È estate, vi trovate in Campania e, tra il sole e il mare del litorale e la cultura delle città sempre brulicanti, vi è l’imbarazzo della scelta. Optate, quindi, per la costiera amalfitana, unica al mondo, per poi ritrovarvi a scorrazzare per le viuzze della celeberrima Positano. È proprio da lì che vi potrebbe capitare di scorgere, in lontananza e in mezzo al luccichio del Mar Tirreno, una serie di piccole isolette: è l’arcipelago di Li Galli. Curioso, sperduto, appartiene all’Area Marina Protetta di Punta Campanella e si trova a pochi chilometri a sud della penisola sorrentina.
Sappiamo bene quanto facciano gola le zone alla moda, gli immensi e amatissimi tesori che la nostra regione dispone ma, a volte, sono i piccoli gioielli, quelli che sembrano più discreti e che attirano quasi più turisti che italiani, che fanno realmente la differenza.
Li Galli è costituita in totale da tre isole, chiamate Gallo Lungo, La Rotonda a ovest, e, più a nord di quest’ultima, Dei Briganti, indicata sui testi anche come La Castelluccia. Nomi curiosi, che celano ovviamente una moltitudine di storie e leggende alle spalle. In primis, quel Li Galli pare faccia riferimento all’iconografia delle sirene nell’arte figurata greca arcaica che le immaginava con il corpo coperto di piume, quindi con sembianze di metà donne e metà uccelli. Sono le sirene della fantasia popolare nordica, successiva a quella greca e divenuta più celebre grazie a una moltitudine di fiabe e produzioni mediatiche, quelle che tutti noi conosciamo di più come creature marine con metà corpo di pesce: da qui perciò il secondo nome dell’arcipelago, le Sirenuse (o Sirenai o Sirenussai, dai brani del geografo greco del I secolo a.C. Strabone).
Leggenda vuole che vi fosse un vero e proprio covo di sirene, le quali ammaliavano gli ignari marinai che vi si avvicinavano troppo, facendoli poi schiantare e naufragare contro le coste frastagliate e piuttosto pericolose, caratterizzate in realtà da forti correnti. E magari fu proprio in questi luoghi che, secondo l’Odissea di Omero, Ulisse e gli Argonauti riuscirono a scampare a un infausto destino, il primo facendosi legare all’albero della nave pur di non rinunciare a udire lo splendido canto mentre il resto dei marinai aveva le orecchie tappate, e Orfeo suonando la sua lira per sovrastare le voci delle sirene che, umiliate, si suicidarono in mare e furono tramutate in sassi. I navigatori attraversavano il Golfo dei Ciclopi e superavano il complicato passaggio delle Bocche di Capri per poi incontrare Li Galli, situato sul percorso che collega il Circeo a Scilla e Cariddi, ovvero allo Stretto di Messina.
Come si può immaginare, la più grande delle tre isole è quella del Gallo Lungo, con un’estensione in lunghezza di circa 400 metri e una larghezza variabile (verso il centro circa 100 metri e verso la testa circa 200 metri). Sebbene il nome lasci sottintendere altro, la forma di questo particolare pezzo di terra non ricorda un gallo, bensì un delfino. Nella storia, questo simpatico isolotto è stato abitato fin dai tempi degli antichi romani, scelto da un ricco proprietario per costruirvi la propria dimora.
L’isola della Castelluccia, o meglio conosciuta come Dei Briganti, deve invece il suo nome alla credenza che l’arcipelago fosse usato, in seguito all’epoca romana, come postazione di controllo dei corsari per assaltare e trafugare le navi di passaggio. L’altra minore, La Rotonda, è quella che rappresenta la parte più primordiale, dove regnano incontrastati la natura e il suo volere.
Fu Federico di Svevia, nel Duecento, a donare le isole al monastero di Positano, e per anni e anni esse conservarono uno stato brado, frequentate di rado e perlopiù per sporadiche battute di caccia, come quelle alla quaglia, nel mese di maggio. Interessante, quasi a rimarcare all’uomo la propria natura libera, incontaminata e superiore, la vicenda dei Conti di Guissi. Era la seconda metà del 1800 e tale famiglia pensò bene di costruirvi una fattoria per allevare conigli. L’allevamento andava anche piuttosto bene ma sfortunatamente una terribile tempesta colpì Li Galli, sterminando tutti gli animali.
Sarà forse una sorta di sfida alla natura, oppure questo fascino che da sempre ammalia e trascina forestieri e non, come quel canto delle sirene che le credenze popolari vedevano abitarvi. Certo è che l’arcipelago ha sempre fatto gola a molti e a spuntarla, nel XX secolo, fu il coreografo e ballerino russo Léonide Massine. Innamoratosi dei luoghi, acquistò le isole vergini e con ancora alcune delle rovine romane, facendo costruire su Gallo Lungo una straordinaria villa estiva, decorata dal contributo del celebre architetto Le Corbusier. La villa fu poi riacquistata da un altro ballerino russo, di fama internazionale, Rudolf Nureyev, nel 1989 e, alla sua morte, dall’imprenditore Giovanni Russo, attualmente unico proprietario.
Quest’ultimo ha pensato di dare la possibilità ai visitatori più noti e facoltosi di organizzare delle escursioni o addirittura dei soggiorni esclusivi, continuando comunque a rispettare l’autenticità dei luoghi. Per chi volesse avvicinarsi senza possedere il budget delle star, amanti delle isole, che vi hanno soggiornato – da Sofia Loren a Franco Zeffirelli, a Jacqueline Kennedy – sono disponibili gite organizzate da svariate compagnie private. Consigliamo senza dubbio questa esperienza ultra-sensoriale, in grado di riscoprire un contatto più diretto e genuino con la potenza della natura e del mare.
Oggi Li Galli è un piccolo e (quasi) incontaminato paradiso terrestre. Selvaggio, puro, ricoperto di vegetazione, arbusti e una moltitudine di narcisi. È possibile scorgere una torretta e le strutture di tre ville con piscina, organizzare dei tour mozzafiato in barca, ma nulla riuscirà mai a corrompere davvero questa meraviglia che resta, per qualche ragione, sempre senza tempo e che il Mediterraneo conserva da secoli con orgoglio e premura.