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“Porco Rosso”, capolavoro di Hayao Miyazaki, al cinema per i suoi trent’anni

Alessandra Trifari di Alessandra Trifari
5 Febbraio 2024
in Ciak!, Cinema
Tempo di lettura: 6 minuti
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Hayao Miyazaki è considerato per antonomasia il Walt Disney giapponese. Il suo ormai iconico Studio Ghibli ha creato e distribuito per oltre trent’anni alcuni tra i maggiori capolavori dell’animazione a livello mondiale, contribuendo a sdoganare il cinema d’animazione giapponese, da sempre molto più bistrattato rispetto a quello occidentale, e ottenendo numerosi e ambiti riconoscimenti.

Basti ricordare La città incantata, primo e unico anime nella storia a vincere l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e l’Oscar per miglior film d’animazione nel 2003, oppure Il castello errante di Howl, premiato a Venezia e che contribuì a far ottenere a Miyazaki il Leone d’Oro alla carriera nel 2005 e un Oscar onorario. Insomma, un’escalation di successi dai temi delicati e impegnati, quali solidarietà, rapporto uomo-natura, ambientalismo, guerra.

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Per questo motivo, da giugno 2022 la Lucky Red ha deciso di riportare in sala, come omaggio, alcuni tra i maggiori lungometraggi – hanno già trionfato La città incantata, Principessa Mononoke e Nausicaa della Valle del Vento – del maestro Miyazaki, grazie alla rassegna intitolata Un mondo di sogni animati. Protagonista del momento è Porco Rosso.

Attuale più che mai, il film celebra inoltre l’anniversario del trentennale quando, nel luglio 1992, fu distribuito nelle sale cinematografiche giapponesi ottenendo grande successo (è stato il maggior incasso con 2.8 miliardi di Yen). Il periodo di distribuzione ufficiale va dal 1 al 7 agosto ma in realtà sarà possibile recuperarlo fino al 10 e anche in duplice versione: doppiato e, per la prima volta, in lingua originale con sottotitoli italiani. Un’opportunità unica per tutti gli estimatori e per chi ha voglia di scoprire su grande schermo la poesia di uno dei più grandi animatori della storia del cinema.

Porco Rosso (Kurenai no buta) rappresenta un punto d’arrivo importante per Miyazaki. Include nello stesso progetto due delle sue più grandi passioni: l’aviazione e l’Italia. Protagonista della storia è Marco Pagot, un asso dell’aviazione militare italiana il quale, a seguito di un incidente nel corso della Prima guerra mondiale, si ritrova sfigurato in volto, con l’aspetto di un maiale antropomorfo. Decide perciò, sulla scia del suo odio contro il fascismo imperante in Italia in quegli anni, di ritirarsi dall’aeronautica e diventare cacciatore di taglie a bordo del suo fedele idrovolante monoplano Savoia S.21. Il suo nome di battaglia è Porco Rosso. Sarà l’arrivo del pilota statunitense Donald Curtis, ingaggiato dai cosiddetti pirati dell’aria per contrastare il protagonista, a porlo di fronte a nuove sfide nei cieli dell’Adriatico.

Liberamente ispirato al manga Hikōtei jidai (L’era degli idrovolanti), dello stesso Miyazaki – questi era e continua a essere un forte appassionato ed esperto di aviazione – il film doveva dal principio essere un mediometraggio dai toni più leggeri, commissionato al regista da parte della Japan Airlines e destinato al solo in-flight entertainment (l’intrattenimento a bordo degli aerei) giapponese. Ma Miyazaki cambiò idea, o meglio, la rivoluzionò. Il conflitto esploso in Jugoslavia nel 1991 lo segnò profondamente, tanto da modificare Porco Rosso da filmetto spensierato a prodotto di denuncia. Scelse un contesto post-bellico e mise in scena una pesante critica alla guerra e a tutti i regimi totalitari, in questo caso quello fascista. «Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale» è la sua celebre risposta, oramai entrata di diritto nel linguaggio comune.

Il suo film più personale e rivelatore – a detta di Miyazaki – Porco Rosso è un film politico e introspettivo, un inno alla libertà, al coraggio, all’amore e alla vita, omaggiando uno dei paesi più cari al regista, l’Italia. Le ambientazioni, difatti, rendono perfettamente tale sentimento. Si passa dalle suggestive vedute del Mediterraneo ai laghi del Nord, da Milano a Torino, grazie a un accurato studio il cui merito va anche a colui che ha dato il nome al protagonista. Marco Pagot è infatti un omaggio di Miyazaki a un amico e in generale alla famiglia Pagot, fumettisti italiani creatori, ad esempio, di personaggi storici quali Calimero o Grisù e che hanno in precedenza collaborato con lui (la serie animata Il fiuto di Sherlock Holmes). Non solo. Molti personaggi del film rappresentano un omaggio al Bel Paese, come Bellini che ricorda il pilota Stanislao Bellini o Ferrarin che celebra l’aviatore Arturo Ferrarin, o ancora gli aviatori della Prima e Seconda guerra mondiale Francesco Baracca e Adriano Visconti.

Ma ciò che rende il film distintivo è chiaramente Marco Pagot. Non sappiamo molto di lui e del suo passato ma sappiamo quanto basta del suo presente per amarlo e comprenderlo. È un uomo mutato, contaminato, trasformato letteralmente dalla vita e dagli orrori della guerra. Apparentemente invincibile in quel suo impermeabile dal bavero sollevato e gli occhiali scuri, è un antieroe solitario che ha scelto di autoemarginarsi, di allontanare gli affetti, la donna che ama e che lo ama, gli amici. È il re dei cieli, eppure resta intrappolato nei sensi di colpa, nei rimpianti, nei dolori e nelle paure. Non solo si vede un porco ma si sente anche così. Non ha più niente da perdere.

Il concetto di maledizione, in particolare la metafora uomo-maiale, non è nuovo a Miyazaki e lo ritroviamo nella maggioranza dei suoi film, come Principessa Mononoke (la malattia di Ashitaka), o La città incantata (i genitori di Chihiro). Ritroviamo inoltre l’amore per il volo e la presenza di personaggi femminili forti e distaccati dagli stereotipi di genere (Fio, la giovanissima quanto brillante progettista di aerei).

Una storia semplice che tocca il cuore e la coscienza, ricca di avventura, ironia ed emozione, merito anche della straordinaria colonna sonora di Joe Hisaishi, fedele collaboratore di Miyazaki in quasi tutti i suoi film.

La rassegna proseguirà dall’11 al 17 agosto con Il castello errante di Howl, presentato in concorso alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ottenendo il Premio Osella per il migliore contributo tecnico. Favola moderna con un’incredibile ambientazione steampunk, anche questo lungometraggio porta sullo schermo, in chiave più fantasy, l’avversione di Miyazaki nei confronti delle atrocità della guerra e il tema della maledizione. Sebbene molti film dello Studio Ghibli siano disponibili su Netflix, consigliamo caldamente di non perdere questa incredibile occasione. L’elenco delle sale è disponibile sul sito della casa di produzione.

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Alessandra Trifari

Classe 1991. Dottoressa in storia dell'arte e disegnatrice. Scrive da sempre e la sua mente viaggia tra arte, cinema, musica e parità di genere. Dei due sentieri, sceglierà sempre il meno battuto.

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