Quando apriamo un libro ed entriamo in una storia, soprattutto se illustrata, la tendenza principale è quella di sovrapporre qualcosa di nostro a ciò che viene raccontato. Che sia fuggire in un altrove che ci attragga a sé, tenendoci avvinti, o scavare a piene mani e portarci dietro pezzetti di bellezza, decorando l’immagine che abbiamo della nostra vita e tirando a noi i dettagli facendoceli accomodare dentro, non è poi così influente. In un modo o in un altro, la storia che stiamo leggendo si intreccia con la nostra e, per il tempo della lettura, camminano in parallelo.
Sin dalla prima pagina dell’albo Teacup, scritto da Rebecca Young, illustrato da Matt Ottley e pubblicato in Italia con il titolo Un nuovo orizzonte, sono proprio le nostre gambe che iniziano a formicolare. Qualcosa di curiosamente nuovo, ma fondamentalmente antico, antichissimo, come la voglia di viaggiare che trema sotto pelle, fa vibrare corde e dilatare le pupille. Siamo pronti.
Un tempo, un ragazzo fu costretto a lasciare la propria casa e a cercarne una nuova.
Nello zaino mise un libro, una bottiglia e una coperta.
Nella sua tazza da tè l’erba del prato dov’era solito giocare.
Questo è l’incipt, e no, non ne sapremo di più, fondamentalmente non c’è nient’altro di importante da sapere. Il testo di Rebecca Young brilla nella sua sottigliezza. Poche frasi, leggere, posate, ma ben salde negli oli su tela di Matt Ottley, immensi e a pagina piena. Anzi, a doppia pagina. Da conoscere non c’è altro, da vedere c’è tutto.
Il mare è presentissimo, ovunque: un tutt’uno con il cielo, eppure banco o scuro di tempesta. Ma se le parole della Young non hanno bisogno di arrotolarsi in strani giochi retorici, i paesaggi e gli sfondi di Ottley possono permettersi di scomparire, perché sono praticamente dappertutto. A vedersi è la barca con cui il ragazzo naviga, le balene, i sogni e i ricordi, quasi il procedere mentale del viaggiatore, che va avanti, a quanto pare, con un obiettivo preciso.
Cercava senza sosta un puntino all’orizzonte, sperando diventasse qualcosa di grandioso.
Ma non vedeva traccia di terraferma.
Non vale la pena soffermarsi su quante volte sarà capitato a ognuno di noi di alzare lo sguardo alla ricerca di un puntino più o meno grande. Quello che conta è il viaggio e, contemporaneamente, ciò che ci siamo portati dietro.
Durante le notti di mare grosso e sfacciato, il ragazzo si tiene stretto alla sua tazza da tè. Il percorso mostra e insegna, mentre qualcosa dentro di lui aspetta.
Con lui vedremo albatri trasformarsi in aquiloni, quelli con i quali giocava a casa, mentre il sale prenderà il sapore del vento. Riconosceremo, in una delle tavole forse più suggestive, il canto delle balene, suono molto familiare, e l’incedere lento delle nuvole sarà lì a mostrare qualcosa di fondamentale. Ricorderà, anche a noi, che la vita può cambiare in un sussurro.
E così, anche per noi, il tempo sarà passato senza dar fastidio, la sabbia delle clessidre si sarà confusa con quella del fondale marino e non ce ne saremo nemmeno resi conto. Quasi ci sorprenderà l’accadere di qualcosa, qualcosa di piccolo, ma essenziale.
Lo stesso ragazzo che ci è sembrato partire un po’ alla ventura, le spalle piccole, il bagaglio quasi inesistente, adesso, anche se ancora in viaggio, anche se ancora in attesa, potrà contare su qualcosa di nuovo. Da dov’è venuto? Cos’è? Sono domande da porre di persona al libro, durante l’attesa della pagina successiva, affondando in questi oli su tela così corporei – si vedono ancora grumi di colore qui e lì – ma al contempo lievissimi.
Senza dubbio, non vi si risponderà qui. Tuttavia, quello che deve essere certo è che nulla di ciò che il viaggiatore porta con sé può mai dirsi inutile. E a chi si sta scoraggiando – perché i viaggi a volte annoiano, dal momento che, anche se viaggiare equivale a vivere, è pur vero il contrario – chi scrive non può che consigliare di resistere sino alla fine. Un percorso come questo non può che intrecciarsi, per forza di cose, con altre storie. Non si aspetterà mai invano un sussurro.Non rinunciate a scoprire questa piccola meraviglia, e, magari, se state per partire, pensate bene a cosa vi porterete dietro. Cosa c’è di così importante nelle vostre vite da non poter essere lasciato a casa? Qual è il bagaglio necessario che vi porterà alla nuova terraferma? Non vi piace l’idea, per un attimo, di trovare il giusto equilibrio tra l’essere un po’ alberi, sicuri delle vostre radici, e un po’ albatri, fatti per spiegare le ali e allontanarvi verso una strada nuova, anche solo di qualche metro? Permettetemi di non crederci.