Tornano al Van Gogh Museum due dipinti dell’artista olandese rubati il 7 dicembre 2002 e ritrovati nel settembre dello scorso anno in un covo di Castellammare di Stabia durante un’operazione anticamorra. Alla scoperta dei due capolavori – il cui valore è stimato intorno ai 100 milioni di euro – si è arrivati, secondo gli inquirenti, grazie alle dichiarazioni di un indagato che, nell’ambito di un’inchiesta sul clan camorristico degli Amato-Pagano, ha indicato i beni nei quali erano stati investiti i proventi delle attività illecite. La restituzione è avvenuta al Museo di Capodimonte il 6 febbraio alla presenza dei rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle forze dell’ordine, delle istituzioni, e di Joep Wijnands, ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi.
Come riconoscimento per il lavoro della Guardia di Finanza e della Procura di Napoli, le tele saranno esposte al secondo piano del museo, accanto alla Sala del Caravaggio, fino al 26 febbraio 2017. Un atto di gratitudine nei confronti dei napoletani, della città e della Regione, dell’Italia e delle autorità italiane, come ha ribadito Axel Rüger, direttore del museo di Amsterdam. Per il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, invece un’iniziativa che lancia un messaggio positivo, di speranza e riscatto importante per la Campania ma rivolto a tutti, cittadini e turisti.
Il progetto, promosso dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, è stato finanziato dalla Regione Campania e attuato dalla Scabec Spa. L’organizzazione e il catalogo, invece, sono a cura di Electa. Enorme è il valore simbolico perché – ha sottolineato il Presidente della Giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca – rappresenta, allo stesso tempo, un evento culturale di livello mondiale e un segnale profondo di civiltà e legalità.
Le due opere risultano fondamentali per la comprensione della prima stagione pittorica dell’artista. L’attività di Van Gogh durò solo dieci anni – essendo egli morto a 37 anni nel 1890 – ma quel periodo fu segnato da profondi tormenti, con crisi intense intervallate da momenti di serena euforia. Il pittore si innamorò di una prostituta, Sien, e nel 1882 andò a vivere con lei. L’anno dopo, però, convinto dal fratello Theo, che lo aveva sempre sostenuto economicamente, lasciò la donna e si trasferì nel nord dell’Olanda.
Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen ebbe un significato affettivo per Van Gogh. Eseguita per la madre all’inizio del 1884, la tela mostra, infatti, la chiesa del villaggio dove il padre dell’artista era stato pastore. La cappella, lo stagno, il campanile rimandano al difficile rapporto con i genitori, la vocazione ecclesiastica, l’interesse per le vite delle persone semplici con le quali percepiva un profondo legame. Nel 1885, dopo la morte di questi, il pittore modificò il dipinto aggiungendo il gruppo di fedeli in primo piano, in sostituzione di una precedente figura isolata di contadino, e foglie brune sugli alberi per restituire un clima più autunnale.
Spiaggia di Scheveningen prima di una tempesta fu dipinto con olio su tela e realizzato dal pittore nel 1882, dopo aver posizionato il suo cavalletto all’aria aperta sul litorale della località nei pressi de L’Aja. Pare si trattasse di una giornata particolarmente ventosa. Le folate trascinarono i granelli di sabbia della spiaggia nella vernice applicata sulla tela e vi rimasero attaccati. Il quadro descrive le onde agitate del mare, il cielo pieno di nuvole e le bandiere mosse dal vento.
In una lettera al fratello Theo, nel settembre 1882, Van Gogh scrisse: “Ho dipinto qualcosa che forse può ricordarti Scheveningen quando vi passeggiavamo insieme. Un grande studio di sabbia, mare, cielo, un cielo enorme di un delicato grigio e di un bianco caldo, con una sola piccola chiazza d’azzurro – la sabbia, il mare, la luce – cosicché tutto imbiondisce, ma pieno d’animazione.”
Ed è proprio dalle lettere che il pittore indirizzava principalmente al fratello – ma anche ad altri membri della famiglia come la sorella minore Wilhelmina – che traspare la sua interiorità ricca di luci, di altruismo, di generosità, e di amore per la pittura, ma piena di ombre come la depressione e la dipendenza dall’alcol. L’interiorità di un uomo istintivo, a volte folle, dal carattere instabile, così come precarie furono le sue relazioni sentimentali. Allo stesso tempo, però, Vincent Van Gogh era sensibile e affettuoso, soprattutto nei riguardi dell’adorato fratello, e queste sfumature così forti e discordanti tra loro sono rintracciabili nei suoi dipinti.
Van Gogh rappresenta il prototipo più famoso di artista maledetto che vive la propria breve esistenza tormentato da enormi angosce e ansie esistenziali, al punto di concludere tragicamente la propria vita suicidandosi. Nel 1880 così scriveva: “Uno ha un grande fuoco nell’anima e nessuno viene mai a scaldarsi, i passanti non scorgono che un po’ di fumo in cima al comignolo e se ne vanno per la loro strada. E allora che fare, ravvivare questo fuoco interiore, avere del sale in sé, attendere pazientemente – ma con quanta impazienza – attendere il momento in cui, mi dico, qualcuno verrà a sedersi davanti a questo fuoco, e magari vi si fermerà.”
La fine dell’Ottocento vide la maggior parte degli artisti vivere una simile condizione di emarginazione e sofferenza: anche pittori come Toulouse-Lautrec o poeti come Rimbaud vissero una situazione di profonda e intensa drammaticità nei confronti, non della società, ma della vita stessa e morirono poco dopo i trent’anni, corrosi dall’alcol e da una vita dissipata.
La produzione di Van Gogh fu breve e intensa. Egli fu uno straniero sulla terra e la sua vita un viaggio in mezzo alla tempesta. I suoi dipinti più famosi furono realizzati nel breve giro di quattro o cinque anni. Tuttavia, l’artista non ebbe alcun riconoscimento o apprezzamento per la sua attività di pittore mentre era ancora in vita. Solo una volta apparve un articolo su di lui e una sola volta riuscì a vendere un suo quadro. La riscoperta iniziò solo dopo la sua morte, per altro ancora enigmatica, fino a farne uno degli artisti più famosi di tutti i tempi.
La breve esposizione è, dunque, un’occasione irripetibile per avvicinarsi alla sensibilità di un grande personaggio e vale la pena approfittarne.