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Napoli da terzo mondo e quel mondo contro Napoli

Antonio Salzano di Antonio Salzano
21 Gennaio 2024
in AZETA di Antonio Salzano
Tempo di lettura: 3 minuti
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Puntuale, anche quest’anno, è stata pubblicata l’ennesima classifica della qualità della vita delle città italiane ricavata in base ad alcuni parametri come ricchezza, consumi, servizi, ambiente, sicurezza, affari, lavoro, demografia, cultura e tempo libero. Un insieme di coefficienti calcolati con metodo ragionieristico che impietosamente fornisce una graduatoria senza anima, che non considera quell’insieme di elementi che vanno ben al di là dell’arido computo dei numeri che dovrebbero valutare il grado di vivibilità.

Quest’anno, a mettere sotto la lente di ingrandimento le maggiori città del nostro Paese, è stato il Rapporto 2021 sulla Qualità della Vita elaborato da ItaliaOggi e l’Università La Sapienza di Roma che per grandi linee riflette quello stilato lo scorso 2020 da Il Sole 24 Ore relegando, ancora una volta, la città partenopea agli ultimi posti. Come se non bastasse, è balzato fuori contemporaneamente un articolo del quotidiano francese Le Figaro, pubblicato sospettosamente poco prima delle recenti elezioni amministrative, in cui si inneggia al candidato Manfredi atteso come il Messia, mentre si definisce Napoli città del terzo mondo.

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Che i servizi essenziali come i trasporti e la pulizia lascino ancora a desiderare, nonostante il salvataggio delle rispettive aziende pubbliche e dei relativi posti di lavoro, è cosa purtroppo ben nota, così come anche le ragioni di natura economica che ne hanno impedito una definitiva sistemazione riconducibili al carico di debiti aggravato da ingenti oneri di competenza dello Stato e dal taglio indiscriminato di risorse operato dai vari governi che hanno letteralmente strozzato l’Amministrazione arancione. Debiti e tagli oggi al centro dell’attenzione del neo Sindaco, che ha riconosciuto e posto come problema prioritario proprio il risanamento dei conti. Esattamente ciò che per dieci anni è stato chiesto dal suo predecessore.

Miracolosamente, la città da terzo mondo e agli ultimi posti della classifica dell’università romana in tempi recenti ha incrementato in maniera straordinaria il numero dei turisti di provenienza sia nazionale che internazionale, evidentemente interessati a conoscerne il grado di sottosviluppo e fotografarne i resti come di una nuova Pompei distrutta e decadente. Stesso interesse da parte di principali marchi della moda e importanti registi per decine di produzioni cinematografiche, tra le quali anche una candidata ai prossimi Oscar. La cultura, dunque, come elemento prioritario di ripresa dell’interesse turistico che in questi anni ha toccato punte da record.

Quali le reazioni della politica e di certa borghesia? Lascia interdetti quella della classe dirigente della città che, responsabile di gran parte della storia recente, sembra oggi scesa da Marte: dopo aver ostacolato in tutti i modi e in tutte le forme il cammino dell’Amministrazione precedente partecipando ai ricatti dei governi e mobilitando talvolta anche la piazza per chiederne il fallimento, si ripropone al giudizio dell’elettorato sotto sigle diverse, salvatori della città ma a precise condizioni.

Anche una consistente parte della borghesia avvezza a favoritismi e interessi particolari si è resa partecipe del gioco perverso di autodistruzione, non meno peggiore di quella classe dirigente figlia di un sistema tornato alla guida di Napoli in un momento dove le risorse previste potrebbero far rivivere momenti bui della mala politica, passando da dieci anni di mani pulite alle mani sulla città. Le privatizzazioni annunciate sono soltanto l’inizio di un processo frutto di scelte decise e fortemente volute.

In mancanza di una presa di coscienza collettiva e in presenza di un sistema duro a morire, non saranno certamente i fiumi di danaro a risolvere problemi vecchi e nuovi di una città che, nonostante tutto, è riuscita a fatica a recuperare dignità e immagine, una Napoli di cui nessuna classifica sarà in grado di misurare l’anima che Erri De Luca ben sintetizzò qualche anno fa:

Ignoro i criteri di valutazione ma dubito che siano adeguati allo scopo. C’è qualità di vita in una città che vive anche di notte, con bar, negozi, locali aperti e frequentati, a differenza di molte città che alle nove di sera sono deserte senza coprifuoco. Considero qualità della vita poter mangiare ovunque cose squisite e semplici a prezzi bassi, che altrove sarebbero irreali. Considero qualità della vita il mare che si aggira nella stanza del golfo tra Capri, Sorrento e Posillipo. Considero qualità della vita il vento che spazza il golfo dai quattro punti cardinali e fa l’aria leggera. Considero qualità della vita l’eccellenza del caffè napoletano e della pizza. Considero qualità di vita la cortesia e il sorriso entrando in un negozio, la musica per strada. Considero qualità della vita la storia che affiora dappertutto. Considero qualità della vita la geografia che consola a prima vista, e considero qualità della vita l’ironia diffusa che permette di accogliere queste graduatorie con un “Ma faciteme ‘o piacere”.

Per consiglio, nelle prossime statistiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare.

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