Oggi parlare di SARS-CoV2 è diventato, quasi, tabù. Una parte dell’opinione pubblica accusa chi ne parla di provocare eccesso di allarmismo. L’altra parte percepisce superficialità nell’ignorare una problematica che, volente o nolente, coinvolge la sanità pubblica. Personalmente, ritengo che informare correttamente l’utenza su quello che accade sia sempre giusto e doveroso. Specialmente quando le informazioni riguardano sia la propria salute che quella altrui.
Inizio questo pezzo parlandovi di Maria De Joseph Van Kerkhove, medico e funzionaria statunitense, specializzata in malattie infettive e facente parte del programma per le emergenze sanitarie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Perché la cito? Perché le dichiarazioni che fa nella sua intervista, sul canale ufficiale WHO (World Health Organization) racchiude i concetti chiave per un corretto approccio al SARS-CoV2, oggi. L’emergenza di salute pubblica, legata al Covid-19, è finita, tuttavia è importante ribadire che il virus non se ne è andato. Vorrei riassumere tre concetti chiave espressi dalla dottoressa che ognuno dovrebbe far propri:
– il virus sta ancora circolando e lo fa in ogni Paese.
– Abbiamo gli strumenti per prevenire la forma severa e le morti. Tuttavia, milioni di persone vengono ancora infettate e molte di queste, ricoverate in ospedale.
– Alla popolazione non deve interessare, in maniera specifica, quale variante stia circolando bensì che il virus circoli e che rappresenta un rischio per i più vulnerabili.
Questo non significa farsi assalire dal panico bensì affidarsi, come di consuetudine, alle raccomandazioni degli esperti in materia. ECDC, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nel suo aggiornamento, ci dice che nelle ultime settimane i segnali di trasmissione di SARS-CoV2 sono aumentati. Questo rispetto a livelli precedentemente molto bassi. L’attuale disponibilità di dati, inoltre, rende difficile valutare la situazione epidemiologica del Covid-19 nella UE in quanto carenti numeri di test aggiungono incertezza alle stime di positività al virus. La diffusione, in sintesi, è sottostimata.
Significa che dobbiamo correre ai “tamponi no-sense”? Assolutamente no.
Sempre secondo ECDC, gli sforzi dovrebbero essere concentrati sulla protezione delle persone a rischio. Persone di età superiore ai 60 anni e individui vulnerabili, indipendentemente dall’età, con comorbidità sottostanti. Ci avviciniamo alle campagne di vaccinazione autunnali e parlare di protezione dei fragili è buona norma. Direi, un atto preventivo importantissimo per evitare picchi di maggior trasmissione del virus durante i mesi invernali. Dovere etico di ogni professionista sanitario.
Le campagne di comunicazione che coinvolgono operatori sanitari e pubblico svolgono un ruolo fondamentale e non è soltanto una mia opinione personale bensì di ECDC. Oggi, su tematiche di salute pubblica, necessitiamo di una comunicazione puntuale, precisa e seria.
Riguardo i sintomi del Covid-19 sono sempre gli stessi: febbre, tosse secca, difficoltà respiratorie, congestione nasale, mal di gola, mal di testa, voce rauca, dolori muscolari e articolari. I classici sintomi che hanno accompagnato l’infezione nelle fasi iniziali della pandemia sono meno presenti come la perdita dell’olfatto, gusto o l’alterazione di essi. In presenza di sintomi è consigliabile eseguire un tampone per confermare o escludere l’infezione.
Le persone positive per SARS-CoV2 a un tampone non sono più sottoposte a isolamento tuttavia per prevenire la trasmissione dell’infezione è raccomandabile restare a casa sino al termine dei sintomi, indossare una mascherina se si entra a contatto con terzi ed evitare contatti con persone fragili e/o immunodepresse. Insomma, il buon senso deve sempre prevalere e, soprattutto, è bene riservate agli altri lo stesso trattamento che vogliate sia riservato anche a voi stessi o a un vostro caro.