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Poveri e povertà assoluta: a chi importano?

Antonio Salzano di Antonio Salzano
21 Gennaio 2024
in AZETA di Antonio Salzano
Tempo di lettura: 4 minuti
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5.571.000 persone in stato di povertà assoluta, 1,8 milioni quindici anni fa; 14.304.000 a rischio povertà ed esclusione sociale, il 24% della popolazione totale: questi i dati più impressionanti contenuti nel Rapporto 2023 della Caritas su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo Tutto da perdere.

La Caritas, con i suoi 2855 centri di ascolto e servizi informatizzati, di mense, accoglienza notturna e disbrigo pratiche, gli oltre 84mila volontari e circa 3,4 milioni di interventi effettuati, ha rilevato come il fenomeno della povertà sia diventato strutturale e come le previsioni si presentino ancora più fosche, tenuto conto della vicina guerra in atto, dei conseguenti aumenti dei costi dell’energia, di un’inflazione in forte rialzo che ha letteralmente messo in crisi i già precari bilanci familiari, nonché dell’aumento esponenziale dei lavoratori poveri (il 23% degli assistiti) o in nero, part-time forzati con contratti regolari ma con salari inadeguati, di quanti nonostante abbiano un’occupazione scarsamente retribuita riescono a malapena a pagare l’affitto e qualche bolletta.

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Ad aggravare il tutto, lo smantellamento del reddito di cittadinanza che ha interessato oltre un milione di persone: le stime disponibili indicano in circa il 33% i nuclei già beneficiari di RdC che non avranno diritto all’Adi, per un numero di 400mila nuclei su 1,2 milioni di famiglie. Una guerra ai poveri, certamente non alla povertà, fiore all’occhiello di questo esecutivo che sembra ignorare le puntuali analisi sia della Caritas che dell’ISTAT. Secondo una stima della Coldiretti, inoltre, sono oltre 3,1 milioni le persone che in Italia hanno chiesto aiuto facendo ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari. Più di uno su cinque, il 23%, è un migrante.

La povertà sta assumendo sempre più il carattere dell’ereditarietà, caso del tutto singolare in Europa: nascere in una famiglia povera o comunque dalle modeste condizioni economiche rappresenta una prospettiva di vita caratterizzata dalla precarietà. A farne le spese maggiori, i bambini il cui numero è stato stimato in circa un milione e mezzo. Una condizione, dunque, trasmessa da generazione a generazione che non fa sperare nulla di buono, con l’aumento esponenziale dell’impoverimento di quella fascia di occupati che a rigor di logica non avrebbe mai dovuto ricorrere a un’assistenza economica e a cui si aggiunge anche una ricca platea di pensionati che ormai da tempo non riesce neanche a garantirsi una sopravvivenza minima e dignitosa.

Lavoro nero, precariato, impossibilità per un gran numero di famiglie di garantirsi una casa in affitto a prezzi congrui. Ma, anche, le grandi città sempre meno ricettive per gli abitanti, in presenza di un’eccessiva speculazione turistica che sta interessando anche molti piccoli Comuni entrati nella rosa di gradimento del mordi e fuggi e, aspetto del tutto recente, abitazioni di proprietà, anche di modeste dimensioni, ridotte per metterne a reddito una piccola parte realizzando mini-b&b. Dato da non trascurare, inoltre, è la presenza di circa 90mila senza dimora, un numero sensibilmente aumentato anche in presenza di quanti non hanno più la possibilità di un fitto vivendo in auto, per strada o in rifugi di fortuna.

Un’analisi dettagliata e puntuale, quella contenuta nel rapporto Caritas, a cui si aggiunge quella annualmente pubblicata dall’Istituto italiano di statistica che non sembrano preoccupare il governo. Basta, infatti, la nota di Standard & Poor’s che ha confermato il rating BBB dell’Italia con outlook stabile per esultare trascurando le previsioni di rallentamento per l’anno in corso e per il prossimo e, non ultimo, la raccomandazione di massima attenzione all’elevato livello di debito pubblico.

Impoverimento a cui certamente hanno contribuito anche la recente pandemia sanitaria e il coinvolgimento di fatto nel conflitto russo-ucraino con tutte le conseguenze sul piano energetico ma principalmente per le non trascurabili risorse al Paese aggredito nonostante le smentite in Senato dello scorso marzo della Presidente del Consiglio: «Giudico falsa e puerile la propaganda di chi racconta che l’Italia spende soldi inviando armi sottraendo risorse alle necessità degli italiani, è falso e in questa Aula lo sappiamo tutti. […] Questo governo non ha mai fatto mistero di voler aumentare i propri stanziamenti in spese militari, come hanno fatto governi precedenti un po’ di soppiatto, senza metterci la faccia». Intanto, si contano la mancanza di politiche per il lavoro, l’inesistente lotta all’evasione che ha raggiunto un valore di circa il 4,4% di PIL e il fallimento sulla tassa degli extra-profitti alle banche senza ottenere alcun risultato.

La politica del tappabuchi con i bonus, il mancato congruo adeguamento delle pensioni e delle retribuzioni tra le più basse d’Europa crollate del 10% e con un costo del lavoro elevatissimo non sembra siano le priorità di questo esecutivo che, tra i primissimi provvedimenti, ha immediatamente messo fuori gioco i poveri assoluti per tenere fede agli impegni della propaganda elettorale contribuendo, come opportunamente detto in premessa dal citato rapporto Caritas, a trasformare la povertà da fenomeno residuale a strutturale. La voce di Papa Bergoglio non si è fatta attendere: «La povertà è uno scandalo […] un fiume di povertà che attraversa le nostre città e che diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte».

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