Quando nel 2007 Ennio Morricone ricevette il Premio Oscar alla carriera, fu Clint Eastwood, il memorabile interprete dell’Uomo senza nome dei western all’italiana di Sergio Leone, a consegnarglielo. La motivazione dell’Academy Award recitava: per i suoi contributi magnifici all’arte della musica da film. Un motivo giusto che, tuttavia va troppo stretto per l’artista che ci ha lasciati all’alba del 6 luglio, alla fine di una degenza presso una clinica romana a causa delle conseguenze di una caduta che gli aveva provocato la rottura del femore.
Il 91enne musicista italiano, infatti, è considerato tra i grandi autori della musica cinematografica, ma non sarà ricordato soltanto per il suo inestimabile contributo alla storia della settima arte, grazie al quale ha vinto, tra i tanti riconoscimenti, quattro Golden Globes, sei BAFTA, dieci David di Donatello, undici Nastri d’Argento, due European Film Awards, un Polar Music Prize e un Leone d’Oro alla carriera, in occasione della 52esima Mostra del cinema di Venezia nel 1997. Perché la sua scomparsa costituisce una grave perdita per l’intera cultura italiana e internazionale.
Ennio Morricone nacque a Roma il 10 novembre 1928. Da giovane, studiò al Conservatorio di Santa Cecilia, dove conseguì il diploma in tromba, in strumentazione per banda, in composizione e, in seguito, per musica corale e direzione di coro. Iniziò la carriera come arrangiatore di brani di musica leggera e dagli anni Sessanta contribuì a successi popolari come Abbronzatissima cantata da Edoardo Vianello, Sapore di sale di Gino Paoli e Se telefonando interpretata da Mina. Dal 1964, il grande compositore romano entrò a far parte del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, formato da compositori che si occupavano di musica d’avanguardia e di improvvisazione libera. La sua poliedricità artistica lo portò, nel corso della lunga carriera, a interessarsi a una grande molteplicità di aspetti, attività e interessi che hanno costituito un linguaggio compositivo capace di catturare l’essenza della drammaturgia filmica che gli veniva proposta, innestandola in un articolato ed innovativo impianto musicale.
Negli anni Sessanta, avvenne anche la svolta cinematografica. Il film Il federale di Luciano Salce del 1961 fu il suo debutto come compositore di colonne sonore per il cinema, ma fu decisivo l’incontro con Sergio Leone – ex compagno di scuola – e i western all’italiana del grande regista. Fu soprattutto nei film della cosiddetta Trilogia del dollaro e fino a C’era una volta il west e, agli inizi degli anni Settanta, Giù la testa, che la sua arte musicale si sposò a un’infinita serie di collaborazioni con i cineasti italiani, tra i quali Giuseppe Tornatore a cui fu sempre legato da fraterna amicizia, e quelli della più ampia scena mondiale.
Da quel momento, in effetti, Morricone diventò uno dei compositori più ambiti anche negli Stati Uniti e nel resto del pianeta. E dopo essere stato nominato agli Oscar per ben 5 volte – tra le quali, ricordiamo le colonne sonore per i film I giorni del cielo di Terrence Malick (1979), Mission di Roland Joffè (1987) e The Untouchables – Gli Intoccabili di Brian De Palma (1988) – nel 2016, finalmente, vinse la statuetta per la migliore colonna sonora per la pellicola The Hateful Eight di Quentin Tarantino.
La qualità delle composizioni musicali, in generale, e in particolare per il cinema, sono dovute alla indubbia capacità del maestro romano di integrare l’alto della sua formazione accademica con il basso della cultura e della musica popolare. La memorabilità delle sue colonne sonore è probabilmente il felice risultato dell’unione emozionale che ha interessato e coinvolto un pubblico eterogeneo dal punto di vista socio-culturale e transgenerazionale.
Lo stesso Ennio Morricone individuò, per esempio, nell’invenzione timbrica – il particolare profilo distintivo di un suono emesso da una voce o da uno strumento musicale – uno degli strumenti più importanti nella composizione musicale cinematografica. La poetica della strategia sonora che prende a prestito suoni ed effetti che provengono dal mondo quotidiano e le sottolineature della psicologia del personaggio in scena hanno contribuito alla passione per la sperimentazione e la stravaganza delle commistioni musicali. Il risultato è stata la serie sterminata di commenti che hanno costituito la colonna sonora della nostra vita, dell’immaginario e della cultura che vanno almeno dalla seconda metà del XX secolo fino ai nostri giorni.
Il maestro Morricone era una persona schiva, lontana dal clamore modaiolo del mondo culturale e, soprattutto, di quello cinematografico. Il suo alto profilo umano e culturale venne riconosciuto, nel 2017, quando fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Sergio Mattarella.
Prima di morire, ancora in possesso della sua straordinaria lucidità mentale, Ennio Morricone ha lasciato uno scritto, nel quale ha ringraziato l’amata moglie Maria, i figli e tutti gli amici del mondo dello spettacolo e della cultura per la loro costante presenza, che gli ha permesso di condurre la sua esistenza artistica e culturale nell’armonia e circondato dall’affetto.
