claude Juncker in relazione al possibile, futuro esito elettorale italiano, là dove si andrebbe prefigurando una situazione di governo non operativo o, per meglio voler tradurre, non collaborazionista. I collari d’oro lasciamoli ai miserabili, ciò verso cui dobbiamo invece tendere è la piena libertà da ogni forma di fascismo, sia esso nazionale o sovranazionale.
Italia, conosci te stessa poiché il fascismo è come la mafia, prolifera sempre e solo là dove lo Stato latita. Per questo non esito, oggi, a definirci un Paese (anti)fascista. Due facce diverse di una stessa medaglia con cui il resto del mondo continua a fare testa o croce.
