Francesco Carrasso e Chiara Caselli (mamt e ccontinua), coppia nel lavoro e nella vita, sono due artisti attualmente residenti ad Amsterdam: il primo pugliese, la seconda emiliana, quest’anno – alla terza partecipazione per Edit Napoli, la fiera internazionale del design che attira artisti, designer e professionisti del settore in città – hanno catalizzato le attenzioni degli ospiti lo scorso 6, 7, 8 ottobre 2023 con la loro installazione dedicata alle sirene I was looking for the mermaids, un mix di ceramica e tessuto in forma di fontane dalle acque blu, totem, tavolini, vasi, cuscini. Incuriosita, ho cercato di capirne di più, e ho avuto modo di intervistarli per farmi raccontare la genesi dell’opera e il loro modus operandi.
Chiara: «Francesco e io ci siamo conosciuti qui ad Amsterdam: io ho un background in architettura d’interni mentre Francesco in architettura del paesaggio e urbanistica, entrambi però covavamo questa passione per l’arte, soprattutto tradotta in amore per le superfici, esplorazione del tatuaggio, del disegno. Dunque Francesco si dedicava ai disegni, alla pittura e al tatuaggio con la tecnica dell’handpoke (tipo di tecnica di tatuaggio senza macchinetta, pungolato a mano); io, grazie anche all’influenza di mia nonna che era una collezionista d’arte contemporanea, ho cominciato a rivolgermi alla ceramica, dapprima solo per hobby, poi un giorno ho realizzato dei piatti al tornio, li ho regalati a Francesco e lui ci ha disegnato sopra con il blu. Così è nata un po’ la nostra firma, la nostra mascotte, con i simboli del sole e della luna che ci accompagnano.
Successivamente, dopo aver aperto i nostri profili Instagram separatamente, in cui ognuno mostrava i propri lavori e qualche collaborazione, sono arrivati Edit Napoli e il Fuori Salone di Milano. I primi lavori per Edit furono dei piatti che noi chiamammo “tatuati” perché Francesco utilizzò la matita sottocristallina (matita che permette di scrivere e disegnare sul biscotto ceramico) per decorare la ceramica, una tecnica che ricordava per l’appunto il tatuaggio realizzano a mano. Dopo le fiere è nata la storia della ceramista e del tatuatore».
Nei vostri lavori infatti è spiccato il senso della dualità, come espressione delle vostre personalità ben definite.
Chiara: «Personalità che si attestano sul femminile e il maschile, spesso in modo speculare e opposto, perché tante volte io sono quella che esprime il lato “mascolino” e Francesco quello “femmineo”: io lavoro al tornio, sollevo blocchi di argilla, utilizzo molto le braccia come strumento, mentre Francesco si concentra sulle minuzie, sul disegno delicato. Devo dire che questa dualità noi la lavoriamo non solo nei nostri oggetti d’arte, ma anche come espressione della coppia».
Raccontatemi l’origine dei vostri nomi d’arte.
Francesco: «Mamt è proprio quello che sembra, cioè il dialettale “tua mamma”. È nato tutto perché mi serviva una parola semplice da ricordare e mi è venuto spontaneo chiamare la mia pagina Instagram con la parola più facile e immediata che avevo. Anche in questo caso, come diceva prima Chiara sottolineando la nostra voglia di interpretare il maschile e il femminile, il nome “mamt” riconduce alla madre e, nonostante io esteriormente possa sembrare un uomo un po’ “rude”, non lo sono affatto e sento molto forte dentro di me la dolcezza di questa parola e di questo legame».
Chiara: «Ccontinua invece è nato perché io mi chiamo Chiara Caselli, dunque una doppia c nel nome e nel cognome. In realtà non si riferisce solo a questo ma alla ciclicità delle cose: da expat ho vissuto dei momenti difficili e per affrontarli mi sono dedicata alla meditazione, al significato profondo di ciò che facevo. L’argilla mi ha insegnato il potere del distacco, del lasciar andare, dell’inutilità di controllare tutto. Ccontinua come parola rappresenta innanzitutto la forma circolare del tornio che non si interrompe mai e che gira sempre, è una metafora del cadere e del rialzarsi, del continuare per l’appunto ad avanzare nonostante le difficoltà. Anche il logo che utilizzo riprendere questo concetto di circolarità senza interruzioni».
Osservando la vostra opera presentata a Edit ho pensato immediatamente alla Grecia, soprattutto in riferimento ai colori bianco e blu e alla plasticità delle fontane. La mia è stata un’impressione corretta?
Chiara: «Ognuno nelle opere ci vede ciò che è più vicino a sé. Non c’è un’interpretazione corretta o scorretta, è questo il bello dell’arte. Chiaramente la nostra è una ricerca che va indietro nel tempo, abbiamo studiato molto l’arte egizia e greca, ci piacciono le riletture che aiutano a comprendere anche il presente. In realtà l’ispirazione fondamentale per la realizzazione delle nostre fontane presentate a Edit è arrivata a Capri in riferimento alle sirene, al mito delle sirene presenti sull’isola, personaggi mitologici originariamente metà donne e metà uccelli poi “cacciati” dal cielo e “lanciati” in basso».
Francesco: «L’iconografia che troviamo oggi, evoluta nel corso della storia, censurata, trasformata anche in base alla questione dei generi di cui parlavo prima, è quella di figure metà donne e metà pesci. Con la nostra installazione abbiamo voluto celebrare le sirene come ibridi, come espressione del nostro “mostro” interiore che poi mostro non è e sottolineare la dualità del maschile e del femminile, tradurre il nostro modo di interpretare i generi nelle nostre fontane e nelle nostre sirene. Sirene come creature marine, come elementi di un abisso di cui non si conosce nulla. Chi ci dice che non esistano davvero? Non possiamo saperlo».
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Chiara: «Vorremo continuare a esprimerci attraverso la ceramica. Attualmente, ad esempio, ci stiamo appassionando alla porcellana: anche nell’installazione per Edit l’abbiamo utilizzata nelle sue varie forme, la porcellana del serpente che veniva fuori dalla fontana, la porcellana in forma di pittura, la porcellana pigmentata, nebulizzata, quindi uno svisceramento della materia in tutti i suoi possibili utilizzi. Oltre alla ceramica, c’è anche il discorso del tessile, pur presente nell’opera presentata a Edit, un altro territorio di nostra espressione artistica».
Francesco: «Anche qui, sono io quello che si occupa del cucito, della creazione del panneggio, di assemblaggio dei tessuti, a sottolineare lo scambio di generi di cui parlavamo prima. Mi piace pensare di ripercorrere i passi di mia nonna che utilizzava la vecchia Singer, oppure di vedere il tessuto come tela su cui dipingere, considerato che io mi occupo anche di pittura».
Chiara: «Crediamo molto anche nella contaminazione. Noi stessi rappresentiamo una collaborazione, quindi per noi è importante confrontarci con altri artisti, con tecniche diverse dalla nostra, collaborare con persone che fanno arte con materiali completamente differenti da quelli che usiamo noi due. Ad esempio ci piacerebbe molto introdurci nel mondo della moda e soprattutto avere la possibilità di essere in galleria come coppia. Lo abbiamo già fatto in modo collettivo, abbinati ad altri artisti, ma non abbiamo mai esposto come “solo exibition”».
Francesco: «L’istallazione per Edit difatti era sostanzialmente specifica per quel sito, per quell’evento. È stata un po’ la prova con noi stessi che potevamo creare un qualcosa di adatto a una mostra dedicata interamente alle nostre opere. Quest’anno abbiamo avuto un riscontro super positivo: molti ci hanno confermato che siamo pronti per esporre in galleria, considerando che alla prima edizione eravamo arrivati più ingenuamente, com’è naturale che sia ogni qualvolta si affronta una prima volta».
Chiara: «Quest’anno abbiamo capito, grazie ai feedback delle persone e dei colleghi designer, che la nostra volontà di spingere il lavoro verso un’espressione più artistica, d’esposizione, di galleria, pur continuando a restare fedeli alle nostre radici e quindi agli oggetti per la tavola, è stata recepita».
Tornerete a esporre per Edit l’anno prossimo?
Chiara: «Per scaramanzia non ci sbilanciamo, ma possiamo dire che Napoli per noi è sempre un luogo del cuore a cui siamo legati e che ci ha portato fortuna».
I lavori di Francesco e Chiara sono visibili sui loro profili Instagram:
https://www.instagram.com/_.mamt._/
https://www.instagram.com/ccontinua_/
Le fotografie dell’installazione e il ritratto sono di Eller Studio: https://www.instagram.com/ellerstudio/.