Immaginate che una ragazzina nera, ad Halloween, decida di mascherarsi da Principessa Leia. Immaginate che nessuno – né i bambini del vicinato, né gli adulti – la riconosca. Immaginate che, addirittura, la ragazzina diventi oggetto di scherno dei pochi che hanno compreso il suo intento, dato che la Principessa Leia non era nera.
Ciò che avete immaginato è un reale ricordo d’infanzia della scienziata, scrittrice e attivista afrofuturista Ytasha L. Womack. Nel suo libro, Afrofuturism: The World of Black Sci-fi and Fantasy Culture (Lawrence Hill Books), commenta così l’accaduto:
Ma quando, perfino in un futuro immaginario – uno spazio in cui la mente riesce a estendersi oltre la Via Lattea, concependo il viaggio spaziale come abitudine, animali spaziali coccolosi, scimmie parlanti e macchine del tempo – le persone non riescono a immaginarsi una persona di origini non caucasiche cento anni avanti nel futuro, bisogna puntare in terra un piede cosmico. (trad. ita. di Marina Finaldi)
Curioso, ma è proprio così che inizia Triangulum di Masande Ntshanga (Pidgin Edizioni, traduzione di Stefano Pirone): con una ragazzina nera. Siamo nel 2043 e un manoscritto viene consegnato anonimamente all’Agenzia Spaziale Nazionale Sudafricana. Al suo interno ci sono lettere, pagine di diario, trascrizioni di registrazioni che coprono un periodo di oltre quarant’anni nel recente passato e nel futuro prossimo del Sudafrica.
La protagonista senza nome del manoscritto è un’adolescente tra il 1999 e il 2002 e, assieme ai suoi amici, cerca sua madre scomparsa che sospetta essere stata rapita dagli alieni. È poi un’adulta, tra il 2025 e il 2035, e collabora a un piano distopico di segregazione e confinamento delle fasce più povere della popolazione. In questa storia – la sua storia – la mittente sostiene ci sia la prova che il mondo finirà tra dieci anni.
Il piede cosmico è stato ben piantato in terra. Il romanzo di Masande Ntshanga fa inequivocabilmente parte di un movimento culturale che si è affermato dagli anni Ottanta in poi: quello dell’afrofuturismo. La definizione è stata coniata da Mark Dery nella sua raccolta Black to the Future, che la delineava come l’appropriazione della tecnologia e dell’immaginario science-fiction da parte degli afro-americani […] questa appropriazione equivale a fare uso di strumenti informatici freddi e ostili per trasformarli in armi utili alla resistenza di massa.
Storicamente, la fantascienza è stata un genere per bianchi. Scritto da bianchi, per bianchi e innervato di cultura bianca. La letteratura sci-fi più tradizionale si rifà all’epopea coloniale, coprendola di una patina di predestinazione ed eroismo: l’umanità che si proietta tra le stelle e conquista pianeti lontani e misteriosi, popolati da specie aliene ostili e poco evolute, con la sola forza del suo ingegno e della tecnica, non è altro che una narrazione ipertrofica delle imprese coloniali dell’Occidente.
E, invece, l’afrofuturismo vuole ribaltare questa narrazione. Ed è naturale: l’esperienza afroamericana è simile a quella di un rapimento alieno. Rapiti dalle navi – spaziali – dei colonizzatori, gli africani vengono deportati in un mondo altro, ignoto, ai confini dell’universo conosciuto. Verranno sfruttati come forza lavoro e considerati una specie differente e inferiore. Un incubo sci-fi, di quelli distopici.
In Triangulum, Masande Ntshanga racconta il crollo del sistema di patria dell’apartheid nei primi anni Novanta, il momento in cui il Sudafrica si liberava per la prima volta della sua “invasione aliena”. Ne esplora gli strascichi, le ferite, le conseguenze. Ed è curioso come la madre della protagonista, colei che secondo sua figlia era stata rapita dagli alieni, fosse una collaborazionista del regime.
Dal punto di vista coloniale, è l’africano a essere alieno, disumano e pericoloso. E aliena è anche la nostra protagonista senza nome, non solo tra i bianchi: è queer, ha disturbi psicologici – che si manifestano in inquietanti visioni di una macchina sospesa sul soffitto – e non riesce a integrarsi nel tessuto sociale. La ricerca di una risposta su cosa sia accaduto veramente, e sul motivo delle proprie visioni e della propria diversità, la accompagna dall’adolescenza all’età adulta, dai quartieri popolari di una cittadina a una megalopoli futuristica, da un laboratorio sotterraneo che effettua esperimenti su persone indigenti a una rete di eco-terroristi.
Triangulum si pone un obiettivo ambizioso: creare un futuro che, nel dipanare il suo racconto, riveli e si riappropri anche del passato. Secondo Mark Dery, la difficoltà di essere immaginati nel domani deriva in primo luogo dall’essere stati privati di uno ieri. Allora, Masande Ntshanga si riappropria e riafferma la storia del Sudafrica mescolando speculative fiction, romanzo storico-epistolare e realismo magico d’eredità e matrice africane.
La volontà afrofuturista è quella di rivendicare la centralità della comunità nera nei discorsi di società e tecnologia. Tecnologia: è interessante come Dery in Black to the Future parli di “strumenti informatici freddi e ostili”. Secondo il pensiero filosofico occidentale, è grazie a essi che l’ingegno umano diventa capace di manipolare e piegare a proprio vantaggio perfino lo spazio e il tempo. È la tecnologia che definisce un sistema come progredito, illuminato, perfetto. È la filosofia alla base del braccio di ferro tra USA e URSS negli anni Sessanta, culminato nell’allunaggio del 1969. La tecnica può far tutto e la vittoria è nelle mani della tecnica.
Ettore Sottsass in tempi non sospetti scriveva che un frigorifero serve a tener fresche le bistecche di montone. Uno si aspetta che la perfezione tecnologica del frigorifero venga usata per dire che il frigorifero fa un bel fresco e le bistecche di montone non andranno a male, ma non che venga usata per dire che il proprietario del frigorifero è un uomo in gamba, l’uomo più in gamba del caseggiato perché ha comprato un frigorifero con la perfezione tecnologica. E, invece, l’uomo occidentale moderno deve essere capace di premere bottoni, accendere luci e sprigionare suoni, un uomo capace di volare e andare sulla luna, di fregare gli altri, di essere padrone della tecnica.
Ursula Le Guin scrive in Carrier Bag Theory of Fiction: Storicamente, le nuove tecnologie emergono come spade a doppio taglio, che scavano ancor più in profondità nel solco della differenza mentre costruiscono ponti sociali. La polvere da sparo è stata la tecnologia che ha permesso ai colonizzatori di avere potere e ha dato loro un innegabile vantaggio nella creazione delle caste basate sul colore della pelle. Le prime incursioni nella genetica sono state create per collegare i tratti etnici all’intelligenza, giustificando così falsamente la disumanizzazione, lo schiavismo, gli olocausti in tutto il pianeta. (trad. ita. Marina Finaldi).
È ovvio, allora, che la tecnologia venga vista con diffidenza dalle comunità marginalizzate. Dopotutto, ancora oggi il digital divide colpisce in maggiore proporzione proprio le persone di colore. L’avanzamento tecnologico e il precludere a determinate categorie della popolazione l’accesso all’innovazione è un modo di esercitare, ancora una volta, il controllo, e di affermare e confermare la divisione, e il divario, razziale (Marina Finaldi). La volontà del movimento afrofuturista è quella di spezzare questo ciclo.
Nella seconda parte di Triangulum – ambientata negli anni Quaranta del 2000 – il pianeta sta affrontando una serie di disastri ecologici. Masande Ntshanga introduce un concetto, quello della Mano Sinistra e della Mano Destra. Nel libro rappresentano le due strade che l’umanità si è trovata di fronte a un certo punto della sua storia.
«L’impatto ha creato un bivio per noi». «Noi?» «Il genere umano. Ha alterato il corso dello sviluppo umano in questa regione. I fossili di ominidi, quelli antichi, furono spinti più vicino alla superficie terrestre, ma lo stesso successe anche all’oro». D. fece una pausa in attesa che il cameriere ci portasse il conto. Poi proseguì: «Si trattò di un test – questo crediamo. Il sentiero a sinistra o il sentiero a destra. L’impatto rivelò ai nostri antenati i segreti delle nostre origini attraverso quei fossili; ma deformò anche il bacino a nord, permettendo ai coloni di scoprire l’oro nel 1886». Le osservai la bocca mentre parlava. «Ciò diede il via all’acquisto su larga scala di macchine e di petrolio. Questa parte non è un segreto. Il consolidamento dell’Unione Sudafricana come stato manifatturiero, un campo di schiavi, e tutto ciò che abbiamo ora. È quello che chiamiamo la Mano Sinistra. Il sentiero della macchina. I Ritornanti desiderano riportare il nostro percorso al bivio, alla ricerca della Mano Destra».
In Triangulum, il Sudafrica diventa l’epicentro di un possibile cambiamento, di un’inversione di marcia del lento processo di autodistruzione al quale l’umanità si è condannata. La protagonista senza nome, la predestinata a diffondere il messaggio. Ma tutto questo sarà possibile solo ed esclusivamente se la comunità nera si riapproprierà del suo passato, della sua storia, della tecnologia e del suo destino.
Si vuole convincere il mondo che ciò che non funziona oggi funzionerà per forza al di là della cortina fumogena della fantascienza, che non è certo il futuro ma è un futuro già risolto. Visibile, toccabile, tridimensionale, colorato, pesante e leggero, con le sue donne armate, scaraventate, volanti e supersessuate extra, senza aborti, senza cambiali, senza scioperi, senza problemi che ci riguardano, come non ci riguardano pare le guerre che fanno gli altri. I problemi della fantascienza non ci riguardano. Quello che ci riguarda della fantascienza, quello che ci interessa e ci affascina è invece il procedimento, la possibilità, la speranza, l’alibi, la forma. – Ettore Sottsass, Molto difficile da dire.