Era il 2012 quando Nexus Edizioni pubblicava il saggio La Francia in Costa d’Avorio: guerra e neocolonialismo, dell’autore ivoriano Thierry A. Avi. Allora come oggi, erano pochi i saggi in lingua italiana sulla guerra civile in Costa d’Avorio, scoppiata il 19 settembre 2002 – in seguito al fallito tentativo di spodestare Laurent Gbagbo, al tempo Presidente – e durata per ben dieci anni. Un massacro di migliaia di vittime che non ha avuto risonanza mediatica neanche per realizzare qualche piccolo show della sofferenza.
Lo stesso autore del testo sopramenzionato non ha potuto firmarsi se non con lo pseudonimo di Tony Akmel, occultando, almeno inizialmente, la propria identità per proteggere la famiglia residente in Africa. La questione, ai tempi, era estremamente delicata per la colonia francese, coinvolta in una guerra in cui si auspicava – per dirla con un eufemismo – a una “razza pura ivoriana”, mentre malesi e burkinabè si installavano nei terrori settentrionali del Paese per sfuggire alla povertà.
Ma adesso, mentre la sua terra natia, guidata dal Presidente Alassane Ouattara, si dà alle detenzioni arbitrarie mettendo in fuga sempre più persone, dice addio alla libertà di espressione e di stampa e tiene Gbabgo sotto un processo che potrebbe durare fino a cinque anni, Thierry ha deciso di farsi avanti per raccontare di persona una verità fin troppo celata, accompagnato da un grande coraggio e dal suo lavoro pubblicato sei anni fa. È, quest’ultimo, una descrizione concreta di una realtà storica di cui si preferisce non parlare, di cui molti non sanno nulla e della quale, pertanto, allora era assolutamente necessario scrivere e, oggi ancor di più, parlare.
Attualmente, infatti, nonostante il conflitto sia terminato e il governo sia passato nelle mani di Ouattara, i cittadini pagano ancora le pene di una strage che ha distrutto il loro Paese come la prospettiva di un futuro roseo, dramma aggravato da quella che Thierry – in un’intervista di Articolo21 – definisce una sudditanza finanziaria ed economica alla Francia. Gli investimenti del nuovo Presidente, finalizzati all’edificazione di autostrade, ponti e altre infrastrutture, non hanno infatti ricostruito il senso di comunità di un Paese fratturato socialmente che necessita ancora di un forte sostegno per poter cominciare a “guarire”. I check-point militari sono ancora tanti ed episodi di disordine sociale sono una piaga difficile da sanare, mentre intere aree restano segnate da un altissimo livello di degrado e pericolosità.
Thierry, intanto, pur battendosi ancora per la propria patria, ha trovato in Italia una nuova casa, un luogo in cui potersi sentire al sicuro e avere la possibilità di raccontare la storia sua e di un popolo intero. Oggi, finalmente, può parlare per aiutarci a comprendere quanto sia davvero impensabile limitarci ad aiutarli in casa loro, se lì sono costretti a nutrirsi di macerie e disperazione. Vista la mancanza di solidarietà per oltre una decade, è decisamente arrivato il momento, per noi, di ascoltare, guardare negli occhi il portavoce di un dolore collettivo e contribuire alla diffusione delle preziose parole contenute nel suo scritto. Ma, soprattutto, è ora che accettiamo che condividere la nostra casa non significa privarci di un bene, ma offrire a qualcun altro la possibilità di avere un domani.
La presentazione del libro avrà luogo presso la Casa del Popolo di Napoli, a Piazza Dante, sabato 10 febbraio alle 18:00. A parlare sarà l’autore, sotto la coordinazione di Articolo21 sezione Campania, determinato a divulgare la tragedia di un’Africa occidentale abbandonata, piegata dall’egoismo e dall’indifferenza.