L’economia del nostro Paese, da lungo tempo, è caratterizzata da una crescita stentata e un debito pubblico di dimensioni enormi, che quest’anno supererà abbondantemente la cifra di 2500 miliardi di euro, pari a circa il 180% del prodotto interno lordo (PIL): un bambino, alla tenera età di un anno e con un’aspettativa di vita di 80 anni, ha già contratto un fardello di debito pubblico di circa 1000 euro, che cresceranno, a 80 anni, fino ad arrivare a oltre 30mila euro.
C’è, poi, la questione sempre più grave dell’impoverimento del tessuto sociale. Secondo i dati Istat, nel 2019 erano quasi 1.7 milioni le famiglie che vivevano in condizioni di povertà assoluta: oggi sono circa 6 milioni di individui. Di fronte a questo scenario, colpisce peraltro che il nostro Paese, per incapacità o decisioni opposte alle norme comunitarie, dilapidi circa 200mila euro al giorno a titolo di penali all’Unione Europea (UE), soprattutto per violazioni nello smaltimento dei rifiuti e, più in generale, per il mancato o parziale rispetto delle norme ambientali, pari a un ammontare di 550 milioni di euro nel periodo 2011-2019.
L’Italia è anche il Paese devastato da un’evasione fiscale sconcertante, che supera i 100 miliardi di euro annui (con margini di recupero assai infruttuosi) e nel quale si scommettono 110 miliardi di euro all’anno in gioco d’azzardo. Ne sono certamente un’inconfutabile riprova i numeri impietosi che riguardano i pignoramenti eseguiti dall’autorità giudiziaria nel solo 2017. Nel giro di poco più di un quinquennio, oltre un milione di cittadini italiani è risultato oggetto di requisizione di beni a esso intestati.
In un momento in cui il debito globale si attesta attorno a 250 miliardi di dollari, pari a circa il 322% del PIL, altrettanto necessario è dedicare attenzione al fenomeno dell’usura, considerando che oggi, secondo l’Eurispes, almeno un italiano su dieci (11.9%) è sprofondato nelle maglie degli usurai, non potendo accedere al credito bancario (era il 7.8% nel 2018 e il 10.1% nel 2019). A quanto si apprende da SOS Impresa, a fine 2017 il mercato del credito illegale ha raggiunto in Italia un giro d’affari di circa 24 miliardi di euro, trascinandosi appresso all’incirca 200mila imprenditori e professionisti. Nel Bel Paese si registra una propensione all’aumento della concentrazione delle ricchezze. Nel 2018, infatti, il 20% più ricco tra i nostri connazionali possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale, il cui valore complessivo si attestava attorno a 8760 miliardi di euro. E ancora: in termini patrimoniali, il 10% della popolazione italiana possiede oggi oltre sette volte la ricchezza della metà più povera dei nostri connazionali.
Gridano vendetta e giustizia le questioni legate al mondo del lavoro: nero, precariato, sfruttamento e condizioni che arrivano talvolta a far perdere la vita a donne e uomini, tutto purtroppo e dannatamente riconducibile alla realizzazione di maggiori guadagni.
Una sempre crescente rincorsa alla privatizzazione della “cosa” pubblica: dalla sanità, che nella stagione del Covid ha mostrato tutti i propri limiti e le conseguenti fragilità, alle risorse naturali che sono divenute appannaggio di comitati d’affari: l’Italia, in questo senso, è un “Paese in concessione” (acque, rifiuti, beni demaniali, etc). È assente, inoltre, una politica seria di contrasto alle mafie che sembrano sparite o quasi dell’agenda e che, oramai, hanno infettato il tessuto socio-economico nazionale.
Di fronte a tali scenari da film dell’orrore, serve appunto la Sinistra. Cosa deve accadere ancora prima di iniziare questo percorso?
Contributo a cura di Filippo Torrigiani – CNCA