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L’autonomia differenziata è un baratto tra Fratelli d’Italia e Lega

Antonio Salzano di Antonio Salzano
9 Febbraio 2024
in AZETA di Antonio Salzano
Tempo di lettura: 4 minuti
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Non c’è che dire: l’era berlusconiana, dopo aver consegnato al Paese il governo più a destra del dopoguerra, aggiunge in questi giorni un’altra perla, quella secessione – denominata oggi autonomia differenziata – voluta sin dalle sue origini dalla Lega di Umberto Bossi, eletto a sorpresa anche in questa legislatura e del quale si sono perse le tracce: una presenza dello 0,1% alle votazioni alla Camera per un primato tolto a Marta Fascina, ultima compagna di Silvio Berlusconi, che in nove mesi ha espresso 17 voti, pari allo 0,56%.

La Lega, sdoganata dall’ex cavaliere – un altro regalo agli italiani – da realtà locale a nazionale con la svolta di Matteo Salvini, ha racimolato in tutto il Sud quanto di meglio il mercato della politica potesse offrire: tra trombati, cambi di casacche e un ponte che ha già eroso ingenti risorse e che più di qualche dubbio ingenera sulla sua effettiva realizzazione nonché sui costi sempre più avvolti da incertezze e misteri. Un’altra illusione da regalare a una parte credulona e irresponsabile del Mezzogiorno che sembra aver dimenticato tutto l’odio razzista vomitato negli anni dal Carroccio dei Bossi, di Borghezio, Castelli, Calderoli, Speroni, Pivetti e odiatori seriali vari.

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L’autonomia differenziata è un baratto tra Fratelli d’Italia e Lega, come ha affermato Elly Schlein in occasione della recente assemblea della CGIL. Una secessione mascherata, ha detto giorni fa a Gubbio dimenticando che il Partito Democratico è parte del problema, come dichiarato al nostro giornale dallo scrittore e giornalista Marco Esposito: Il testo firmato da Bonaccini quattro giorni prima del voto del 2018 è identico nella parte normativa a quelli firmati da Maroni e da Zaia. Non c’era una riga sui Lep e comprendeva, tra le materie, la scuola. Del resto, quando ho citato l’accordo Governo-Anci per dimezzare la perequazione, il Presidente del Consiglio era Renzi, all’epoca del PD, e il numero uno dell’Anci era Fassino, Sindaco di Torino e storico esponente della medesima parte politica.

Un becero baratto a danno del Mezzogiorno per un premierato che svilirebbe ulteriormente i poteri del Parlamento e del Capo dello Stato. La segretaria del PD sembra essersi svegliata dal torpore e dai troppi silenzi, un risveglio tuttavia fine a se stesso se non seguito da fatti concreti, dai conti all’interno della propria forza politica che non possono tardare a venire anche a costo della fuoriuscita di una parte rigidamente attestata su posizioni intransigenti e filo-nordiste. Un referendum annunciato dal leader dei pentastellati che a Gubbio la Schlein sembra aver partorito all’istante e fatto suo.

Occorre parlar chiaro e senza fingimenti: l’autonomia differenziata, approvata in Senato con 110 voti a favore – dei quali 45 senatori meridionali, 64 contrari e 30 astenuti – e che andrà prima in Commissione Affari Costituzionali e poi all’esame della Camera con tre relatori settentrionali, è a tutti gli effetti (piaccia o meno a Calderoli) uno spacca-Italia che comporterà inevitabilmente l’aumento significativo delle disuguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese, un accesso diverso, a seconda dei territori, a servizi, sanità già in svendita ai privati, scuola, sicurezza, infrastrutture e diritti fondamentali.

Nel mentre si compie l’ennesimo scempio e stupro della nostra Costituzione, però, le piazze restano ancora troppo deserte, ha ragione Massimo Villone. Un fenomeno da noi più volte denunciato relativamente alla guerra ai poveri, fiore all’occhiello di questo esecutivo, e alle guerre vicine e lontane oggi quando mai motivo di grande preoccupazione. Un’indifferenza che costerà cara a questa e alle prossime generazioni; un tirarsi indietro che non assolve nessuno da corresponsabilità; un silenzio assenso troppo pericoloso.

Dio, Patria e Famiglia, lo slogan della Presidente Meloni tanto caro agli eredi di colui che fu e mai rinnegato, comincia a fare crepe da tutte le parti. Tralasciando il primo per mettere da parte ogni ipocrisia e materia ormai di pertinenza esclusiva dell’uomo del ponte, anche la Patria sembra oggi sgretolarsi con l’abbandono di un Sud svenduto per quattro denari e che non risulta tra le priorità dei familiari d’Italia. In particolare, sembra disinteressare alla sua leader che appena qualche anno fa proponeva una riforma costituzionale per abolire le Regioni oggi, da Presidente del Consiglio, si è intestata l’autonomia differenziata. Una delle tante giravolte, bugie e promesse mancate che caratterizzano l’esecutivo. Sulla Famiglia, rimasta ormai soltanto la sua, meglio stendere un velo pietoso.

Tutto questo sembra passare in secondo ordine. Le priorità sono altre: porre vieti alla satira, fare guerra al giornalismo d’inchiesta le cui verità scottano, affidarsi ai Porro, Cruciani e Giordano di turno; magari, come brillantemente fatto dalla stessa Presidente, interessarsi della Ferragni e mettere da parte, o meglio, fregarsene delle 170mila famiglie lasciate senza reddito inventando una forma alternativa soltanto per pochi.

Ma quelle piazze sempre più deserte, tranne che dai trattori in marcia –incomprensibilmente ricevono la solidarietà della Premier – rappresentano la tranquillità di un potere autorizzato a tutto, anche da un’opposizione parlamentare a pezzi, incapace di fare squadra per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini. Un’opposizione che parla a voci frammentate, senza direzione comune.

Le ormai prossime elezioni europee serviranno a misurare i muscoli di ciascuna parte con le forze di governo eventualmente a riposizionarsi a seconda del peso elettorale conseguito e la solita sinistra ad accontentarsi delle percentuali a una cifra o magari anche di soli decimali.

Prec.

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