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Renzi, Grillo e Berlusconi si dividono il Parlamento

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
4 Giugno 2021
in Il Fatto
Tempo di lettura: 3 minuti
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Decidono loro, e non soltanto perché legittimati dal popolo a riempire i banchi del Parlamento, sarebbe una chiave di lettura troppo facile e pericolosamente semplicistica. Decidono loro in quanto se ne fregano delle minoranze, delle voci discordi, fuori dal coro, impongono senza chiedere e talvolta – come nel caso dei voucher per il lavoro occasionale – si prendono gioco di chi, invece, dovrebbero rappresentare.

A nulla è bastata la batosta elettorale subita dall’ex Premier Matteo Renzi in merito al referendum costituzionale che gli è costata, momentaneamente, la poltrona. L’ex Sindaco di Firenze è tornato, forte del risultato delle primarie, a capo del PD, quindi, a incidere sulle linee che il partito propone in Parlamento, capitanato da Gentiloni, con la cortese alleanza delle forze di centrodestra.

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L’ultima del nostro governo riguarda la tanto dibattuta e rimandata proposta di legge elettorale. Come per tanti altri ddl, il nostro Paese guarda alla Germania per trovare la soluzione ai propri problemi di ingovernabilità, scordando, poi, puntualmente, di imitare lo Stato tedesco anche nelle applicazioni di quelle norme che ci vengono di fatto imposte in un quadro di un’Europa unita dalla quale spesso usciamo sconfitti. L’Italia non è la Germania, ogni tanto farebbe bene ricordarlo, i due Paesi sono distanti da sempre proprio nella storia politica che li ha contraddistinti e l’unica volta che hanno avanzato politiche di simile stampo, sappiamo tutti quale è stato l’epilogo e il prezzo poi pagato.

La nuova proposta di legge elettorale firmata da PD e Forza Italia richiama di fatto il sistema teutonico in tantissimi aspetti, in particolar modo nel riparto proporzionale dei seggi del Parlamento, nella soglia di sbarramento al 5% per spazzare via i partiti più piccoli e nel controllo ferreo sul meccanismo che fa scattare i posti sicuri per i fedelissimi dei leader. Insomma, dei soliti volti non ci libereremo mai e in ogni caso.

Che il valore del piatto sia di quelli cospicui, da accaparrarsi a ogni costo, lo si intuisce dall’intesa trovata tra tutti i principali partiti, PD, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega. Il motivo di tale e inaspettato accordo tra le parti è di facile riscontro. Innanzitutto, il nuovo sistema elettorale garantirebbe ai suddetti gruppi di sedere in Camera e Senato occupandone la totalità delle poltrone, con i primi due, Renzi e Grillo, che otterrebbero un considerevole numero di seggi in più rispetto ai terzi eletti, ai quarti e così via, ammesso che altri trovino posto. La prova di forza maggiore, però, deriva proprio da quello sbarramento al 5% che mette tutti d’accordo sull’eliminazione, di fatto, della sinistra dai banchi del Parlamento.

Dopo il suicidio di Rifondazione al termine degli anni Duemila, e le continue indecisioni di SeL che le hanno fatto perdere di credibilità agli occhi dell’elettorato nostalgico della falce e martello, la nuova soglia d’ingresso chiude le porte in faccia anche a Sinistra Italiana e affini che difficilmente raggiungeranno la quota minima per infastidire la larga maggioranza che guiderà il Paese. Il tutto in un processo anti-democratico cominciato già tanti anni fa con Berlusconi e che, non a caso, vede il Cavaliere d’accordo con il Segretario dei democratici.

Quello che nessuno dice ad alta voce, però, è che qualsiasi legge proposta, anche, e soprattutto, la sopracitata, non garantirà governabilità e stabilità alla nazione, a meno che non sia di larghe intese. I pentastellati si confermeranno, probabilmente, il primo partito italiano, senza però avere i numeri necessari per tentare un’azione di governo in solitaria. Al momento, l’unica ipotesi di alleanza possibile pare quella con la Lega di Salvini con cui condivide le teorie anti-europeiste. Il PD, invece, si troverebbe a formare un governo Renzi-bis con un nuovo patto con Forza Italia o con il movimento di Alfano. Sembra, infatti, improbabile un binomio con i grillini Di Maio e Di Battista, possibili candidati a Palazzo Chigi.

Democrazia, quindi, ancora una volta, ripetutamente, da quando queste forze politiche hanno assunto il controllo della scena italiana, schiaffeggiata, a danno, manco a dirlo, delle opinioni dei più deboli, delle voci sottili, quelle però fastidiose che insinuano dubbi e stimolano riflessioni.

L’unica speranza, in vista di elezioni da ipotizzare, però, ben più avanti nel tempo, pare affidata al gruppo DemA di Luigi de Magistris. Il Sindaco di Napoli, infatti, spesso in rotta contraria alle politiche nazionali, ma che ha ben legato con i suoi concittadini e si è proposto garante di un’ottica sudista e di rilancio del Mezzogiorno, rappresenta una valida alternativa a una sinistra che non c’è più, a quel grido messo a tacere con i manganelli per le strade e con le leggi nei palazzi.

Al momento, l’unica effimera scelta che viene lasciata all’elettorato non è da che parte schierarsi, ma da quale destra farsi comandare.

Prec.

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