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Non è una sconfitta, ma una rinascita. Uniamoci!

Alessandro Campaiola di Alessandro Campaiola
26 Settembre 2022
in Il Fatto
Tempo di lettura: 4 minuti
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Andiamo controcorrente: ben venga questo risultato elettorale. Non che ci sia da essere felici dell’affermazione di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia – sia chiaro! – ma l’idea che, ancora una volta, l’Italia avrebbe dato mandato dei propri interessi a una generazione politica incapace di rappresentarla, solo per arginare la paura degli altri, non poteva più funzionare. Questa non è una sconfitta. È una rinascita. Sta a noi coglierne l’occasione.

Anni fa, nel corso di un’intervista a una rappresentante del Partito Democratico – a quei tempi piuttosto critica verso la propria base – toccammo un punto nevralgico che riguarda la politica del nostro Paese, il percepito delle persone. L’attuale Sindaco di Piacenza, Katia Tarasconi, rispondeva così alle mie domande sull’Europa: «Tra la percezione e la realtà c’è spesso un mare enorme, ma chi fa politica deve anche farsi carico del percepito e deve dare delle risposte. […] È inutile che io continui a metterti davanti a dei numeri, a dei fatti. Si può anche affermare, dati alla mano, che i reati sono diminuiti in numero importante, ma ci sarà sempre chi passando per la stazione di notte avrà paura. E io di quello devo farmi carico».

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La politica di casa nostra ha smesso di dare ascolto alle persone e ciò che ne è conseguito è una corsa al voto di protesta che si ripete da anni nella stessa misura, prima per il MoVimento 5 Stelle, poi per la Lega, ora per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Chiunque abbracci le armi del populismo e dichiari guerra alla casta, ai privilegi, ai diktat dell’Europa, ai tassi d’interesse e alle banche, fa breccia nella rabbia delle persone. Al diavolo le agende Draghi, dei tecnocrati, dei banchieri, chiunque ha sostenuto il governo dei migliori è stato spazzato via. Giustamente, aggiungo io.

Il punto non è rinunciare all’Europa, o non tener conto di spread e tassi d’interesse, ma guardare anche a chi, giorno per giorno, compra un pezzo di pane in meno o è costretto a tener spenta la luce per paura delle bollette. Ignorare ripetutamente che il Sud riversi i propri voti su una banda di incapaci, al solo scopo di salvaguardare l’unico diritto sociale conquistato in questi anni – il tanto vituperato Reddito di Cittadinanza –, è da incoscienti e merita di pagarne le conseguenze.

Il popolo rosso è il grande assente di queste elezioni. Gli studenti, i lavoratori, gli ambientalisti non si sentono rappresentati da nessuna delle forze politiche in gioco, dunque non votano più. Prendersela con loro, anziché accoglierne il malcontento – come in tanti già fanno sui social –, è l’ennesimo atteggiamento snob della politica di pseudo-sinistra che non ascolta ma giudica, che punta il dito sempre contro qualcun altro e mai interroga se stessa. Il messaggio è chiaro: basta con la politica del meno peggio. Sono vent’anni che il PD (o chi per loro) invoca il voto “contro” e mai quello per sé.

Con le elezioni di ieri e, dunque, con la prossima nomina conferita a Giorgia Meloni a formare un governo, finisce anche il tempo della commedia inscenata dai 5 Stelle, capaci di stare in ciascuno dei tre governi di questa legislatura e mutare forma ogni volta che la situazione lo richiedeva. Il partito anti-casta che si è prima trovato a suo agio tra le comode poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama, poi ha riscoperto la sua anima cruda contro l’establishment in tempo per frenare l’emorragia di voti che ha premiato prima Salvini, poi Fratelli d’Italia. 

Finalmente siamo davanti a un nemico vero anziché a un amico finto e sleale, e la storia d’Italia dimostra che, insieme, sappiamo batterlo. Se fossi in tutti quanti sentono nostalgia di una politica sociale concreta, che torni a guardare agli ultimi, agli interessi del Paese reale anziché di Confindustria, FIAT, della BCE e via dicendo, guarderei a questa mattina e avrebbe i colori della speranza.

Le stagioni, in politica, sono brevi e si eclissano il tempo di una promessa non mantenuta. Lo sa bene Matteo Renzi, lo hanno capito i 5 Stelle, ci è andato a sbattere Matteo Salvini. Giorgia Meloni vince nel momento peggiore, quando tutto le remerà contro, dalle politiche economiche alle infrastrutture per l’energia, passando per i diritti civili, e non sia mail il Covid tornerà a imporle misure di contenimento. La gente non vota per, ma contro, e gestire la rabbia di un popolo è una missione tra le più difficili che si possano augurare a un rappresentante delle istituzioni.

Come detto, quella regalataci oggi dalle urne è una possibilità da non sperperare. Lo dico ai giovani come me, a quanti hanno – ora! – il dovere di unirsi, di fare squadra, di pretendere un futuro migliore. L’Italia, al contrario di quanto si impegni continuamente a dimostrare, è ricca di menti, entusiasmi e iniziative che ne determinerebbero la fortuna. Pacifista, ambientalista, attento ai diritti delle minoranze, è questo il Paese reale che chiede solo di essere rappresentato e venire fuori. Uniamoci!

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