Perché è così difficile fare (buona) letteratura che parli di sesso? Forse perché ci riguarda tutti, senza eccezioni. Si dice spesso che a parlare di sesso nei libri si rischiano due derive: il grottesco e il comico. O tutte e due. Eppure, tralasciando i vari Cinquanta sfumature di grigio o gli Harmony (che, a dire la verità, in adolescenza ho molto apprezzato), si può fare ottima letteratura anche affrontando questa tema. Di fatto, è uno degli argomenti più trattati, più esplorati e sviscerati in narrativa e in saggistica, senza parlare della poesia, e quindi la mia domanda è: perché sembra così intricato non scadere nel banale?
Da qualche parte ho letto: “Non leggo libri erotici perché si sa sempre come vanno a finire”. Non è una cosa sbagliata da dire in termini assoluti, mi spinge a chiedermi perché si leggano romanzi erotici o pornografici: per piacere, per noia, per curiosità, sono tutte opzioni valide, ma non sono sicura che una storia piccante sia sempre già un copione scritto e conosciuto.
Prendiamo ad esempio Emmanuelle di Emmanuelle Arsan, uno dei romanzi erotici più famosi di tutti i tempi: in parte autobiografico, racconta la storia di una donna che intrattiene varie relazioni fedifraghe con uomini e donne al di fuori del matrimonio. Si tratta di un erotismo borghese, di sesso che gioca sul binarismo erotico-esotico (la storia è ambientata in Thailandia) e quindi, nonostante la protagonista sia sessualmente emancipata – tanto che va a letto sia con uomini che con donne –, la potenzialità espressiva viene trattenuta da un tono tutto sommato soft e figlio degli anni in cui è stato scritto, gli anni Sessanta.
Di lì, stringendo di nuovo con forza, la mano ripartiva verso il basso dell’asta, tendendo il prepuzio, volta a volta strangolando la carne tumescente o allentando la stretta, sfiorando appena la mucosa o molestandola, massaggiando con grandi movimenti del polso oppure tormentando con brevi colpi senza pietà […] Il glande, raddoppiato di volume, si infuocava e sembrava ad ogni istante sempre più prossimo a esplodere. Emmanuelle ricevette con una strana esaltazione, lungo le braccia, sul ventre nudo, sul seno, sulla bocca, nei capelli, i lunghi zampilli bianchi e odoranti che il membro infine soddisfatto riversava. Sembrava non dovessero mai esaurirsi. Credeva di sentirseli colare nella gola, credeva di berli […] Una ignota ebbrezza la possedeva. Un piacere senza pudore. Quando lasciò ricadere il braccio, l’uomo strinse con la punta delle dita il clitoride di Emmanuelle e la fece godere.
Se il sesso viene reso invece in modo provocatorio, sensuale, sulla scia di Lolita di Nabokov per la sua protagonista, allora possiamo menzionare Le età di Lulù di Almudena Grandes. Lulù ha quindici anni e inizia una relazione con un uomo amico di famiglia molto più grande di lei. Qui, a differenza del testo precedente, il sesso è veicolo di trasgressione sordida, di ossessione, di libertinaggio, certo, ma decisamente meno spensierato. C’è della devianza, del grottesco, ma incanalato a servizio della storia. Esplicito, quindi il tono diventa più gretto (che non vuol dire volgare) e sporco.
Fu una scopata strana, quasi coniugale, quasi. Mi chiedeva continuamente di aprire gli occhi e di guardarlo, ma io non potevo farlo, soprattutto quando il mio sesso cominciava a gonfiarsi, a ingrossare con ostentazione, e mi imponeva lo stupido obbligo di rimanere sola, sola con lui, per poter avvertire pienamente la sua grottesca metamorfosi, io cercavo, mi sforzavo in tutti i modi di guardarlo, e aprivo gli occhi, e lo trovavo lì, il volto sospeso sopra il mio, la bocca socchiusa, e vedevo il mio corpo, i miei capezzoli eretti, lunghi, e il mio ventre che tremava, e il suo, vedevo come si muoveva il suo cazzo, come si nascondeva e riappariva costantemente dietro i miei pochi peli sopravvissuti, ma il mero fatto di vedere, di guardare quello che stava succedendo, accelerava le esigenze del mio sesso.
Su una linea d’onda simile posso annoverare Porci con le ali di Ravera e Radice. Ci sono poi libri in cui il sesso è descritto in modo crudo, rozzo, alcune storie necessitano un linguaggio triviale. È il caso di Albina di Alejandro Jodorowsky che non è propriamente un romanzo erotico o incentrato sul sesso, ma presenta delle scene molto esplicite descritte in modo “animalesco” (e c’è un motivo).
Pata de bombo scrollò vigorosamente il pelame pieno di terra. Annusò i sellini del tandem, grugnì, si chinò su quello che aveva l’odore di Albina e con rapidi movimenti degli stretti fianchi, la coda lanosa che si agitava come un metronomo impazzito, strofinò l’appendice paonazza fino a inondare il cuoio di un seme acido. Leccò la sostanza appiccicosa per placare la sete. Cercò di pensare. Nonostante procedesse in linea retta, innumerevoli volte era ritornato al punto di partenza. Allora? Quel che doveva fare era seguire il sentiero contorto senza mai abbandonarlo. Maledizione! Per placare la sua ira e accettare i dettami delle curve, avanzò orinando a ogni angolo. Doveva possederla, doveva tagliarle la giugulare, doveva affondarle il muso nell’ano e divorarla a partire dagli intestini!
Sempre similo per linguaggio gli immancabili Bukowski e Palahniuk, nonché Henry Miller. Per gli italiani senz’altro il grande Peppe Lanzetta. E poi ci sono i libri scandalosi, quelli che furono censurati, banditi, che subirono l’indignazione del pubblico per le più disparate ragioni: tematiche scabrose, linguaggio ritenuto inaccettabile, tradimenti, sodomia, pratiche sadomaso, violenze. La lista qui sarebbe molto lunga, ma ne cito solo alcuni, conosciuti e meno conosciuti: Justine o le sventure della virtù di De Sade (tutta la sua produzione si attesta su questa linea); Gamiani o due notti di eccessi, anonimo ma attribuito ad Alfred de Musset; Hombre, le poesie sodomitiche di Verlaine; The Housewife’s Handbook di Lilian Serett (questo libro, ancora oggi, è sulla lista nera della Corte Suprema americana); ovviamente come non citare Lolita di Nabokov.
Quella vista mi fece perdere completamente la testa. Per un attimo, mi avevano dominato il disgusto, l’indignazione. Volevo presentarmi alla contessa, schiacciarla sotto il peso del mio disprezzo. Ma i sensi furono più forti della ragione. La carne trionfò, orgogliosa, fremente. Mi lanciai sulla bella Fanny, nudo, di fuoco, di porpora, terribile… Lei ebbe appena il tempo di rendersi conto di questo nuovo attacco che io, già vittorioso, sentivo il suo corpo docile, fragile, tremante, agitarsi sotto il mio, rispondere a ciascuno dei miei colpi. Le nostre lingue si incrociavano, roventi, affilate, le nostre anime si fondevano in una sola!
FANNY: Ah, mio Dio! Mi uccidono!…
Così dicendo, la bella si irrigidisce, sospira e poi ricade, inondandomi dei suoi favori.
«Ah!… Fanny!…», gridai. «Aspetta… ecco!… Ah!».
A mia volta, credetti di morire.
Quale eccesso!… Annientato, perso nelle braccia di Fanny, non mi ero affatto accorto dei terribili attacchi della contessa.
E se invece il sesso volesse essere divertente, ironico, leggero. Ci sono molti esempi illustri di letteratura di una certa qualità che trattano l’erotismo in questo modo. Uno su tutti, Marziale con i suoi epigrammi:
Ho detto ‘fichi’ e tu ridi quasi ch’io parlassi come un barbaro
e pretendi, Lietoano, che si dica ‘ficozzi’.
Allora chiameremo ‘fichi’ quelli che sappiamo nascer sull’albero,
‘ficozzi’ quelli che spuntan dal tuo culo, Ceciliano (epigramma VII.71)
Avvicinandoci alla narrativa moderna, mi viene in mente Angela Carter con Notti al circo, Venere nera e La camera di sangue (erotismo estremo, scrittura elegantissima); Un amore di Buzzati (leggero, ma classico come tono e stile); Autobiografia erotica di Aristide Gambìa di Starnone (divertentissimo, zozzo).
Il suo, per capirci, era il rammarico languido di chi per qualche secondo mette a confronto la sua esistenza, piena ma comunque frenata, con quella sfrenata dei protagonisti di certi libri della giovinezza, con il sogno di perdere i margini e sregolarsi soprattutto nel piacere sessuale, e perciò rimpiange di non avere mai veramente ecceduto, di non aver mai infilato uova sode appena sgusciate in una vagina, di non aver mai ficcato il coso tosto dentro una fessa appena fottuta da altri mentre un tizio da dietro ti sguarra il mazzo, di non aver mai confuso cazzi e fiche e buchi del culo e bocche e lingue e bave e sperma e sangue, smarrendo l’orientamento sessuale e, insieme, il senso di sé.
Insomma, si può fare della buona letteratura anche parlando di sesso. Tutto dipende dall’aderenza del tema alla voce e dalla sensibilità (o la “bacchettonaggine”) del lettore. Il bello dei libri che parlano di sesso è che sono tantissimi e non basta una vita per scoprirli tutti. Pensateci un attimo: quasi in tutti i testi di narrativa, quasi, c’è una scena di sesso o comunque un guizzo piccante. Il sesso vende, non c’è niente da fare. Ovviamente mi sono tenuta lontana dalla saggistica e dalla poesia, perché anche lì ci sarebbe molto da dire.
Alla mia domanda iniziale si può rispondere proprio così: che il sesso in letteratura (e non solo) può diventare banale perché ormai ne scrivono tutti, in tutte le salse. Non ha più senso, oggi, censurare un testo, e questo è un po’ triste perché vuol dire che in qualche modo ci siamo assuefatti. Eppure ci scandalizziamo giornalmente per qualsiasi cosa. Si tratta di una contraddizione a tratti divertente, a tratti frustrante.
Qual è l’ultimo testo erotico per il quale si è scatenato un dibattito in Italia? Forse 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire di Melissa Panarello. E parliamo del 2003. Sono passati ventuno anni e un altro caso letterario così non si è più visto (se escludiamo romanzi di altri generi, ad esempio Gomorra e i libri di Elena Ferrante). Mi chiedo cos’è che manca. Forse la sorpresa, la meraviglia, la vera indignazione a cui segue una vera disputa. Mancano un po’ i tempi in cui Apollinaire faceva uscire Le undicimila verghe e tutti arrossivano a leggerne le pagine, o quando ci si passava sottobanco L’amante di Lady Chatterley di Lawrence.