Quando si parla di italiani all’estero, una delle prime fotografie che salta alla mente dell’immaginario collettivo è, probabilmente, un ragazzo che serve un’improbabile pizza ai tavoli di un qualsiasi ristorante inglese, oppure un giovane ricercatore costretto ad abbandonare il proprio ateneo, quindi, il proprio Paese per motivi principalmente economici, nonché legati alla sfera della gratificazione personale.
Raramente capita, però, di ascoltare delle storie legate alla penna, allo scrivere, che si tratti di romanzieri o anche di giornalisti. Per quanto l’Italia sia afflitta da un gravissimo limite alla libertà di stampa che costringe, spesso, cronisti ai voleri dei padroni delle testate o dei partiti che ne determinano l’attività, è altrettanto vero ciò che lo scrittore Fabio Stassi sostiene, si nasce in una lingua.
Lucia Conti, giornalista, ha fatto involontariamente propria la massima del novellista originario della Sicilia e nella ormai sua Berlino, città che l’ha accolta in un vento di suggestioni e malie, ha scoperto il fascino della cronaca, del narrare la sua esperienza e i fatti della capitale tedesca attraverso la percezione che arrivava a una giovane emigrante desiderosa di esprimersi a proprio modo, il tutto, però, nell’idioma di casa .
Il giornale per italofoni più seguito della capitale, Il Mitte – in omaggio al quartiere più in voga tra abitanti e turisti, ricco di storia quanto di componenti d’avanguardia – l’ha accolta in redazione. Da quel momento, Lucia, riconosciuta anche a livello internazionale per le sue collaborazioni con grandi firme italiane, per le interviste ad artisti e politici nostrani in viaggio in terra tedesca, oltre che per il suo puntuale “Unconventional Berlin Diary”, ha scalato ogni posizione possibile, raggiungendo prima il ruolo di Caporedattore della testata, quindi, a oggi, di Direttore.
L’abbiamo incontrata per sapere di più del suo rapporto con Berlino e con l’informazione d’oltralpe.
Lucia Conti, innanzitutto, perché Berlino?
«Perché mi sono concettualmente innamorata di queste strade fin da quando ero giovanissima e vivevo in Italia. Tutti ambivano a Londra, io “volevo” Berlino. È iniziato tutto con David Bowie, Wenders e tante letture che comunque mi parlavano di un’icona, più che di una città. A ventidue anni circa ci sono stata per la prima volta ed è scattata la chimica. A quattro anni fa, invece, dopo dieci mesi a Colonia, risale il mio definitivo trasferimento nella capitale tedesca e ogni giorno scopro nuove ragioni per amarla.»
Sei Direttore di uno dei giornali italofoni principali della città. Raccontaci la tua esperienza con Il Mitte.
«Quando mi sono trasferita, un’amica me lo ha segnalato. Ho cominciato a leggerlo e mi è piaciuto immediatamente, sia per la linea editoriale che per lo stile. Ho chiesto di collaborare e ho cominciato a farlo attivamente. Sono quindi diventata Caporedattore e, infine, Direttore.»
Che differenza c’è tra il fare informazione in Italia e il farla all’estero, in particolar modo in Germania?
«Ci sono validissimi professionisti, in entrambi i Paesi. E l’evoluzione dell’intero settore, legata soprattutto alla rete, sta creando infinite possibilità di interagire a livello internazionale. Nel nostro piccolissimo, anche noi abbiamo spesso avuto modo di collaborare con importanti professionisti della stampa italiana.»
A quali traguardi ti ha portato questa esperienza fin qui? Qual è il successo di cui ti senti più orgogliosa?
«Aver cominciato letteralmente da zero, senza conoscere nessuno e praticamente senza risorse, e aver costruito con tenacia qualcosa di piccolo, ma solido: un presente pieno di progetti in cui credo.»
Qui da noi, come ben sai, è difficile vivere di giornalismo. A Berlino è diverso o devi occuparti anche di altro?
«In realtà svolgo diverse attività per far quadrare i conti, ma devo dire che mi gratificano tutte.»
Cosa ti ha spinto ad andar via dall’Italia?
«Varie cose, la sensazione di non trovare sbocchi all’interno del mio Paese, il desiderio di cambiare scenario e fare nuove esperienze e sicuramente anche una certa attrazione per la cultura tedesca.»
Alle ultime elezioni in Germania, le destre xenofobe hanno, per la prima volta, guadagnato posti in Parlamento, per di più con un importante 12,6%. Ti spaventa questo ritorno al passato?
«Mi spaventa il fatto che l’intera Europa stia cedendo alle sirene del populismo e della semplificazione fobica, invece di usare la ragione per comprendere e magari anche cambiare la realtà in modo lucido. Per quanto riguarda la Germania, di sicuro l’ingresso di Afd nel Bundestag, per giunta con candidati fortemente controversi come Alice Weidel e Alexander Gauland, rappresenta una doccia fredda. Ma va detto anche che, in Parlamento e fuori, Afd subisce un totale ostracismo da parte di tutti gli altri partiti.»
In Germania, come in Italia, vedi qualcuno, qualche forza politica, qualche personaggio a cui senti di affidare le speranze di un futuro diverso?
«Come Direttore di un magazine preferisco non esternare le mie opinioni politiche, soprattutto se mi chiedi di suggerire una forza particolare. Recuperando il discorso che facevamo poco fa, ti dico però che auspico la prevalenza di istanze politiche ragionate sulla cosiddetta “pancia del Paese”, sia in Italia che in Germania.»
Sei originaria di Frosinone. Ti manca la tua città Natale? Se sì, cosa nello specifico?
«Mi mancano soprattutto i miei affetti. Spesso in modo intollerabile.»
Che progetti hai per il tuo futuro? Ti vedi a Berlino ancora a lungo o anche tutta la vita?
«Mi piacerebbe continuare a fare quello che faccio ora: scrivere, in senso ampio, interagire attivamente con una realtà piena di stimoli e dare il mio contributo, se possibile. Mi vedo a Berlino sicuramente ancora a lungo, ma tutta la vita è un’espressione decisamente radicale. Non riesco ancora a vedere così lontano!»
