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Sulla legittima difesa: la politica che spara solo fandonie

Angelo Potenza di Angelo Potenza
9 Novembre 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 5 minuti
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A guardare Rete 4 verso ora di cena, sembrerebbe di stare in un Paese in balìa delle peggiori nefandezze. Tutte le sere, infatti, il canale per eccellenza del vecchio berlusconismo insiste su una certa narrazione che vede gli italiani continuamente vessati dalla presenza degli immigrati. Tutto sarebbe colpa degli stranieri.

Praticamente, se voi che state leggendo Mar dei Sargassi avete il telefono quasi completamente scarico, siete lontani da casa e, quindi, nelle prossime ore non potrete continuare a intrattenervi con i nostri articoli, sappiate che per quei conduttori e autori televisivi la colpa sarà sicuramente del giovane nigeriano che chiede aiuto in strada e ha due euro in tasca. Certo, si sconsiglia vivamente di sottoporsi a tale esperienza, ma nell’eventualità in cui, facendo zapping, vi capitasse di indugiare sul canale in quella fascia oraria, perché magari vi piace lo splatter, potrebbe essere utile avvisarvi che potreste quasi sicuramente imbattervi in slogan quali prima gli italiani, gli immigrati negli hotel e gli italiani alla fame, è tutta colpa loro. Tra una Santanché sempre più sguaiata, una Mussolini ormai oltre ogni limite di ragionevole decenza e un onnipresente Salvini sempre “più Salvini”, negli studi televisivi i toni, la maggior parte delle volte, assumono sfumature così fuori misura da suscitare un certo senso di ilarità.

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Purtroppo, però, dopo un primo accenno di risata, ci si incupisce subito, perché è evidente che non ci sia proprio niente da ridere. In verità, se consideriamo che il noto talk show a cui ci riferiamo – non a caso intitolato Dalla vostra parte, proprio per la presunta pretesa di stare dalla parte dei “giusti” – quotidianamente veicola messaggi alquanto deleteri e, per lo più, utili al facile consenso elettorale di una fazione politica, dovremmo, senza dubbio, esserne preoccupati.

Tra le tante sciocchezze propinate dal programma, ultimamente spicca quella in base alla quale i tassi di criminalità in Italia siano vertiginosamente aumentati poiché direttamente collegati al fenomeno migratorio. In realtà, guardando i dati ufficiali, si scopre che i crimini commessi si attestano più o meno sulle medesime percentuali degli anni passati. A essere incrementata, invece, è proprio la percezione che si ha degli stessi.

A operare in tal senso, difatti, è la strategia comunicativa della quale stiamo discutendo e che si esplica anche – e soprattutto – attraverso i social, oltre che via tv. Nel caso specifico, “martellare” di continuo sul tema della criminalità dilagante, ipoteticamente causata dagli immigrati, sta prestando il fianco a quanti vogliono favorire il consolidamento del proprio potere attraverso “soluzioni facili”, a danno degli ultimi, appositamente demonizzati. Tra queste, rientra la fuorviante insistenza sull’abolizione del reato di eccesso di legittima difesa. Dato che, come dicono suddetti format, la criminalità è in perenne ascesa, secondo questo schema – mi si permetta di definirlo triviale e barbaro – la legittima difesa dovrebbe essere sempre giusta, anche se si è sparato senza urgenza.

Dunque, se qualcuno volesse entrare in una proprietà privata senza consenso, dovrebbe essere lecito a priori poter afferrare il fucile e sparare. Pertanto, sempre sulla base di questa considerazione, sarebbe sicuramente auspicabile abolire dal nostro Codice Penale la parte che prevede indagini a carico di chi ha ucciso una persona nella propria dimora, al fine di accertare se vi sia stata legittima difesa o un eccesso colposo della stessa. Il gioco è facile: anche qui si sta costruendo ad hoc una narrazione distorta, finalizzata alla manipolazione di persone spaventate e vittime della narrazione stessa.

Tale impostazione, ovviamente, non tiene conto di cosa rappresenti il diritto, essendo questo, a sua volta, molto più equo e ragionevole di un “vomito d’odio”. In buona sostanza, secondo l’art. 52 del Codice Penale è prevista una causa di non punibilità per chi si difende, anche con un’arma detenuta legalmente, da un danno ingiusto. Per parlare, tuttavia, di legittima difesa è necessario che la risposta sia proporzionata al pericolo e che questo sia contingente e si configuri in maniera tale da impedire alla controparte di sottrarsi all’offesa attraverso altre modalità. In alcuni casi, dunque, per chi esagera nel reagire si parla di eccesso colposo di legittima difesa, punita a titolo di colpa. Ad esempio, nel caso in cui si spari a un ladro già in fuga e magari di spalle, oppure si faccia fuoco nonostante non si stia correndo un pericolo legato all’incolumità fisica propria o dei propri cari.

Risulta chiaro, allora, che non è possibile immaginare di ampliare così tanto il concetto di legittima difesa al punto da eliminare la necessità di analizzare le dinamiche del caso. L’indagine, per ovvie ragioni, è e deve essere inevitabile, oltre che per verificare una colpevolezza, anche e, soprattutto, per capire se bisogna archiviare o prosciogliere. Dopo gli accertamenti del giudice, infatti, assodato che non vi sia stato un eccesso colposo di difesa, si viene automaticamente prosciolti. Questo avviene nella maggioranza dei casi, anche quelli che lo stesso Salvini impropriamente cita per supportare la sua causa. A questo punto, il diritto si dimostra estremamente equilibrato e sensato, non potendo, per giunta, modellarsi a seconda dei capricci o del delirio di qualche pretesa politica. Nella materia in esame, eliminare a priori la presenza delle indagini a carico di chi spara, significherebbe legittimare anche coloro che hanno aperto il fuoco quando non era più necessario, anteponendo l’importanza della proprietà a quella della vita. A riprova della fallacia di queste posizioni, paradossalmente basterebbe riportare l’esempio di qualcuno che uccide nella propria dimora – magari conducendovi la vittima appositamente – per evitare di essere sottoposto a indagine.

Al di là di una considerazione prettamente giuridica, sarebbe auspicabile che anche la politica venisse richiamata a un certo senso di responsabilità. Continuare a fomentare le paure e l’irrazionalità delle persone inizia a presentare il suo conto in termini di violenza. Si sta quasi invogliando la gente a una corsa agli armamenti per difendersi a tutti i costi, con tanto di supporto, più o meno velato, verso la liberalizzazione del commercio delle armi e, quindi, di un possesso facilitato delle stesse. A tal proposito, per comprendere come questa non possa essere una soluzione ragionevole, ma tremendamente pericolosa, basterebbe prendere in considerazione l’esempio degli Stati Uniti, dove si può acquistare una pistola persino in un supermarket. Il numero delle morti causato dal possesso libero di armi, infatti, è spaventosamente più alto di quello associato al terrorismo. Da oltreoceano, con una certa frequenza, arrivano notizie di stragi compiute ovunque, persino nelle scuole, e rese possibili proprio dalla facilità di reperire pistole e fucili.

Per scongiurare conseguenze tanto negative, sarebbe opportuno chiedere e pretendere, così come dovrebbe accadere in una sana democrazia, che vengano potenziate, piuttosto, le risorse a disposizione delle Forze Armate – anch’esse soggette a spregiudicati tagli economici – di modo che queste possano occuparsi in maniera adeguata della sicurezza, che non può essere lasciata alla gestione arbitraria dei privati cittadini. Ancora più urgente sarebbe smettere di dare adito a quella politica che spara, per adesso, solo fandonie. Il problema è, infatti, che mentre questa si riempie la bocca di odio, l’effetto che potrebbe sortire è quello di far imbracciare per davvero i fucili alle persone. Si rischia di invitare subdolamente a sparare e non solo con le parole, come si sta già ampiamente facendo, ma anche nel concreto. Se è vero che siamo un Paese ancora degno di essere definito civile, non è possibile ritornare alla barbarie, al Far West, alla giustizia “fatta da sé”. Ci siamo dotati, nel corso di un processo evolutivo, di strumenti intellettuali tali da poterci garantire una convivenza dignitosa. Forse non è il caso di regredire alla clava.

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