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Il Fatto

Quirinale: Berlusconi, Draghi e il mercato delle vacche

Nel grande marasma del governo dei migliori, con un virus ormai fuori controllo, provvedimenti tappabuchi frutto di una serie di compromessi con il Comitato Tecnico Scientifico e la ormai consueta smania di protagonismo del Presidente della Regione Campania e di alcuni leader della maggioranza dalla doppia faccia, procede come nulla fosse la campagna elettorale per l’elezione del Capo dello Stato. Il toto-nomi per il Quirinale impazza, seppur quasi sempre finalizzato a bruciare sul nascere possibili candidature, alcune avanzate soltanto per quel principio di riconoscenza dovuta anche tra qualche imbarazzo, false promesse e l’immancabile mercato delle vacche.

È in questo quadro che l’improponibile ex Cavaliere, condannato in via definitiva per frode fiscale, costretto a districarsi tra quattro processi e sotto inchiesta per le stragi di mafia del 1993, muove le sue pedine. Ed è in questo contesto che un magistrato dalla schiena dritta come Nino Di Matteo, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, deve opportunamente ricordare ai tanti smemorati o a quanti fanno finta di non ricordare che «in una sentenza definitiva della Corte d’Appello ma con il bollo della Corte di Cassazione, che ha condannato per concorso in associazione mafiosa Marcello Dell’Utri, è sancito che Dell’Utri, all’epoca non senatore, fu intermediario di un accordo stipulato nel 1974 e rispettato da entrambe le parti fino al 1992 tra le famiglie di vertice della mafia palermitana e dall’allora imprenditore Silvio Berlusconi. Quell’accordo prevedeva, in cambio della protezione personale e imprenditoriale, il versamento di somme molto ingenti di denaro da parte di Berlusconi a Cosa Nostra. Io non voglio commentare né esprimere giudizi politici però questo sta diventando un Paese in cui ogni tanto qualche fatto emerso anche in sentenze definitive va ricordato».

Parole, le sue, che per la schiera di miracolati confluiti in Forza Italia e in quella coalizione dal capo indiscusso, capace di far giurare e mettere ai voti persino una bufala colossale come quella di Ruby nipote di Mubarak – cui l’attuale Presidente del Senato e la leader di Fratelli d’Italia non fecero mancare il loro sostegno nell’aprile del 2011 – suonano come oltraggio all’eterno perseguitato e vittima della magistratura. Insomma, per l’immortale narcisista non c’è pandemia che tenga: la sua infinita voglia di scalare anche la vetta più alta, poter presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura, resta forse il suo desiderio inconscio più grande.

I tanti graziati trovatisi come per incanto catapultati nelle istituzioni, da Forza Italia a Fratelli d’Italia fino alla Lega, hanno tutto l’interesse a partecipare al gioco perverso fregandosene di finire nel ridicolo sul piano internazionale e facendo pagare nuovamente un caro prezzo al nostro Paese già violentato, piombando in un degrado politico, morale e sociale le cui ripercussioni peseranno ancora per qualche decennio. Vedremo se a dare man forte all’improponibile sarà parte, anche se minima, del gruppo misto o la solita mina vagante della democrazia che con il suo risicato 2% vorrà pure in questa occasione dimostrare di essere ancora ago della bilancia della politica dei peggiori.

Se, dunque, l’autocandidatura del plurindagato e condannato uomo dai ricoveri a orologeria non è risultata per niente una sorpresa, anche quella di super Mario è parsa prevedibile e di comodo, finanche più auspicabile, dai miracolati del centrodestra – sia di governo che di opposizione – che forti dei sondaggi intravedono la possibilità di governare e gestire quei fondi così appetibili, attuando anche l’autonomia differenziata tanto cara a una parte del Paese.

Il super banchiere, come tutti quelli della categoria che si rispettino, pur non provenendo dalla politica attiva, avrebbe di certo la capacità di mediare, dare a ciascuno la sensazione di contare e garantirsi un settennato contro un’improbabile permanenza oltre il 2023. Una presidenza che farebbe comodo all’intero attuale sistema politico, che si sbarazzerebbe così di una figura ingombrante, anche se destinato a governare ancora per poco. E, c’è da starne certi, come tutti i banchieri non sarà disponibile all’usa e getta, a un’uscita di scena silenziosa come l’avvocato del popolo: per lui e per quelli come lui, ci dovrà essere sempre un domani migliore.

Anche questa elezione del Capo dello Stato, dunque, sarà l’ulteriore specchio del Paese, delle sue contraddizioni e dell’incapacità di compattarsi nell’interesse della comunità, dove gli interessi delle lobby della politica e della finanza hanno la prevalenza su qualsiasi altro valore che non abbia finalità egoistiche di parte, la raffigurazione della degenerazione della politica e della sua rappresentanza, capace anche di esternazioni tra il ridicolo e il patetico, nonché di profferire bestialità come il parlamentare avellinese buono per tutte le stagioni Gianfranco Rotondi – «Berlusconi al Quirinale? Sarebbe straordinariamente simile a Pertini» – evitando anche il solito dibattito sulla necessità di una figura femminile il cui solo sesso rappresenterebbe la soluzione di tutti i problemi. E, invece, capacità, onestà e rispettoso rigore della Costituzione sono elementi indispensabili al di là del sesso.

Conseguenze della pandemia o più verosimilmente una costante della democrazia malata? Un virus da tempo insinuatosi nella quasi totalità del mondo che presenta sempre più analoghe patologie, leadership mediocri incapaci di risolvere il presente e progettare il futuro, una cecità totale sui pericoli che incombono sulla sopravvivenza del pianeta, sulle fonti energetiche a rischio e sulle differenze sempre più evidenti che generano ingiustizie inaccettabili.

Occorre uscire dal proprio particolare e dal provincialismo ideologico andando oltre i confini, verso una visione più globale, consapevoli di viaggiare tutti sulla stessa barca e nell’unica direzione del bene comune, dello sviluppo possibile a servizio dell’umanità tutta, cominciando ciascuno nei propri ambiti di azione, scartando una classe dirigente mediocre e formando da subito le nuove generazioni non contagiate dalla malapolitica.

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