Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione, Antonio Gramsci ne era fermamente convinto. Probabilmente, dovevano pensarla così anche Otto Hampel e sua moglie Elise Lemme, autori di una romantica rivoluzione armata di parole, volta al combattimento del Terzo Reich. Alla loro coraggiosa storia, resa nota dalla penna del celebre scrittore Hans Fallada si ispirò, con qualche modifica, il libro Ognuno muore solo (Sellerio), nel 2016 riproposto in forma cinematografica da Vincent Pérez con il film Alone in Berlin, Lettere da Berlino nella versione italiana, interpretato tra gli altri da Emma Thompson e Brendan Gleeson.
Era il 1940 quando una missiva della Wehrmacht annunciò ai coniugi Quangel – questo il cognome voluto dallo scrittore – che Hans, il loro unico figlio – fratello di lei nella realtà –, era caduto in battaglia sul fronte francese, cambiando irrimediabilmente le loro vite. Vittime del dolore e privati del dono più prezioso, in nome di una patria e di un Führer troppo follemente innamorati di sé, i due decisero, allora, di dare un nuovo senso alle loro esistenze che, da quel momento, furono dedicate alla lotta al potere.
Sostenuto pienamente da Elise, infatti, Otto, scrupolosamente attento a non lasciare tracce, diede inizio alla sua personale sfida al nazismo attraverso la redazione di cartoline che mettevano duramente in discussione Hitler. I brevi componimenti, spesso anche singole frasi, furono di volta in volta rilasciati in punti strategici della città di Berlino, secondo uno schema ben preciso che permise, per due lunghi anni, ampia copertura e vasta diffusione del silenzioso grido antinazista. I Quangel, infatti, desideravano risvegliare la coscienza del popolo tedesco, esortandolo a ribellarsi a una dittatura che perseguiva violentemente gli ebrei ma, anche, tutti coloro che a essa si opponevano. In un clima di terrore tale, però, sperare in una reazione fu davvero impresa ardua. Chi trovava i biglietti, infatti, si apprestava rapidamente a consegnarli alla polizia che, intanto, era sulle tracce degli autori di quella sommossa unica nel suo genere ma priva, nei fatti, di una vera e propria organizzazione politica di opposizione.
Dal 1940 al 1942, per la Gestapo fu praticamente impossibile risalire ai due. Quella rivolta tra le mura di casa, la cura all’anonimato, la normalità di persone come Otto ed Elise – lui falegname in una fabbrica che produceva materiale per fini bellici, lei membro dell’associazione nazionale delle donne socialiste – resero piuttosto complicata la loro individuazione, ritenuta sempre più necessaria perché pericolosa. Nessuno doveva sapere, nessuno doveva dubitare: il regime doveva continuare ad apparire saldo.
Le cartoline composte dai Quangel, prima che una tasca bucata tradisse Otto, furono circa duecentoottantacinque. Quelle riconsegnate duecentosessantasette. Solo diciotto, infatti, non furono mai denunciate. Forse, la perdita del giovane figlio, il grosso rischio di essere scoperti, la paura e il bisogno di dire basta non erano stati così inutili: nel frastuono delle bombe, qualcuno aveva sentito le urla di due genitori stanchi, arrabbiati, soli.
Gli Hampel tentarono di combattere il Führer dall’interno, in modo tanto silenzioso quanto deciso. Consci della potenza della propaganda nazista, ancor più efficace dei soldati schierati ovunque, scelsero di opporvisi imbracciando la stessa arma, la parola, sperando in un ridestamento tale da sovvertire lo stato delle cose. Sebbene la Gestapo abbia tentato di metterli a tacere, però, condannandoli anche alla decapitazione, proprio la polizia segreta con i suoi documenti, ha permesso alla loro storia di giungere fino a noi. La scrittura, l’unico mezzo a disposizione della temeraria coppia, alla fine ha vinto.
Anche se molte delle fonti ufficiali hanno sempre teso a presentarci la nazione tedesca dell’epoca come compatta e determinata nell’affermazione della presunta superiorità della razza ariana, la vicenda smentisce l’errata convinzione che Hitler non avesse oppositori in patria e ci ricorda che, ieri come oggi, nessuna rivolta, anche la più piccina, anche la più apparentemente innocua, è inutile. Qualcuno, negli anni difficili della guerra, ha scelto di tenere quelle cartoline. Qualcuno, forse, ha dato la possibilità alla Germania e al mondo intero di ribellarsi, di pretendere un futuro, di rinascere, di non soccombere sotto le bombe psicologiche e reali.
Ogni battaglia merita di essere combattuta, ogni regime rovesciato, ogni libertà difesa. C’è un motivo per il quale il potere ha sempre temuto gli intellettuali: le parole fanno sì che le idee e i diritti non restino inespressi. Ma mentre le voci si possono mettere a tacere, la scrittura non si imbavaglia, non la si ferma in alcun modo. La sua eco supera persino il rimbombo delle armi. E, allora, prendete carta e penna.
Brava. Io penso ad oggi