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Oggi negli USA, ieri in Italia: la storia si ripete, anche i golpe

Antonio Salzano di Antonio Salzano
21 Gennaio 2024
in AZETA di Antonio Salzano
Tempo di lettura: 4 minuti
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Soltanto pochi giorni dopo, il fallito tentativo di golpe dell’armata guidata dal trentaduenne italo-americano Jake Angeli, ultras pro Trump dal volto dipinto con i colori del vessillo USA, pelliccia, bandiera a stelle strisce e sul capo un cappello con le corna da vichingo, è già un brutto ricordo, una delle pagine più tristi della storia americana. Non l’unica, certo, ma comunque una di quelle più squallide, ordita da un Presidente che non sembra aver definitivamente deposto le armi e che farà ancora parlare di sé preparando il prossimo assalto, magari quello elettorale tra quattro anni.

L’attacco a Capitol Hill, però, ha portato alla memoria anche un altro tentativo di colpo di Stato, stroncato nel giro di poche ore, che sarebbe dovuto avvenire in Italia nella notte tra il 7 e l’8 dicembre di cinquant’anni fa da parte di Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas e leader dell’organizzazione neofascista Fronte Nazionale, con la complicità di alcuni alti ufficiali della difesa a riposo e qualche centinaio di militari. L’episodio fu reso noto alla Camera, dopo numerose indiscrezioni giornalistiche, dall’allora Ministro dell’Interno Restivo soltanto il 17 marzo del 1971.

Quello nella più grande potenza mondiale, invece, è avvenuto per mano di alcuni seguaci di QAnon, ossessionati da un ipotetico complotto segreto di immaginari poteri occulti contro Donald Trump, che hanno invaso, senza alcuna difficoltà, la sede del Senato con la connivenza di una polizia abitualmente pronta a sparare al primo uomo di colore disarmato, ma inerme al cospetto di una massa umana bianca che ha violato il Congresso nella maniera più semplice di questo mondo. Quale la reazione se la folla fosse stata di colore?

L’America ne uscirà, seppur con le ossa rotte. Tuttavia, sarà lecito chiedersi le ragioni di un declino mai avvenuto in tempi relativamente recenti della storia statunitense – neppure in occasione di altre presidenze a guida repubblicana –, almeno negli aspetti più eclatanti che hanno influito sul prestigio degli USA stessi. La destra conservatrice è diventata populista e nazionalista, il Paese, da sempre diviso, si è spaccato come mai prima d’ora. Il Presidente, che in quattro anni ha marcato le differenze seminando odio, non accendendo nuovi teatri di guerra, ma limitandosi a minacce e a creare barriere economiche, è oggi isolato e messo a tacere anche dai social. Eppure, costituisce ancora motivo di grande preoccupazione, tanto da indurre la Presidente della Camera Nancy Pelosi ad allertare l’esercito per impedire qualsiasi possibile azione militare e persino un possibile ipotetico attacco nucleare da parte del Tyconn, ormai sotto impeachment.

Ma lo stile alquanto rudimentale dell’assalto al Senato americano ricorda anche un’altra azione avvenuta in Italia l’8 maggio del 1997, stavolta a opera di militanti della Liga Veneta per l’indipendenza della Padania, la cui storia vale la pena di essere sinteticamente raccontata per gli aspetti alquanto comici non tanto diversi da quella Lega inconcludente di governo che si è imposta poi nel panorama politico nostrano, complice il progressivo degrado culturale che ne ha favorito il consenso.

Alcuni militanti che non meritano nemmeno di essere citati, dopo aver rubato un camper e un camion trasportante un grossolano blindato dalle sembianze di un carro armato militare, fecero dirottare un traghetto di linea su Piazza San Marco con l’obiettivo di occupare il campanile dove, però, ci fu soltanto il tempo di esporre la bandiera simbolo della Repubblica di Venezia. Anche quella volta, infatti, in poche ore, la piazza fu fatta sgombrare e i nove uomini del gruppo della Serenissima arrestati e processati. Oggi, ricordare questo episodio ha ancora una certa importanza perché quello fu il precursore del dirottamento della Lega nella compagine del Governo Berlusconi, origine della futura bassezza morale e politica del Paese e di una spaccatura ancora molto presente.

Come uscire da quello che sembra un vero e proprio cancro, non solo nel nostro Paese, negli USA come in Brasile, in Turchia o in Ungheria? Come uscire da quel populismo che ha come unico scopo quello di far presa sulla gente, accattivandosi i favori con atteggiamenti politici demagogici, conseguenza di un deterioramento del tessuto sociale e di un impoverimento culturale non casuale, strumentale a una gestione mediocre e scadente della cosa pubblica che non serve a soddisfare gli interessi della comunità?

Favorire lo sviluppo culturale, come non ci stanchiamo di ripetere a ogni occasione, vuol dire dare priorità alla scuola, all’università, alle arti in tutte le loro espressioni, vuol dire creare quel collante necessario in tutte le comunità sociali guardando alla politica come servizio, come mezzo di crescita per il benessere comune, per aumentare la capacità di tenere fuori le forze che hanno a cuore unicamente il bene di parti della società e non di tutti. Vuol dire creare le condizioni affinché ognuno abbia riconosciuti gli stessi diritti, creando corsie preferenziali per i più deboli e per quel mondo della disabilità sempre più tenuto ai margini, in particolare nei Paesi più ricchi.

Che Tanko Marcantonio Bragadin 007, il carro armato dei serenissimi, e lo sciamano QAnon servano, a futura memoria, per riconoscere l’imbecillità, la mediocrità e il decadimento culturale del nostro tempo e di quanti protagonisti capaci unicamente di favorire un declino dal quale sarà complicato riprendersi. Un compito che, purtroppo, spetterà proprio alla generazione più giovane, già calpestata e vittima del sistema mondo per come oggi lo conosciamo.

Prec.

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