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Il governo usa il carcere per contrastare il disagio giovanile

Giusy Santella di Giusy Santella
15 Settembre 2023
in Attualità
Tempo di lettura: 4 minuti
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Nelle ultime settimane, alcuni fatti di cronaca che hanno coinvolto minorenni hanno agitato l’opinione pubblica, oltre che la stampa e la politica, e così si è attivata l’unica risposta che la rappresentanza di governo riesce a dare, l’unica di cui sembra essere capace: quella penale e repressiva.

Durante il Consiglio dei Ministri dello scorso giovedì, sono state approvate Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile e il decreto legge – tristemente rinominato Decreto Caivano – per diventare definitivo dovrà essere convertito entro i prossimi sessanta giorni.

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Prima di soffermarci sul contenuto delle misure, vale la pena riflettere sugli strumenti utilizzati: oltre a ricorrere allo strumento penale che, come abbiamo ripetuto in più occasioni, rischia di non essere di per sé risolutivo, si affrontano situazioni strutturali e radicate come se fossero emergenziali. Basti pensare all’utilizzo del decreto legge per un governo che spoglia sempre più spesso il Parlamento del proprio potere legislativo in barba alla separazione delle funzioni sancita dalla Costituzione, o alle operazioni di polizia degne di una serie tv di basso profilo che abbiamo potuto vedere a Caivano.

Se si riflettesse qualche minuto in più, senza lasciarsi trascinare dalle richieste emozionali della folla, e senza seguire, per una volta, i propri istinti vendicativi, ci si renderebbe conto facilmente di quanto sono complessi i contesti sociali e i luoghi in cui si interviene.

Tra le novità introdotte, la possibilità che a partire dai quattordici anni – finora la misura era prevista solo per i maggiorenni – un soggetto possa ricevere un Daspo urbano, ossia un provvedimento con cui il questore prescrive l’allontanamento da un territorio. In più, sarà possibile indirizzare ai quattordicenni il cosiddetto avviso orale, che è un avvertimento a chi è ritenuto pericoloso, perché coinvolto in risse o episodi simili, di mantenere un comportamento conforme alla legge.

Un ammonimento analogo viene introdotto anche per soggetti non imputabili, a partire dai dodici anni: forse la prima domanda che sorge spontanea è se un dodicenne sia in grado di comprendere l’eventuale allarme sociale collegato alla sua condotta, soprattutto se inserito in taluni contesti familiari e sociali.

Rispetto a questi ultimi, anziché interrogarsi sulla necessità di una complessiva presa in carico, per superare quegli ostacoli che possono aver portato il minore a eventi pericolosi, il governo introduce esclusivamente un inasprimento delle sanzioni pecuniarie per i genitori di minori che siano destinatari di un avviso orale, a meno che questi non possano provare di non aver potuto evitare l’evento. Le sanzioni vengono inasprite anche per i genitori di minori che abbandonino gli studi prima del termine dell’obbligo scolastico, anche in questo caso pensando che una pena pecuniaria possa disinnescare conflitti sociali e di povertà educativa fortissimi.

La carcerazione per i minorenni, anche per la custodia cautelare, viene resa più semplice e vengono estese le ipotesi in cui anche il questore può comminare provvedimenti restrittivi della libertà personale. Tra le misure che hanno destato maggiore perplessità, anche per la sua difficoltà di applicazione, la possibilità di vietare ai minori che siano destinatari di un avviso orale di utilizzare telefoni cellulari, misura che assomiglia molto a una punizione casalinga e non a un intervento istituzionale consapevole.

Quelle che sembrano a primo impatto modifiche di poco conto si risolvono in realtà in un vero e proprio ribaltamento della giustizia minorile per come è attualmente congegnata in Italia e che è considerata una delle eccellenze in Europa proprio perché per i minori antepone l’educazione, e la crescita, a qualsiasi finalità punitiva, fortemente residuale.

In base all’ultimo rapporto di Antigone sulla giustizia minorile in Italia, negli istituti penali minorili italiani all’inizio del 2022, si trovavano “solo” 316 tra ragazzi e ragazze – il numero più basso registrato dal 2007 – aumentati di più di cento unità nell’ultimo anno.  La maggior parte di questi è già divenuto maggiorenne durante l’esecuzione della pena, ma ha mantenuto la possibilità di rimanere in un IPM, evitando così una commistione pericolosa con l’ambiente criminale già adulto.

Nel 1988 è stato introdotto il codice del processo penale minorile proprio con l’intento di ridurre al minimo il ricorso al carcere e di evitare un’uscita dalla società di giovani per i quali la detenzione, soprattutto se lunga, potrebbe essere irrimediabilmente dannosa. Per la maggior parte dei minori viene infatti scelta una soluzione che sia fuori dal carcere e che in molti casi non prevede affatto il passaggio della detenzione: questo spiega perché quasi la metà dei presenti sia straniero, perché senza una rete familiare, una casa o dei documenti, è molto più difficile prevedere una pena da scontare fuori, all’esterno, a contatto con le reti territoriali dei servizi sociali.

Uno degli istituti più utilizzati è quello della messa alla prova che consente al ragazzo coinvolto di essere inserito in un percorso riabilitativo e rieducativo individualizzato elaborato dall’Ufficio dei servizi sociali per minorenni, che permette nel caso di buon esito anche l’estinzione del reato.

Il decreto legge contiene pochissime norme di stampo rieducativo, e tra queste una novità relativa alla messa alla prova che potrà essere anticipata alle fasi di indagini preliminari: questa possibilità, pur rappresentando un’opportunità rieducativa di non poco conto, presenta svariate perplessità riguardo al fatto che in una simile fase si tratta di soggetti che non sono ancora imputati.

Lo scenario che si prospetta rischia di essere un clamoroso passo indietro, che dimostra un istinto repressivo e punitivo della nostra classe politica e molta inconsapevolezza, se si pensa che queste misure possano rappresentare realmente dei deterrenti. Se non accompagnate da complessive prese in carico dei minori, e dei contesti da cui provengono, nulla di ciò che viene deciso può davvero essere utile.

Prec.

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